Che cosa succede se un parrucchiere abbandona forbici e pettine per risolvere un omicidio?
Lo scoprirete se avrete voglia di avventurarvi tra le pagine dell’ultimo giallo firmato A.J. Evans. Il protagonista, Fulgenzio Marcel dall’Orto, oltre al nome alquanto singolare, possiede un intuito sopraffino, utile non solo a individuare il miglior taglio o la perfetta acconciatura per ogni vip milanese che frequenta il suo salone, ma anche per condurre un’indagine che lo coinvolge da vicino…
Per altre informazioni, potete leggere l’intervista su questo racconto.
Il noir si distingue come genere letterario per vari aspetti, come: la figura del protagonista, le ambientazioni e le finalità delle vicende narrate.
Nel XX secolo, il termine “noir” subì una svolta: storici e critici letterari francesi ripresero il termine per identificare un importante genere narrativo: l’hard boiled, nato negli Stati Uniti, nei primi anni ’20 e che vede negli autori, Dashiell Hammett, John Carroll, John Daly, Raymond Chandler, Mickey Spillane, James Hadley Chase e gli scrittori della rivista “Black Mask” i principali esponenti del genere.
Questa sovrapposizione del termine, però, resta una convinzione tutta francese: negli Stati Uniti, il noir era ritenuto, e tuttora è così, un sottogenere narrativo distinto dall’hard boiled.
In America il termine noir è stato usato ufficialmente dal 1968, parlando però di opere cinematografiche, e solo dal 1984 si fa riferimento anche a opere narrative di autori, come: David Goodis; Jim Thompson; Cornell Woolrich.
Il genere hard boiled e quello noir presentano notevoli differenze che li distinguono nettamente l’uno dall’altro. Ad esempio, nel genere hard boiled, le storie per la maggior parte sono scritte in prima persona e la figura del detective è preponderante: protagonista della storia, conduce la linea narrativa principale, svolge le indagini e tenta di risolvere il caso. Nel noir classico invece non si svolgono attività investigative di rilievo. La narrazione si sviluppa e gira intorno ai fatti criminosi compiuti dal personaggio o dai personaggi principali e raramente si assiste a un lieto fine.
Inoltre, nel noir il protagonista non è un investigatore, bensì una vittima oppure un sospettato o ancora, un esecutore. In ogni caso, si tratta di un soggetto auto-distruttivo che si trova ad affrontare sia un persecutore sia il sistema legale e politico, solitamente corrotti, oppure deve perseguitare altri soggetti; in ogni caso, per lui non ci sarà alcuna possibilità di vittoria.
Spesso poi, il protagonista di un noir è un individuo comune che in apparenza vive una vita ordinaria e che a un certo punto della sua vita si trova a dover commettere un crimine. In altri casi, il personaggio principale è un criminale. È comunque sempre un antieroe, un soggetto che agisce tra ambiguità morale, avidità, cinismo e alienazione.
La storia di un noir si snoda intorno a uno o più crimini che avvengono in ambienti diversi, a volte anche familiari o malavitosi. L’atmosfera è cupa, densa di intrighi, violenza, rapine, tradimenti, corruzione, omicidi e ricatti.
L’ambientazione del noir è fondamentale per la nascita e l’evoluzione della storia. La città e la metropoli in queste storie non costituiscono un semplice sfondo, ma sono delle protagoniste a loro volta, tanto quanto la violenza, la criminalità, il degrado morale e ambientale. L’ambientazione nelle metropoli consente anche un certo grado di azione: inseguimenti, scontri fisici e sparatorie.
Nei romanzi noir la risoluzione del crimine non rappresenta l’obiettivo della storia, bensì narrare gli aspetti cupi e violenti della società, trasferendo al lettore l’immagine di una realtà negativa e drammatica.
È presente anche il sesso, privo solitamente dell’aspetto sentimentale. I personaggi femminili delle storie rispondono allo stereotipo della “femme fatale”, donna seducente e manipolatrice, spesso avida e interessata soltanto al denaro.
Il linguaggio del noir, soprattutto i dialoghi tra i personaggi, è crudo, realistico ed essenziale, e fa largo impiego del gergo metropolitano.
I più noti scrittori di noir metropolitano sono: Ed McBain (per New York), James Ellroy (per Los Angeles), Jean-Claude Izzo (per Marsiglia), Lawrence Block, Jim Thompson, Shane Stevens, James Mallahan Cain, David Goodis, Henry Kane, Jean Patrick Manchette, Giorgio Scerbanenco, Ruth Rendell, Derek Raymond, Horace McCoy, William Riley Burnett.
Noir, cioè nero, rimanda al concetto di cupo, malinconico e marcatamente pessimista, caratteristiche fondamentali delle storie noir, dove un protagonista, antieroe per eccellenza, si muove in metropoli violente tra intrighi, omicidi e corruzione.
In questi giorni di caldo intenso, leggere, sotto l’ombra provvidenziale di un ombrellone, sdraiati su un comodo lettino, può essere uno svago piacevole. In genere, durante le vacanze, specie quelle estive, i lettori apprezzano tuffarsi tra le pagine di un giallo, di un thriller o comunque, di un buon poliziesco o magari di un noir. Tutte queste definizioni non sono altro che delle sotto tracce di un genere molto amato, e chi gradisce questo tipo di letture ha davvero solo l’imbarazzo della scelta tra tante sfumature narrative, tutte ugualmente coinvolgenti.
Una di queste varianti di successo è appunto il noir o “romanzo nero”, che deriva dal sottogenere hard boiled nato alla fine degli anni venti del Novecento, negli Stati Uniti. L’aggettivo “nero” fa riferimento alle caratteristiche fondamentali di questo genere, cioè storie contraddistinte da tematiche e atmosfere cupe, tetre, malinconiche e pessimiste.
Il termine noir proviene dal mondo anglosassone e fu un genere particolarmente sfruttato in Francia, sulla traccia delle novelle tragiche (“Les Histoires tragiques de nostre temps”) di François de Rosset (1571-1619; traduttore e scrittore francese di successo) e le storie cupe e violente, ispirate alla tradizione dei racconti orrorifici, di Jean-Pierre Camus (1584 – 1652; scrittore e prelato francese).
Nel Settecento, gli stessi argomenti prendono una piega lacrimosa-sentimentale, in particolare in certe parti dei “Mémoires du comte de Comminges” (1735) di M.me de Tencin (1682 – 1749; baronessa de Saint-Martin-de-Ré, scrittrice francese, madre di D’Alembert), nei romanzi dell’abate Antoine-François Prévost (1697 – 1763; scrittore francese) e in alcune opere di Denis Diderot (1713 – 1784; filosofo, enciclopedista, scrittore e critico d’arte francese).
Tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento, dopo Horace Walpole (1717 – 1797; quarto Conte di Orford, scrittore inglese, autore de “Il castello di Otranto”, primo romanzo gotico propriamente detto) e Clara Reeve (1729 – 1807; scrittrice inglese, autrice del romanzo gotico “Il vecchio barone inglese”) il romanzo gotico fu denominato “romanzo nero” (romain noir) o del terrore.
Con Ann Ward (nota come Ann Radcliff, 1764 – 1823; popolare scrittrice inglese, pioniera della letteratura dell’orrore e in particolare del romanzo gotico) poi, il genere del romanzo nero subisce un’evoluzione narrativa. La nuova tipologia contrappone tematiche all’estremo (innocenza virtuosa-crudeltà fisica e morale, religione-satanismo), come in “Han d’Islande” di Victor Hugo (1802 – 1885; scrittore, poeta, drammaturgo e politico francese, considerato il padre del Romanticismo in Francia) e ne “La morte amoureuse” di Pierre Jules Théophile Gautier (1811 – 1872; scrittore, poeta, giornalista e critico letterario francese), fino a giungere ai testi eccessivi di Pierre Mac Orlan (pseudonimo di Pierre Dumarchais, 1882 – 1970; artista e scrittore francese) e a quelli de “Les Mystères de la Morgue ou les Fiancés du IV arrondissement. Roman gai” (1918) di Francis Carco (pseudonimo di François Carcopino-Tusoli, 1886 – 1958; scrittore francese, ambientò le sue opere tra i bassifondi parigini e la vita bohèmienne di inizio Novecento).
Successivamente il filone noir fu assimilato al romanzo giallo, guadagnando un notevole successo, in particolare con Leo Malet (1909 – 1996; scrittore francese che con Georges Simenon e André Héléna è stato uno dei maggiori rappresentanti del romanzo poliziesco in lingua francese), Pierre Siniac (1928 – 2002), Tito Topin (1932) e A.D.G. (pseudonimo di Alain Fournier, detto Camille, 1947 – 2004; giornalista e scrittore francese).
La paura è un’emozione che come esseri umani abbiamo provato tutti. Inoltre, da brava lettrice e scrittrice di gialli, ho pensato potesse essere interessante scoprire alcune cose che riguardano la paura, non solo per viverla e affrontarla nel futuro con maggiore consapevolezza, ma anche per capire un po’ come funziona e perché la proviamo.
La nuova versione del film “Dune”, uscito da poco nelle sale cinematografiche, mi ha riportato alla mente un brano sulla paura che mi aveva molto colpito, quando avevo affrontato la lettura del libro di Frank Herbert, cui la pellicola cinematografica si ispira. Ero rimasta talmente affascinata da quella sorta di mantra pronunciato dal protagonista in un momento particolarmente angoscioso della sua storia da mandarlo persino a memoria, per portarlo sempre con me, come una sorta di talismano. Ve lo propongo di seguito.
“Non devo avere paura. La paura uccide la mente. La paura è la piccola morte che porta con sé l’annullamento totale. Guarderò in faccia la mia paura. Permetterò che mi calpesti e mi attraversi. E quando sarà passata, aprirò il mio occhio interiore e ne scruterò il percorso. Là dove andrà la paura non ci sarà più nulla. Soltanto io ci sarò” (Frank P. Herbert, “Dune”).
Herbert secondo me fa centro definendo questa emozione come una “piccola morte” e dai concetti che solleva il suo testo sono passata a fare ricerche, per esaminare più a fondo l’emozione della paura, per capire quanto c’è di vero nelle sue parole, oltre alle mie sensazioni che aderiscono perfettamente a ogni considerazione che della paura fa il protagonista di Dune.
La paura è un’emozione primaria che non appartiene solo al genere umano ma, come possiamo facilmente constatare, anche al genere animale. È un’emozione di difesa, una reazione a una situazione di pericolo: reale; possibile nel futuro; legata a un ricordo; immaginaria. Spesso, questa emozione scatena anche reazioni organiche, in quanto il corpo si prepara ad affrontare la situazione di emergenza, adottando comunemente due tipi di atteggiamento: lotta e fuga.
La paura è governata dall’istinto e mira a farci sopravvivere a un possibile pericolo che può mettere a rischio la nostra vita. Avvertiamo fisicamente tale emozione, quando constatiamo un’accelerazione del battito cardiaco e delle funzioni fisiologiche difensive. Essa produce una serie di spiacevoli sensazioni che tutti abbiamo provato almeno una volta, come: aumento dell’ansia; difficoltà di applicazione intellettiva; fuga; sudorazione; protezione del proprio corpo; calo della temperatura corporea; aumento dell’adrenalina.
La paura può anche causare modifiche del comportamento di tipo permanente, in tal caso si parla di sindromi ansiose. Questo avviene quando tale emozione non si origina più dalla percezione di un reale pericolo, ma dal timore che ci si possa trovare in situazioni, in apparenza normali, ma che invece l’individuo vive con profondo disagio. Quando si verificano tali situazioni, la paura non riveste più il suo ruolo di funzione primaria, volta a garantire la sopravvivenza, ma si tramuta in espressione di uno stato mentale.
È un’emozione che può anche essere appresa ad esempio, nei confronti di oggetti o contesti, in tal caso, negli animali, è definita: paura condizionata.
La paura possiede, in base a chi la prova, anche notevoli differenze di intensità. Il soggetto può spaziare dal timore all’ansietà, raggiungendo anche livelli emozionali molto intensi dal panico sino al terrore. Il timore è la versione meno intensa della paura ed è causato solitamente da una situazione che promette di farci sperimentare piacere e al contempo dolore. L’ansia, invece, vede il piacere contrapporsi a parimerito con la minaccia del dolore. Ciò provoca conflitto e tensione in chi la sperimenta, mentre si attende che dei nuovi accadimenti ci mostrino quale piega prenderanno gli eventi. La paura è poi massima quando entriamo nel panico e contempliamo idee di morte. In questo particolare stato emozionale, il soggetto vive una grande tensione emotiva; è terrorizzato e non è capace di organizzare né il pensiero né l’azione. Il terrore supera il panico in intensità e in tali situazioni si avverte fortemente l’impulso alla fuga, in questo caso attuata verso l’interno di sé.
Nei bambini la paura è un’emozione più frequente, ed è legata al fatto che il mondo è ancora un luogo in gran parte ignoto e spesso è dovuta all’incapacità dei bambini di distinguere le paure che vengono dall’esterno da quelle generate dalla loro interiorità.
Dopo questo breve excursus sulla paura, concludo dicendo che questa emozione non è forse tra le più apprezzate eppure ci sono moltissimi fruitori di film e libri che giocano sulla paura. Direi che il numero di persone che affollano le sale dei cinema, per vedere un film horror e il significativo numero di lettori di thriller, dovrebbe far riflettere e spingere a conoscere meglio questa emozione che andrebbe approfondita e studiata con molta attenzione, per poterne valutare tutti gli aspetti e tutte le sfumature.
In “Codice 206”, il commissario Nick Raisi si troverà coinvolto in un cold case. A trascinarlo dentro le indagini saranno i misteriosi messaggi lasciati da “Ala”, un writer che ha fatto della sua arte un’arma al servizio della giustizia.
Dopo “Rime Mortali“, torna con “Codice 206”, il personaggio di Nick Raisi, un tipo davvero singolare a cominciare dalle sue passioni: l’hip hop e i dolci. Il commissario romano odia la neve e la montagna, ma a causa di un’indagine scabrosa si ritrova catapultato, suo malgrado, dalla sua amata Roma a Brunico, in Alto Adige. Il suo arrivo ha portato diversi cambiamenti in città, soprattutto nel modo di condurre le indagini.
“Chi lotta con i mostri deve guardarsi di non diventare, così facendo, un mostro. E se tu scruterai a lungo in un abisso, anche l’abisso scruterà dentro di te.” (Friedrich Nietzsche)
Nick Raisi è insolito, a volte divertente. Conduce le indagini con una patina d’ironia e riesce sempre a fiutare la pista giusta che conduce alla verità. Stavolta il commissario romano, trasferito a Brunico, deve indagare su un uomo scomparso anni prima, che i suoi concittadini credevano morto per un incidente in montagna. Ad aiutarlo ci sarà un misterioso writer che si firma “ALA” e che lo sfiderà a risolvere i suoi rebus tappezzati per la città. Raisi con l’aiuto della sua squadra e le felici intuizioni della sua ragazza, Larissa Meier, darà una luce completamente diversa al caso dell’uomo scomparso che dietro una impeccabile facciata nascondeva un terribile segreto. Il commissario dovrà muoversi tra omertà e coni d’ombra, fino a svelare la vera natura della vittima e l’identità del suo assassino.
Il commissario Lambert è alle prese con un nuovo caso.
Una serie di omicidi sconvolge Parigi.
Il commissario Lambert è messo di nuovo a dura prova.
L’assassino è un tipo originale e inafferrabile; non lascia tracce dietro di sé, a parte delle piume sul corpo delle sue vittime.
Nel frattempo, il pm Lemarie viene accusato di omicidio e i due casi rischiano di mandare in tilt Lambert e i suoi colleghi impegnati su due fronti.
Questa volta i nostri amici, per risolvere il caso, dovranno andare molto indietro nel tempo.
Troveranno dei collegamenti con gli egizi e il Louvre e l’assassino sarà sempre un passo avanti a loro…
Il primo è un intrigante giallo, dove uno scrittore immobilizzato su una sedia a rotelle diventa testimone e cronista di un singolare caso di omicidio; l’altro invece è un divertente giallo per bambini, in cui c’è posto per dei curiosi topi e addirittura per un fantasma, sullo sfondo di un teatro stregato.
Siamo intenzionate a proseguire in questa direzione e presto ci saranno altri titoli disponibili in inglese.
Speriamo che questa novità venga accolta con piacere anche dai lettori.
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