In Cuore di tenebra, Conrad ci conduce nell’Africa più profonda, in un viaggio avventuroso e oscuro, metafora di una discesa negli abissi insondabili dell’animo umano.
In “Heart of Darkness” (Cuore di tenebra), lo scrittore e navigatore polacco naturalizzato britannico, Joseph Conrad (Berdyčiv, 3 dicembre 1857 – Bishopsbourne, 3 agosto 1924), racconta la storia del viaggio compiuto da Charles Marlow, narratore del suo racconto, per risalire il fiume Congo, nel Libero Stato del Congo, al centro dell’Africa.
La storia è concepita da Conrad come il resoconto fatto da Marlow a un gruppo di amici di una sua singolare avventura, vissuta a bordo della sua imbarcazione, la Nellie, che al momento è all’ancora, a valle di Londra, in un’ansa del fiume Tamigi.
La particolare ambientazione scelta da Conrad serve da cornice narrativa, per raccontare un’ossessione, quella del narratore verso il commerciante di avorio Kurtz. Al contempo, gli permette anche di fare un parallelismo tra Londra e l’Africa, accomunate secondo lui dalla medesima oscurità. Inoltre, il suo racconto ci fa riflettere sul fatto che esiste ben poca differenza tra i popoli definiti civilizzati e quelli ritenuti selvaggi, e l’autore, tra le righe della sua storia, si prende anche la libertà di avanzare questioni polemiche sull’imperialismo e sul razzismo.
Inizialmente, la storia fu stampata in tre puntate e comparve nei numeri di febbraio, marzo e aprile del 1899, Vol. 165, della scozzese “Blackwood’s Magazine”, al fine di celebrare la millesima edizione della rivista. Nel 1902, invece, comparve in volume, nella raccolta “Youth, a Narrative and Two Other Stories” (Gioventù e altri due racconti).
Il racconto di Conrad prende il via di sera, quando i cinque membri dell’equipaggio della Nellie stanno aspettando la marea per dirigersi al largo. Uno di loro, Marlow, un maturo marinaio, prende la parola e inizia a raccontare di un viaggio fatto molti anni prima, inseguendo il fortissimo desiderio di conoscere l’Africa nera.
L’attrazione per questo continente ebbe inizio quando il narratore vide nella vetrina di un negozio una carta geografica. Osservandola, fu colpito dal percorso di un grande fiume “somigliante a un immenso serpente srotolato, con la testa nel mare […] la coda perduta nelle profondità del territorio”.
L’aspirazione di Marlow diverrà realtà e l’uomo affronterà proprio l’agognato viaggio lungo il fiume Congo, a bordo di uno sgangherato vaporetto.
Il suo itinerario dalla costa al centro, al luogo nel quale la coda del serpente si perde, sarà per Marlow una sorta di discesa in un’oscurità profonda, di certo più cupa e tenebrosa dell’oscurità che cinge il Tamigi, dove almeno le luci dei fanali consentono di vedere le altre navi transitare e anche il porto, pur se avvolto nella nebbia. La Nellie invece si addentrerà in un paesaggio del tutto sconosciuto.
Marlow giungerà in un primo tempo alla sede della Compagnia – in pratica un cumulo di baracche – per la quale sta lavorando, che è interessata al commercio di avorio.
Il luogo in cui il narratore e il suo equipaggio approdano è inospitale e male organizzato, oltretutto, è gestito da personaggi equivoci.
Nel racconto, il male, rappresentato da vari delitti, si manifesta lungo il percorso, nelle varie stazioni toccate dall’imbarcazione di Marlow e assume la forma di un mistero indecifrabile.
Su questo sfondo oscuro si staglia la figura enigmatica di Kurtz, uomo bianco invidiato da tutti, perché è il solo capace di procurare notevoli e costanti quantità di prezioso avorio.
Attorno alla mitica figura di Kurtz esistono molte leggende maligne che si intrecciano fra loro; all’ombra di questi foschi racconti, Marlow inizia il suo viaggio verso la sua vera destinazione, a bordo di un rattoppato battello a vapore, in compagnia di altri coloni e di indigeni cannibali. Il luogo verso cui sono diretti si trova all’interno dell’ingarbugliata e malsana foresta pluviale e si può raggiungere solo via fiume.
Durante la notte, accompagnato dal profilo delle rupi illuminate dalla Luna e dal misterioso suono cupo di tamburi, il battello risale con grande fatica il fiume. I lettori si ritrovano catapultati in una sorta di discesa agli Inferi, in un tempo e in uno spazio remoti.
Arrivato alla sua meta, il narratore scopre che la base di Kurtz è scena di atroci avvenimenti.
Innanzitutto, i membri dell’equipaggio si dovranno scontrare con l’ostilità primordiale degli indigeni che ritengono Kurtz una sorta di divinità. L’uomo bianco li ha soggiogati con il suo aspetto, con la sua determinazione feroce e, in particolare, con la sua voce che incute in loro venerazione, anche se Kurtz è molto malato e quasi in fin di vita.
Lo stesso Marlow resta affascinato da quest’uomo singolare, fascino di cui non sa darsi una spiegazione logica. Qualunque sentimento o idea il narratore nutra per Kurtz, in ogni caso, la sola decisione possibile per lui al momento è quella di catturarlo, il che sarà possibile, anche se con una certa difficoltà.
Durante il viaggio di ritorno, Kurtz muore. Prima di spirare pronuncia due parole: “L’Orrore! L’Orrore!”, e dà a Marlow un pacco che contiene delle lettere e la foto di una giovane donna.
Tornato a Bruxelles, il narratore va dalla vedova di Kurtz, che in realtà, è stata solo la sua fidanzata. L’uomo però, non se la sente di raccontare alla donna, che nutre un forte rimpianto per Kurtz, la vita malvagia che lui ha condotto in Africa, così le mente, e le dice che le ultime parole del suo amato sono state per lei.
In questo racconto si avverte con forza lo stile di Conrad e delle sue suggestioni.
Leggendo le sue parole, la giungla, custode di un oscuro mistero, sembra prendere vita, mentre la figura selvaggia di Kurtz rifulge di un potere quasi ipnotico e a tratti, pur nella sua crudeltà, ispira un senso di pietà.
Le storie narrate in Cuore di tenebra si ispirano a un viaggio fatto dall’autore nel 1890, a bordo del vaporetto “Roi des Belges”, lungo il fiume Congo. I personaggi, anche essi sono costruiti a partire da figure realmente esistite e incontrate durante tale viaggio.
È anche probabile che, Kurtz sia la raffigurazione letteraria di un agente della Compagnia di nome Klein, morto sul vaporetto. Per lui, Conrad ha fatto riferimento anche da altri avventurieri, incrociati sempre durante il medesimo viaggio.
In copertina: Henri Rousseau, “L’incantatrice di serpenti” (1907), Museo d’Orsay di Parigi