Ripenso con piacere al concerto jazz di ieri sera, a Falconara presso la scuola Artemusica; ripercorro con la mente le sensazioni che ho provato mentre ascoltavo le melodie dipanarsi.
A tratti il ritmo cullante riportava al lento e inarrestabile movimento delle onde, in altri momenti il ritmo dato da figurazioni puntate creava un’energia scattante, un’elettricità che era impossibile ignorare, quasi una sensazione fisica che si diffondeva seducente dai musicisti al pubblico presente.
Vorrei essere capace di creare un tessuto di parole che possa anche solo lontanamente richiamare l’intreccio sapiente di pianoforte, contrabbasso, batteria e voce del concerto jazz al quale ho partecipato.
Vorrei poter tradurre il basso ostinato del contrabbasso che in un brano ha dato il via alla composizione musicale, trascinando gli altri strumenti in un’elaborata costruzione, dove cascate di note del pianoforte erano sostenute da un ritmo serrato della batteria e la voce di Diana Torto (questo il nome della cantante) si stagliava regina su questo paesaggio sonoro e al tempo stesso si fondeva nella miscela, aggiungendo l’ultimo prezioso elemento per una perfetta narrazione.
Molti degli interventi di Diana Torto erano privi di parole, monosillabi ripetuti e variati a richiamare le sonorità di strumenti jazz; con questo “gioco” la cantante riusciva a creare la meraviglia ineccepibile di un improbabile strumento fatto di corde vocali e anima.