Quando bastava un monumento, un cartello stradale, una rovina famosa, uno scorcio naturalistico per affermare che c’eri stato…
Ora la mania di protagonismo ha fatto slittare l’emozione di quell’attimo irripetibile a pensare immediatamente dopo ad un selfie da mostrare al mondo.
Una via stretta che si apre su una piazza immensa, un rettangolo scuro tra le mura antiche che inquadra un pezzo di cielo o fa tuffare lo sguardo nel mare, la bellezza naturalistica che ti lascia senza parole, diventano sempre più spesso sfondo o quinta incolpevole di un selfie con uno o più faccioni in primo piano a volte distorti dalla vicinanza del cellulare.
Se non sei presente nella foto pensi che i tuoi amici non ti credano?
Essere immortalati con contorsioni ridicole ti fa sentire più protagonista che gustarti l’attimo di quell’abbandono verso quello che prima non avevi mai visto?
Entrare in una foto è così determinante, come se senza quella testimonianza tu che scatti una foto non esistessi?
Mania di protagonismo che ancora non mi ha assorbito, mentre mi capita sempre più spesso che sia un libro a diventare il protagonista indiscusso dei miei pensieri giornalieri e se fosse possibile vorrei poter entrare tra le parole, vivere la vita dei personaggi per la durata della lettura.
Tuffarmici ogni momento della giornata, anche se non mi è possibile, ma tenere sempre in mente la storia, per tornare a parteciparvi, appena riaprirò le pagine.
Essere immortalata in un’immagine con i personaggi che si muovono nel loro tempo, nella loro storia.
Esserci per me è ormai diventato anche e solo quando entri a far parte di un racconto, di una narrazione che trovi stupenda, innovativa che ti cattura e che ti fa dimenticare tutto il resto del mondo, allora per me quello è il libro che dovevo leggere in quel dato momento e io ho risposto alla sua chiamata, quello era il momento giusto perché io potessi apprezzarlo e nello stesso tempo esso potesse ispirarmi.
Ma questo è possibile solo se un libro è così potente da farti viaggiare con la fantasia, mentre sei in un’altra epoca, in un’altra città, dall’altra parte del mondo o solo a pochi chilometri, ma comunque un prolungamento delle pagine, un’assenza che si materializza nel racconto che scorre sotto ai tuoi occhi.
“Di nuovo libera, la mano di Stephen tornò alle conchiglie vuote. Simboli anche di bellezza e di potere. Un rigonfio nella tasca. Simboli insozzati da cupidigia e avarizia”.
“Ecco le loro controparti: anche loro fiati indolciti, con tè e marmellata, la sciocca ridarella dei loro braccialetti quando litigano”.
“Il sole tra l’intarsio delle foglie spandeva paillettes e monete danzanti sulle sue sapienti spalle”.
Passi di: James Joyce tratti dall’“Ulisse”
Vorrei tenere a mente solo le emozioni che possono sfiorarmi e scivolare sottopelle, mentre leggo quello che uno scrittore ha saputo mettere nero su bianco e cercare in tutti i modi a me possibili, riuscire a trasferire parte di quelle emozioni quando a mia volta sentirò il bisogno di raccontare.
La società dell’immagine, ci rende sempre più spesso protagonisti del niente, mentre entrare in una narrazione più profonda, fare un viaggio introspettivo attraverso la lettura o osservando quello che ci circonda. per me, è molto più importante.
Scegliere di essere piuttosto che apparire e smettere di illudersi che una serie di immagini di noi stessi possa raccontare noi e la nostra vita o per assurdo farci entrare nella vita degli altri.