Intorno al III secolo a.C. esiste già un alfabeto latino composto da 19 lettere, nell’epoca di Cicerone (I secolo a.C.) si aggiungeranno la X e la Y.
Come i greci, anche i romani usavano i caratteri maiuscoli per iscrizioni su pietra, le minuscole, invece, erano destinate alle tavolette cerate e ai papiri.
L’iscrizione su pietra richiedeva un lungo e meticoloso lavoro di preparazione. L’incisore doveva, prima di tutto, valutare le dimensioni della superficie su cui doveva scrivere, considerare quante parole componevano il testo da riprodurre e poi stabilire, di conseguenza, la grandezza delle lettere.
Prima di incidere la pietra, l’incisore realizzava una copia su un rotolo di papiro che gli consentiva di stabilire quante lettere potevano stare in una riga e anche di studiare con cura il modo più equilibrato e visivamente armonioso di riempire lo spazio che aveva a disposizione.
Successivamente, l’incisore tracciava con un gesso sulla pietra la base della lettera e il suo punto più alto, subito dopo, disegnava i caratteri con il carboncino e poi li dipingeva. Dopo aver compiuto tutti questi passaggi, finalmente, poteva prendere in mano lo scalpello.
Nel periodo tra il II e il III secolo d. C. comparvero “la nuova scrittura comune” e l'”onciale” che, fino all’anno 1000, si diffusero in tutte le regioni europee dove si scriveva in latino.
in copertina: Iscrizione sul tamburo del Mausoleo di Cecilia Metella sulla via Appia a Roma