Intervista a Flaminia Mancinelli: un’amica e una scrittrice

Flaminia Mancinelli scrittrice

Flaminia Mancinelli è una scrittrice, ma per noi è prima di tutto un’amica, per questo abbiamo deciso di dedicarle una breve intervista in concomitanza con la pubblicazione del suo secondo romanzo con la casa editrice Newton Compton.

Raccontaci qualcosa di te
Nata a Roma e cresciuta a libri e scritture!
Ho fatto mille studi e quasi altrettante professioni. Dagli studi di filosofia e teologia al lavoro nel cinema, e poi la libraia, la giornalista, ecc…
Mi sono mossa molto su e giù per lo “stivale” e poi mi sono trasferita nel nord della Francia, dove ora vivo in aperta campagna, insieme a tutta la mia biblioteca.

Quando hai sentito il bisogno di passare dallo scrivere solo per te alla pubblicazione?
Davvero tu credi che si scriva per se stessi?
La scrittura, come la parola, è una forma di comunicazione. Estremizzando così come chi parla da solo ha qualche problema, anche chi scrive per infilare tutto in un cassetto a me sembra un po’ “strano” o… se la racconta. Dopo aver scritto un testo congruo io ho sempre fatto fatica ad andare a bussare alla porta degli editori, e difatti mi stupiscono quegli autori che raccontano di aver mandato i loro romanzi a decine di editori prima di trovarne uno disposto a pubblicarli. A me è successo sempre per caso. Non credo che avrei avuto la testardaggine né l’insistenza di provare e riprovare.
Mi piaceva il Self publishing perché non è necessario… bussare…

In base alla tua esperienza, quali sono i vantaggi e gli svantaggi che hai rilevato quando sei passata dall’autopubblicazione alla pubblicazione con una casa editrice?
In realtà io ho fatto il cammino inverso: all’inizio ho pubblicato il mio primo romanzo con una casa editrice romana, ma era stata un’esperienza tutt’altro che esaltante, quindi quando ho scritto La Profezia della Stella, l’ho stampato per conto mio. Era il “lontano” 2008 e Amazon e gli scrittori indie erano ancora all’inizio. Dal 2011 ho iniziato e leggere eBook sul Kindle e dopo qualche mese, dopo aver ripubblicato La Profezia in elettronico ho continuato così fino al 2016 quando…
… È una storia un po’ lunga, spero di non annoiarti…
Dunque nel 2016 avevo autopubblicato numerosi testi, di vario genere, e uno di questi (Omicidi all’ombra del Vaticano), dopo aver conquistato le vette della classifica di Amazon, ha attirato l’attenzione della Newton Compton che mi ha proposto di entrare a far parte della loro squadra di autori. Ho accettato e così ho riprovato le vie dell’editoria tradizionale.
La difficoltà maggiore per me, che sono uno spirito molto indipendente (con una buona tendenza all’anarchia) è dover rinunciare alla libertà cui sono avvezza. Ma è naturale, se si fa parte di una squadra devi sottostare alle regole degli altri. In cambio hai indubbi vantaggi. Ad esempio mi sono liberata dell’impaginazione e della grafica della cover, che erano senz’altro compiti impegnativi. E poi con questo secondo libro l’editore mi ha affiancato un Editor davvero valido, che mi sta facendo rivalutare questa figura professionale.
Insomma un po’ meno libertà ma in cambio molte professionalità utili a darmi una mano.

Parlaci del tuo ultimo romanzo e delle tua esperienza lavorativa come scrittrice in generale.
Senza movente” nasce, per molti aspetti, dalla mia esperienza personale. Sono nata a Roma e vivo in Francia, quindi mi è venuto spontaneo creare una duplice trama ambientata sia nella Capitale sia nelle regioni francesi della Bretagna e della Normandia. Ma dalla mia vita passata ho tratto anche diversi personaggi con i quali ho popolato le pagine di questo mio ultimo romanzo. Non solo “personaggi” positivi, anzi… Alcuni, purtroppo, attraversati da una tragica vena di follia. Tutto ciò generato dalla mancanza di amore.
Tutta la vita ho scritto. Ho iniziato a 9 anni. Mia madre mi propose di fare un regalino al mio fratellino e io gli scrissi una favola, illustrandola con orribili disegni (non sono affatto dotata in questo settore della creatività!). Ho sempre scritto considerandolo un secondo lavoro, al quale mi sono dedicata sempre più assiduamente a mano a mano che crescevo, ed ora lo faccio a tempo pieno. Gran bel mestiere, ma che purtroppo molto di rado consente la sopravvivenza economica.
È molto frustrante se si considerano il tempo e l’impegno necessari a creare un prodotto professionalmente valido.

Cosa pensi dell’ebook?
All’inizio tutto il bene possibile. Ho iniziato a leggere in formato elettronico nel 2011.
Comodo (soprattutto quando le librerie di casa hanno ormai alzato bandiera bianca!), praticissimo in viaggio e in vacanza (puoi avere con te decine di libri con un ingombro minimo). Ma poi a questa tecnologia si è affiancato il fenomeno dell’autopubblicazione. Così, visto che tutti si considerano scrittori, siamo stati invasi da milioni di manoscritti. Troppi. Molti sono lavori approssimativi, tirati via e sgrammaticati. E questo ha penalizzato in generale il libro elettronico. Molti lettori, dopo essere incappati in brutti libri, hanno preso le distanze da Self ed eBook.
Occorrerebbe una certa selezione, ma chi potrebbe farla? Per Amazon gli scrittori Indie rappresentano uno splendido business e quindi lo alimentano senza porsi questioni di qualità, e gli altri market plance seguono a ruota l’esempio del gigante di Seattle.
Peccato…

Grazie mille per il tempo che ci hai dedicato e in bocca al lupo per i tuoi futuri lavori!

Pubblicazioni dell’autrice

Angela De Pace Musicista: dal canto all’insegnamento e di nuovo al canto

musica e strumenti

Gli scrittori sono un po’ come gli investigatori: attenti ai dettagli e a ciò che succede attorno a loro. In un certo modo, chi scrive si intrufola nella vita degli altri e molti scrittori ammettono di attingere dal quel generoso magazzino per creare personaggi e costruire storie.

Ho deciso, quindi, di inaugurare una nuova rubrica in cui si evidenziano i pensieri e le riflessioni di chi opera nel campo della cultura in generale, e della scrittura in particolare, iniziando dallo stretto ambito di amici e conoscenti, senza preclusioni nei confronti di altri personaggi con i quali verrò in qualche modo in contatto. Del resto, molte persone che si incontrano casualmente ogni giorno possono essere potenziali personaggi per un nuovo libro, dal momento che le peculiarità individuali possono meglio risaltare in uno scambio fecondo di idee ed esperienze, come accaduto con Angela De Pace, musicista che conosco da molti anni e che incontro in un’aula dell’ Associazione “Artemusica” in Falconara M.ma (An), mentre sta eseguendo al pianoforte“Fly Me To The Moon”. Nella rievocazione della voce melodiosa di Ella Fitzgerald, penso che non può esserci modo migliore per iniziare un’intervista il cui tema centrale è la musica, il filo conduttore delle sue esperienze di vita. Diplomata al Conservatorio, dopo aver fatto concerti, audizioni e master di canto lirico, Angela si dedica da diversi anni all’insegnamento presso l’Associazione “Artemusica” di cui è anche Presidente.

Qual è secondo te il ruolo della musica nella cultura, oggi?
È una domanda complessa: io lavoro sia con i bambini sia con i ragazzi e mi trovo in difficoltà a rispondere a questa domanda. Per me, la musica è un elemento fondamentale nella vita dei ragazzi e adolescenti: abitua a stare con la gente, accresce la fiducia nelle proprie possibilità, rasserena gli animi. Qualunque progetto di studio o di scelta lavorativa faccia, un ragazzo trova nella musica occasione per esprimersi senza limitazioni, anche di tipo psico-fisico, come avviene con i ragazzi portatori di handicap che frequentano la nostra scuola.

Qual è stato il percorso per costituire l’Associazione?
Quando è nata, io non ne facevo ancora parte. È stata un’idea di giovani diplomati e laureati al Conservatorio “Rossini” di Pesaro e al Conservatorio di Pescara, per fare musica ed insegnare musica a Falconara, trovando nell’Amministrazione comunale del tempo un sostegno logistico ed economico. I corsi si tenevano all’epoca nei locali del vecchio Municipio, per essere trasferiti, poi, nei locali di un edificio appositamente costruito, tramite gara di appalto. Nel 1992, constatando la positiva risposta dei cittadini ai servizi offerti dalla scuola, fu deciso di costituire l’Associazione “Artemusica” che ha potuto sottoscrivere Convenzioni con il Conservatorio di Pesaro, per preparare professionalmente i ragazzi che frequentano i corsi dell’Istituto musicale “Federico Marini”, nuova denominazione assunta dalla Scuola. Nel 2016, poi, abbiamo aderito a Marche Music College, una rete formativa diffusa che offre ai propri allievi l’opportunità di accedere, ovunque risiedano, alle attività didattiche e ai corsi di formazione attivati. Per ultimo, si sono svolte audizioni per formare un’orchestra, con aspiranti venuti da tutto il mondo.

Quali sono le più recenti attività dell’Associazione “Artemusica”?
Tra gli ultimi lavori intrapresi, mi piace ricordare i “master jazz”, con ospiti di fama mondiale, che hanno avuto un’entusiastica risposta, soprattutto da parte dei giovani.
Inoltre, il nostro Coro di voci bianche ha partecipato anche quest’anno all’ultima stagione lirica al Teatro delle Muse di Ancona, nell’opera “Tosca”. Fra poco inizieranno i preparativi per l’indizione del concorso “Premio Federico Marini” che quest’anno è stato posticipato a novembre per motivi organizzativi e al quale possono partecipare candidati di varie fasce di età: bambini dai 5 anni, ragazzi e adulti fino a 30 anni.

Raccontaci qualcosa della tua esperienza con i bambini e il coro delle voci bianche.
È sempre interessante lavorare con i bambini e quest’anno, per la prima volta, ho introdotto nelle mie lezioni l’esperienza dell’ascolto. Prima di iniziare la vera e propria lezione di coro, faccio ascoltare per circa mezz’ora della musica, da quella del ’400 fino ai giorni nostri, inserisco un brano che non conoscono, stanno in silenzio e ascoltano, poi fanno domande e mi rivelano le loro preferenze. Ottenere la piena attenzione degli allievi è un risultato di tutto riguardo, oltre alla soddisfazione di vederli ascoltare coscientemente la musica.

Progetti futuri?
Ne abbiamo tantissimi. Quello più importante, almeno per me, è di realizzare un coro professionale di voci bianche., ma anche riuscire a far diventare la scuola un vero e proprio punto di riferimento per futuri jazzisti di talento e per giovani musicisti, costituisce un ambito traguardo. Per dare maggior peso e prestigio alla struttura, abbiamo recentemente cambiato lo Statuto denominandola Istituto musicale “Federico Marini” – Associazione musicale “Artemusica”.

Il sogno personale di Angela?
Dar vita ad un coro formato sia da voci bianche sia da ragazzi, in grado di cantare di tutto, dal repertorio sinfonico a quello sacro e a quello moderno, i cui componenti, prima che cantanti, siano dei musicisti. A tal fine, sto scrivendo un trattato di canto, il cui titolo “…è alta…”, tratta dall’interazione pronunciata dagli allievi nel momento in cui si fermano improvvisamente durante l’esercizio di un vocalizzo per le difficoltà di una che deve essere cantata “alta”. A forza di sentire questa frase, ho pensato che possa diventare il “simbolo” delle difficoltà che incontrano i cantanti alle prese con tessiture difficili e dell’impegno che devono profondere per migliorare e diventare dei professionisti.

Invece, Angela cantante?
(sorridendo) Angela, più che cantante si sente musicista, senza voler togliere nulla ai cantanti. Ai miei allievi dico sempre che il canto è uno strumento musicale pieno di mistero, che per essere messo a punto richiede tanto sacrificio. Studiare canto è davvero faticosissimo. La voce è lo strumento invisibile che sta dentro di noi, per questo è difficile lavorarci e lo è ancor di più quando non è il tuo. Le difficoltà dei musicisti nell’esprimersi, sono le stesse, ma enfatizzate perché nella voce c‘è la componente emotiva che vi traspare in maniera ancora più individuale.

Angela sorride di nuovo, quando suggerisco che il cantante è anche un po’ psicologo, e aggiunge: Me lo dicono in molti!

Credo sia come scavare per portare la voce all’esterno, ribatto, e Lei conferma: Scavare è un’operazione anche nella tecnica vocale. Ribadisco continuamente con i miei allievi: scaviamo, scaviamo, scaviamo, e a forza di scavare, oltre ai problemi tecnici, vocali, emergono anche quelli caratteriali. Il canto diventa, a volte, anche un modo per curare le difficoltà e le problematiche di ordine psicologico.

Per chi volesse conoscere le attività e gli eventi organizzati dall’Associazione “Artemusica”: www.facebook.com/groups

Saverio Santoni: quando la musica è una scelta di vita

organo chiesa

Gli scrittori sono un po’ come gli investigatori: attenti ai dettagli e a ciò che succede attorno a loro.
In un certo modo, chi scrive si intrufola nella vita degli altri e molti scrittori ammettono di aver attinto per creare i loro personaggi e costruire delle storie dal generoso magazzino della vita.
Perciò, ho deciso di inaugurare una serie di interviste, una nuova rubrica in questo calderone di notizie, pensieri e riflessioni che ruotano attorno alla scrittura e alla cultura in genere.
Al momento, ho deciso di investigare nel giro stretto dei miei amici e conoscenti, e mi riservo di includere in futuro altre persone interessanti con cui entrerò in contatto in qualche modo.
Il mio è un progetto ambizioso e non so se riuscirò nel mio intento; vorrei poter mostrare lo scopo più profondo di chi scrive: l’unicità di ogni essere umano e di ogni storia.
Del resto, molte persone che si incontrano casualmente ogni giorno possono essere potenziali personaggi per un nuovo libro.
Io ho voluto, a modo mio, dar voce a queste persone comuni, ma per me speciali, che affrontano come tutti noi, difficoltà e scelte impegnative ogni giorno.

Saverio Santoni è un organista e compositore di notevoli capacità.
Lo conosco da diversi anni e apprezzo, oltre alla sua bravura, la modestia che lo contraddistingue.
Anche lui fa parte di quel “sottobosco” di persone comuni, ma non troppo. Persone speciali che non sono famose solo perché non hanno ancora raggiunto la notorietà che meriterebbero.

Qual è stato “l’evento scatenante” che ti ha portato a dire a te stesso: voglio fare il musicista?
Premetto che sono sempre stato abituato alla musica avendo il pianoforte in casa (di mia madre), su cui da piccolo improvvisavo melodie per lunghe ore… Poi un giorno mi sono trovato in un’aula della Scuola Pergolesi di Jesi, la mia città, e ho visto una tastiera: quello strumento, simile al pianoforte ma decisamente più tecnologico (il display, i tasti dei comandi numerici, i controlli dell’equalizzazione…) mi aveva affascinato così tanto da decidere di prendere lezioni di musica.

Perché tra tanti strumenti musicali hai scelto proprio l’organo a canne?
La decisione venne gradualmente, mentre studiavo ancora tastiera, sentendo dei dischi e curiosando su qualche enciclopedia: inizialmente chiesi al mio parroco di farmi vedere l’organo che avevamo in chiesa, poi mi offrii per suonare alle messe della domenica, e infine decisi di iscrivermi al Conservatorio.
Credo di essermi avvicinato all’organo per il fatto che, come la tastiera elettronica, è una “macchina con tanti comandi”: padroneggiare questo strumento che ha tante tastiere, la pedaliera, registri con canne di ogni forma, lunghe da 20 metri (o più) a pochi millimetri, ti permette di creare sonorità stupefacenti, dalle più forti alle più misteriose e delicate.

C’è una corrente musicale, un periodo specifico, o qualche autore che prediligi?
Ci sono dei generi, a cui sono più abituato, che mi prendono più dal lato “emotivo” (la musica sinfonica, in particolare quella tra ‘800 e ‘900, l’opera, la musica da film). Altri invece mi incuriosiscono, come la musica contemporanea, la musica leggera di oggi… e più passa il tempo più mi stimolano ad ascoltare altri brani dello stesso stile.
Credo che la musica che ti arriva veramente sia quella che ti spinge a produrre, in qualche modo, della “tua” musica (che si tratti di cantarla sotto la doccia, suonarla, o comporla!). In ogni caso l’esperienza da musicista ti insegna, col tempo, a valorizzare qualunque musica cui tu vada incontro.

Quali sono a grandi linee le difficoltà che incontra un musicista sia tecniche, legate alla professione, sia pratiche, quando finito il percorso di studi entra nel complesso mondo della promozione e affermazione del proprio lavoro?
Secondo me sono due le difficoltà in particolare: una è riuscire a “farsi notare”, proponendoti a un numero crescente di persone (sacrificando del tempo per lo studio… ma anche per allacciare contatti, se necessario), l’altra è quella di saper adattare le tue capacità alle richieste che giungono… In ogni caso devi avere un’idea chiara di quali sono le tue potenzialità e quegli aspetti che, nella tua personalità musicale, ti distinguono dagli altri.

Che cosa ami di più della tua professione di musicista e compositore?
Il fatto che fare musica ti emoziona ogni volta, ma allo stesso tempo ti mette alla prova: se nella tua attività il divertimento e la curiosità si rinnovano, vuol dire che la strada è giusta.

Che cosa cambieresti del tuo percorso fin qui e cosa lasceresti invariato?
Col senno di poi avrei iniziato prima lo studio della composizione… ma in realtà lo stesso spirito di gioco che avevo una volta, nel comporre, ce l’ho ancora oggi!

Saverio suonerà a Falconara (AN) il 14 maggio 2017.
Per chi desiderasse intervenire: www.facebook.com/events

Giuliana Ascani: la giornata di un… consulente finanziario

Consulente finanziario alla scrivania

Gli scrittori sono un po’ come gli investigatori: attenti ai dettagli e a ciò che succede attorno a loro.
In un certo modo, chi scrive si intrufola nella vita degli altri e molti scrittori ammettono di aver attinto per creare i loro personaggi e costruire delle storie dal generoso magazzino della vita.
Perciò, ho deciso di inaugurare una serie di interviste, una nuova rubrica in questo calderone di notizie, pensieri e riflessioni che ruotano attorno alla scrittura e alla cultura in genere.
Al momento, ho deciso di investigare nel giro stretto dei miei amici e conoscenti, e mi riservo di includere in futuro altre persone interessanti con cui entrerò in contatto in qualche modo.
Il mio è un progetto ambizioso e non so se riuscirò nel mio intento; vorrei poter mostrare lo scopo più profondo di chi scrive: l’unicità di ogni essere umano e di ogni storia.
Del resto, molte persone che si incontrano casualmente ogni giorno possono essere potenziali personaggi per un nuovo libro.
Io ho voluto, a modo mio, dar voce a queste persone comuni, ma per me speciali, che affrontano come tutti noi, difficoltà e scelte impegnative ogni giorno.

Giuliana Ascani è consulente finanziario da più di venti anni.
Una professione impegnativa e piena di responsabilità, ma anche molto gratificante.
La prima domanda che mi è venuta in mente, pensando al suo lavoro, è stata: come si svolge la tua giornata?

La mia giornata inizia con il consultare la posta aziendale per essere sempre informata su novità, appuntamenti e impegni vari.
Intorno alle nove mi reco in ufficio, qui incontro la mia segretaria, insieme programmiamo le cose da fare per la giornata e le visite che farò nel pomeriggio.
Normalmente prendo appuntamento con tre, quattro persone al giorno e prima di incontrarle, studio con cura l’andamento del loro portafoglio e controllo se i loro obiettivi sono in divenire.
Prendo contatti quotidianamente per gli incontri futuri, controllo le urgenze e predispongo la pianificazione del mese; la mia segretaria appronta i contratti cartacei e telematici in base alle proposte che io ho già preparato e, successivamente, incontro i clienti presso la loro azienda o in famiglia oppure nel mio studio.

Che cosa ti piace di più del tuo lavoro?
Il mio lavoro si basa sulla formazione personale e sull’educazione finanziaria del cliente: mi assicuro che i miei clienti comprendano con chiarezza quello che si fa insieme per la crescita del patrimonio.
Mi piace molto incontrare persone nuove, oltre ai clienti che seguo già da tempo, informarmi sui loro progetti, conoscere bene cosa fanno e quali sono le loro esigenze per poi, individuare insieme gli strumenti finanziari per realizzarle.
Anche la preparazione professionale che la mia struttura mi fornisce è per me un momento molto gratificante.
A Milano, abbiamo un vero campus, dove i migliori docenti universitari ci formano su argomenti che riguardano la nostra professione.
L’ultimo corso al quale ho partecipato è stato di Public Speaking tenuto da un attore teatrale che ci ha insegnato a relazionarci con il pubblico.
Come avrete capito, il mio lavoro è fatto di relazioni, la cosa più bella è conoscere le persone e aiutarle a realizzare i propri sogni e progetti.

Daniela Carbini: insegnante, traduttrice e interprete

libri aperti e matite

Gli scrittori sono un po’ come gli investigatori: attenti ai dettagli e a ciò che succede attorno a loro.
In un certo modo, chi scrive si intrufola nella vita degli altri e molti scrittori ammettono di aver attinto per creare i loro personaggi e costruire delle storie dal generoso magazzino della vita.
Perciò, ho deciso di inaugurare una serie di interviste, una nuova rubrica in questo calderone di notizie, pensieri e riflessioni che ruotano attorno alla scrittura e alla cultura in genere.
Al momento, ho deciso di investigare nel giro stretto dei miei amici e conoscenti, e mi riservo di includere in futuro altre persone interessanti con cui entrerò in contatto in qualche modo.
Il mio è un progetto ambizioso e non so se riuscirò nel mio intento; vorrei poter mostrare lo scopo più profondo di chi scrive: l’unicità di ogni essere umano e di ogni storia.
Del resto, molte persone che si incontrano casualmente ogni giorno possono essere potenziali personaggi per un nuovo libro.
Io ho voluto, a modo mio, dar voce a queste persone comuni, ma per me speciali, che affrontano come tutti noi, difficoltà e scelte impegnative ogni giorno.

Daniela, come e perché hai iniziato a studiare per diventare una traduttrice e interprete?
Io ho sempre avuto una grande passione per le lingue e in particolare, mi è sempre piaciuto parlare in una lingua straniera, per cui ho intrapreso un percorso di studi che mi consentisse di padroneggiare appieno lingue diverse dalla mia.

Qual è secondo te la cosa più importante per un buon traduttore e interprete?
Eccellenti conoscenze in settori specifici, la capacità di distinguere contesti, tradurre e interpretare frasi e discorsi in modo chiaro, al fine di rispecchiare, il più possibile, il significato originale.

Perché è importante studiare una lingua straniera?
Io penso che conoscere una lingua straniera ci dia la possibilità di scoprire qualcosa di nuovo che riguarda un’altra cultura e un altro modo di pensare. Inoltre, padroneggiare una lingua straniera ci aiuta a metterci in contatto con altre persone.

Quali sono i valori che cerchi di trasmettere come docente?
Per me, la modestia e l’impegno costante sono essenziali e bisogna sempre pensare che ogni volta che si fa una traduzione o un lavoro di interpretariato si è di fronte a qualcosa di nuovo.

Quali sono le tue aspirazioni future?
Vorrei continuare a lavorare nei settori in cui sto lavorando adesso: traduzioni e interpretariato, e avere sempre nuove possibilità per migliorare le mie capacità.