“Lentamente, l’aureo ricordo del sole tramontato svanisce dal cuore delle nubi gelide e tristi. Silenziosi come fanciulli afflitti, gli uccellini hanno cessato di cantare e solo il grido lamentoso della gallinella acquatica e l’aspro gracchiare della pernice rompono il silenzio che incombe sulle acque dove il giorno morente esala l’ultimo respiro“.
(da “Tre uomini in barca” di Jerome K. Jerome)
Questa frase di incipit non rispecchia esattamente il mio primo ed unico pomeriggio trascorso al fiume ad osservare un pescatore a mosca, ma stamattina, ripensando al libro “Tre uomini in barca” ho ripercorso con gioia il ricordo di quel piacevolissimo ed emozionante pomeriggio trascorso a sguazzare nelle “chiare, fresche et dolci acque“, pomeriggio che custodirò nella memoria come un prezioso tassello d’avventura e l’uno e l’altro: il libro e il mio ricordo continueranno a mescolarsi e a produrre sensazioni gradevoli ad ogni rimembranza.
Quel giorno ho ad esempio capito che i pescatori a mosca sono delle “creature” molto particolari che vivono questo incontro con la natura e con i pesci come una sfida piena di tante sfumature che è difficile sondare per chi non vive appieno nel loro mondo.
Questa loro passione si trasferisce nella vita e finisce per rappresentare a tutti gli effetti una filosofia su cui impostare la propria esistenza.
Credo di aver assaporato in quel breve pomeriggio un po’ della loro emozione, cercando di scorgere, fra le pieghe dell’acqua, un breve guizzo, qualche cenno vitale degli essere pinnati al di sotto della superficie fredda e cristallina delle acque del fiume.
Il mio è stato un breve assaggio, ma già nella mia mente sono sorte molte domande riguardo alle astuzie dei pesci, alle loro particolari predilezioni e non solo, la mia curiosità si è estesa ai pescatori, ai loro “tic”, alle loro bizzarre manie, alle singolari “superstizioni”: materiale sensibile da poter tradurre in scrittura.
“Si soffermarono su una polverosa campana di vetro, collocata in alto, al di sopra della mensola del camino; e sotto alla campana di vetro, c’era una trota. Ne rimasi addirittura affascinato, tanto erano eccezionali le sue dimensioni. Anzi, a prima vista, l’avevo scambiata per un merluzzo. “Ah” disse il vecchio seguendo la direzione del mio sguardo. “Bell’esemplare, quello, è vero?” “Eccezionale” mormorai“.
(continua la lettura)
Questo brano del libro di Jerome K. Jerome, studiato a scuola molti anni fa, mi ha spinto a leggere il resto del suo libro.
Ricordavo questo divertente episodio dove le innocenti bugie e la fantasia dei pescatori vengono tradotte in un racconto esilarante con finale a sorpresa…
Lei ha colto, con la sua sensibilità, una parte di questo sport chiamato “pesca con la mosca”.
Un profano può giudicarlo eccessivamente pittoresco, oppure eccentrico, ma la parte sostanziale di questo esercizio estetico, inizia proprio dopo la semplice cattura di un pesce…
Grandi uomini e mediocri figure si sono affacciati alla sua conoscenza, spesso senza conoscerne il fine; tutto questo perché, mai seriamente provvisti di una buona sensibilità verso la naturale bellezza del creato.
Grazie, spero di riuscire in futuro a cogliere anche le altre sfumature di questo sport, forse, sarà proprio la scrittura a spingermi ad approfondire.