I Caffè letterari erano luoghi di socializzazione e di cultura.
I dibattiti e le discussioni che si svolgevano tra i tavolini, sorseggiando una tisana o bevendo un caffè, hanno cambiato il mondo e la società di quei tempi.
I caffè letterari, dei quali abbiamo sentito parlare a scuola, a proposito di diffusione delle idee illuministe prima e dei fermenti romantici poi, esistono ancora nelle varie capitali e principali città d’Europa, ma non assolvono più alla funzione di incontro per discussioni vivaci e confronto che avevano svolto nei secoli passati.
Nei Caffè letterari si sono progettate rivoluzioni, non solo culturali.
A partire dal ‘700, i Caffè letterari si diffusero nel tempo un po’ dovunque in Europa (Francia, Austria, Italia, Spagna), diventando il luogo simbolo della cultura borghese e d’incontro degli intellettuali dell’epoca, dove si discuteva di arte, letteratura, filosofia e politica.
Il luogo di aggregazione, aperto a chiunque volesse partecipare alle questioni poste dai letterati riuniti nel Caffè, come risposta ai salotti nobili e alle accademie universitarie, più inclini al mantenimento dell’ordine pre-costituito!
Oggi rimangono le strutture, dove si organizzano iniziative culturali, ma che purtroppo, ormai, svolgono più una funzione ricreativa, avendo perso lo scopo originale e il collegamento diretto tra idee che da lì scaturivano e il mondo esterno, la società contemporanea.
I luoghi concepiti con lo scopo degli originali Caffè letterari non esistono più (almeno per la mia esperienza), mentre oggi ne avremmo un gran bisogno.
Luoghi dove la gente possa incontrarsi e discutere, confrontare le proprie idee, sviscerare problemi e valutare soluzioni; luoghi dove le persone possano immaginare e progettare una società migliore, un mondo migliore.
Ora, siamo immersi in un mondo tecnologico e complicato, bombardati di notizie che fatichiamo a vagliare e verificare.
La comunicazione si è trasformata in un must e ci viene spiegato come dobbiamo comunicare, nel modo più efficace e in ogni situazione: dal colloquio di lavoro alla presentazione di un brand aziendale.
Purtroppo, non ci rendiamo conto di essere precipitati in un paradosso: comunichiamo senza interruzione e in modo sempre più qualificato, ma in pratica non comunichiamo più tra noi, su questioni assillanti che liquidiamo con un semplice tacet o mi piace.
Gli emoticon hanno sostituito le parole, i faccia a faccia sono sempre più rari: ora ci sono i cellulari con i quali possiamo essere raggiunti in qualunque posto a qualunque ora.
Abbiamo la sensazione di essere connessi con tutti e con il mondo in ogni istante, ma in realtà le informazioni che viaggiano tra le persone sono sempre più superficiali e rapide, mancano i tempi per riflettere su quel che apprendiamo, non c’è più lo sguardo di colui con cui si dialoga e, soprattutto, manca la possibilità di “scollegarsi”, e ciò ci rende schiavi delle troppe informazioni e della cacofonia che producono: siamo diventati ciechi e incapaci di interpretare un mondo che va sempre più veloce e che ogni giorno diventa più complicato.
Gino Paoli cantava: “Eravamo quattro amici al bar che volevano cambiare il mondo“. Chissà, magari una scintilla peregrina del Caffè letterario settecentesco è sopravvissuta e potrebbe ancora appiccare un fuoco. Il risultato sarà diverso e diversi saranno anche gli strumenti di cui faremo uso, ma io spero davvero che gli obiettivi siano gli stessi.
in copertina: Artisti nel Caffè Greco a Roma, di Ludwig Passini, 1856