Viaggio tra le emozioni: la paura

Viaggio tra le emozioni la paura

La paura è un’emozione che come esseri umani abbiamo provato tutti. Inoltre, da brava lettrice e scrittrice di gialli, ho pensato potesse essere interessante scoprire alcune cose che riguardano la paura, non solo per viverla e affrontarla nel futuro con maggiore consapevolezza, ma anche per capire un po’ come funziona e perché la proviamo.

La nuova versione del film “Dune”, uscito da poco nelle sale cinematografiche, mi ha riportato alla mente un brano sulla paura che mi aveva molto colpito, quando avevo affrontato la lettura del libro di Frank Herbert, cui la pellicola cinematografica si ispira.
Ero rimasta talmente affascinata da quella sorta di mantra pronunciato dal protagonista in un momento particolarmente angoscioso della sua storia da mandarlo persino a memoria, per portarlo sempre con me, come una sorta di talismano. Ve lo propongo di seguito.

Non devo avere paura. La paura uccide la mente. La paura è la piccola morte che porta con sé l’annullamento totale.
Guarderò in faccia la mia paura. Permetterò che mi calpesti e mi attraversi. E quando sarà passata, aprirò il mio occhio interiore e ne scruterò il percorso. Là dove andrà la paura non ci sarà più nulla. Soltanto io ci sarò
” (Frank P. Herbert, “Dune”).

Herbert secondo me fa centro definendo questa emozione come una “piccola morte” e dai concetti che solleva il suo testo sono passata a fare ricerche, per esaminare più a fondo l’emozione della paura, per capire quanto c’è di vero nelle sue parole, oltre alle mie sensazioni che aderiscono perfettamente a ogni considerazione che della paura fa il protagonista di Dune.

La paura è un’emozione primaria che non appartiene solo al genere umano ma, come possiamo facilmente constatare, anche al genere animale.
È un’emozione di difesa, una reazione a una situazione di pericolo: reale; possibile nel futuro; legata a un ricordo; immaginaria.
Spesso, questa emozione scatena anche reazioni organiche, in quanto il corpo si prepara ad affrontare la situazione di emergenza, adottando comunemente due tipi di atteggiamento: lotta e fuga.

La paura è governata dall’istinto e mira a farci sopravvivere a un possibile pericolo che può mettere a rischio la nostra vita. Avvertiamo fisicamente tale emozione, quando constatiamo un’accelerazione del battito cardiaco e delle funzioni fisiologiche difensive.
Essa produce una serie di spiacevoli sensazioni che tutti abbiamo provato almeno una volta, come: aumento dell’ansia; difficoltà di applicazione intellettiva; fuga; sudorazione; protezione del proprio corpo; calo della temperatura corporea; aumento dell’adrenalina.

La paura può anche causare modifiche del comportamento di tipo permanente, in tal caso si parla di sindromi ansiose. Questo avviene quando tale emozione non si origina più dalla percezione di un reale pericolo, ma dal timore che ci si possa trovare in situazioni, in apparenza normali, ma che invece l’individuo vive con profondo disagio. Quando si verificano tali situazioni, la paura non riveste più il suo ruolo di funzione primaria, volta a garantire la sopravvivenza, ma si tramuta in espressione di uno stato mentale.

È un’emozione che può anche essere appresa ad esempio, nei confronti di oggetti o contesti, in tal caso, negli animali, è definita: paura condizionata.

La paura possiede, in base a chi la prova, anche notevoli differenze di intensità. Il soggetto può spaziare dal timore all’ansietà, raggiungendo anche livelli emozionali molto intensi dal panico sino al terrore.
Il timore è la versione meno intensa della paura ed è causato solitamente da una situazione che promette di farci sperimentare piacere e al contempo dolore.
L’ansia, invece, vede il piacere contrapporsi a parimerito con la minaccia del dolore. Ciò provoca conflitto e tensione in chi la sperimenta, mentre si attende che dei nuovi accadimenti ci mostrino quale piega prenderanno gli eventi.
La paura è poi massima quando entriamo nel panico e contempliamo idee di morte. In questo particolare stato emozionale, il soggetto vive una grande tensione emotiva; è terrorizzato e non è capace di organizzare né il pensiero né l’azione.
Il terrore supera il panico in intensità e in tali situazioni si avverte fortemente l’impulso alla fuga, in questo caso attuata verso l’interno di sé.

Nei bambini la paura è un’emozione più frequente, ed è legata al fatto che il mondo è ancora un luogo in gran parte ignoto e spesso è dovuta all’incapacità dei bambini di distinguere le paure che vengono dall’esterno da quelle generate dalla loro interiorità.

Dopo questo breve excursus sulla paura, concludo dicendo che questa emozione non è forse tra le più apprezzate eppure ci sono moltissimi fruitori di film e libri che giocano sulla paura.
Direi che il numero di persone che affollano le sale dei cinema, per vedere un film horror e il significativo numero di lettori di thriller, dovrebbe far riflettere e spingere a conoscere meglio questa emozione che andrebbe approfondita e studiata con molta attenzione, per poterne valutare tutti gli aspetti e tutte le sfumature.

Codice 206: I casi del commissario Nick Raisi

In “Codice 206”, il commissario Nick Raisi si troverà coinvolto in un cold case. A trascinarlo dentro le indagini saranno i misteriosi messaggi lasciati da “Ala”, un writer che ha fatto della sua arte un’arma al servizio della giustizia.

Dopo “Rime Mortali“, torna con “Codice 206”, il personaggio di Nick Raisi, un tipo davvero singolare a cominciare dalle sue passioni: l’hip hop e i dolci. Il commissario romano odia la neve e la montagna, ma a causa di un’indagine scabrosa si ritrova catapultato, suo malgrado, dalla sua amata Roma a Brunico, in Alto Adige. Il suo arrivo ha portato diversi cambiamenti in città, soprattutto nel modo di condurre le indagini.

Chi lotta con i mostri deve guardarsi di non diventare, così facendo, un mostro. E se tu scruterai a lungo in un abisso, anche l’abisso scruterà dentro di te.” (Friedrich Nietzsche)

Nick Raisi è insolito, a volte divertente.
Conduce le indagini con una patina d’ironia e riesce sempre a fiutare la pista giusta che conduce alla verità.
Stavolta il commissario romano, trasferito a Brunico, deve indagare su un uomo scomparso anni prima, che i suoi concittadini credevano morto per un incidente in montagna.
Ad aiutarlo ci sarà un misterioso writer che si firma “ALA” e che lo sfiderà a risolvere i suoi rebus tappezzati per la città.
Raisi con l’aiuto della sua squadra e le felici intuizioni della sua ragazza, Larissa Meier, darà una luce completamente diversa al caso dell’uomo scomparso che dietro una impeccabile facciata nascondeva un terribile segreto.
Il commissario dovrà muoversi tra omertà e coni d’ombra, fino a svelare la vera natura della vittima e l’identità del suo assassino.

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Agatha Christie, regina del giallo, e l’infallibile detective, Hercule Poirot

Agatha Christie regina del giallo e l'infallibile detective Hercule Poirot

Il 12 gennaio ricorre l’anniversario della morte di Agatha Mary Clarissa Christie (Torquay, 15 settembre 1890 – Winterbrook, 12 gennaio 1976), una delle più famose e prolifiche scrittrici del XX secolo.
Per misurare la sua notorietà, basta dire che, subito dopo Shakespeare, è la scrittrice inglese più tradotta.
I personaggi più celebri dei suoi gialli: Hercule Poirot e Miss Marple sono famosi in tutto il mondo.

Agatha Christie è nota soprattutto per i suoi intricati e geniali racconti e romanzi gialli, ma in effetti, è stata anche autrice di diverse opere teatrali e di alcuni romanzi rosa che firmò con lo pseudonimo di Mary Westmacott.
I suoi gialli sono diventati così famosi per diversi motivi, tra questi, la fortuna che hanno incontrato due dei suoi personaggi più riusciti: Hercule Poirot e Miss Marple. I due diversissimi detective, accomunati però da un eccezionale acume, hanno fatto il giro del mondo e tuttora, le opere che li vedono protagonisti sono oggetto di nuove edizioni a stampa e di diversi adattamenti per il cinema e per la TV.

La Christie aveva sempre avuto una spiccata passione per i romanzi polizieschi. Dopo aver letto tutto quello c’era a disposizione alla sua epoca su quel genere, in particolare, Wilkie Collins e Sir Arthur Conan Doyle, scrisse il suo primo romanzo poliziesco, “Poirot a Styles Court”. In questo primo giallo, la Christie ci presenta per la prima volta l’ex ufficiale di polizia belga, destinato a diventare uno dei detective più famosi a livello mondiale: Hercule Poirot, la cui notorietà è paragonabile solo a quella di Sherlock Holmes.

Nel 1916, quando il primo romanzo dell’eccezionale detective vede la luce, l’Europa era in guerra, già da due anni, e la Christie lavorava come infermiera volontaria; il suo compito principale era quello di gestire il dispensario dell’ospedale, dove era possibile reperire medicinali ma anche veleni letali.

Secondo l’autobiografia della scrittrice, il suo romanzo nacque in seguito a una sfida, lanciata da sua sorella: “scommetto che non sei capace di scrivere un bel romanzo poliziesco”.
La Christie accettò la sfida e trovò ben presto l’ispirazione per dare vita a una storia avvincente.
Dal suo lavoro trasse l’idea in merito all’arma del delitto: un veleno, mentre Torquay, località del Devon, sulla costa meridionale dell’Inghilterra, le fornì, anche se indirettamente, le indicazioni per il suo detective. Nel 1916, nella città natale della scrittrice, passavano molti belgi in fuga dal loro Paese, qualcuno di loro, o forse proprio uno in particolare, magari con dei baffi curiosi e ben curati, accese la sua fantasia e divenne l’ex poliziotto belga che con le sue brillanti “celluline grigie” risolverà crimini intricati.

Hercule Poirot non colpisce per la sua imponenza: è un uomo di bassa statura, grassoccio e leggermente claudicante, nonostante ciò, il suo portamento è eretto e dignitoso, e conserva l’aspetto del militare con i suoi baffetti rigidi e sottili, dei quali si prende molta cura.
Ha una testa di forma ovale che ricorda un uovo e di solito, la tiene inclinata verso destra. Ha ancora molti capelli e si distingue per il suo abbigliamento sempre preciso e perfetto. Inoltre, Poirot ama il cibo, ma solo quello di qualità e preparato con cura.

L’atteggiamento di Poirot è tendenzialmente flemmatico; è riflessivo ed estremamente preciso, non gli sfugge nulla, neppure il più trascurabile dettaglio, e grazie al suo fiuto straordinario e ai suoi accurati metodi di indagine, alla fine, anche il colpevole più scaltro finisce nelle mani della giustizia.
Inoltre, è presentato come un uomo molto sicuro di sé e delle sue capacità investigative.
Sappiamo anche che abita in un appartamento al 56B Whitehaven Mansions, Charterhouse Square, Smithfield, London W1, che ha scelto per la sua simmetria.
Agatha Christie, però, non ci dà alcuna indicazione della famiglia d’origine del suo famoso detective; scopriamo solo, in un altro dei suoi romanzi, che la sua nonna paterna si chiamava Marie.

In “Doppia colpa”, è Poirot stesso che ci informa della sua storia pregressa.
Come già accennato, veniamo a sapere che, sino allo scoppio della Grande Guerra, era capo della polizia di Bruxelles. Del suo periodo belga, veniamo a sapere che risolse un caso di omicidio: un ricco produttore di sapone, aveva ucciso la moglie per sposare la sua segretaria.
Inoltre, dalle parole dell’ispettore Japp, scopriamo che nel 1904, i due hanno già lavorato insieme, a Bruxelles, al caso Abercrombie.

Una volta lasciata la polizia belga e la sua stessa patria, Poirot giunse in Inghilterra come rifugiato, e qui iniziò la sua brillante carriera di investigatore privato. Il suo primo caso inglese gli conferirà una certa notorietà, lo risolverà insieme al suo più fidato amico, il capitano Arthur Hastings, dopo che i due amici ripresero i contatti il 16 luglio del 1916.

Durante la prima e la seconda guerra mondiale, Poirot viaggia in Europa e in Medio Oriente, sempre impegnato a indagare su crimini e omicidi.
Solo in pochi casi, l’eccezionale investigatore consente ai criminali di sottrarsi alla giustizia, ciò accade con la contessa Vera Rossakoff, una ladra di gioielli, della quale Poirot si è innamorato.
Non sarà però mai magnanimo nei confronti degli assassini, l’unico caso di omicidio che lo costringerà a insabbiare tutto è “Assassinio sull’Orient Express”, ma è la situazione stessa che in un certo qual senso lo obbliga a farlo.

Al termine della sua carriera, Poirot passa gran parte del suo tempo libero a riflettere su casi irrisolti dalla polizia, a leggere racconti polizieschi e a scrivere un libro.
Per quanto riguarda la sua morte, il famoso detective uscirà di scena alla fine del romanzo il “Sipario”, a causa di complicazioni cardiovascolari.
Prima di morire, Poirot commette un omicidio: uccide un serial killer; il senso di colpa, unito all’età avanzata e alla salute precaria, lo condurranno alla morte.
Le ultime parole pronunciate da Poirot “Cher ami!” sono per il suo amico di sempre, il capitano Hastings. Verrà sepolto a Styles Court e il cerchio così si chiuderà, perché è proprio qui che tutto aveva avuto inizio; il funerale sarà organizzato da Hastings.

Poirot appare come protagonista in ben 33 romanzi e in 5 antologie di racconti. Inoltre, lo troviamo anche in alcune raccolte di racconti, insieme con altri personaggi.
La Christie fu un’autrice molto prolifica, ma il suo primo poliziesco richiese ben quattro anni di lavoro. In questo periodo la scrittrice pensò spesso di abbandonare tutto, ma alla fine, “Poirot a Styles Court” sarà dato alle stampe, il 1° gennaio 1920, quando l’autrice, dopo aver apportato al testo le modifiche suggerite dall’editore, firmerà con John Lane il suo primo contratto.

Agatha Christie ebbe un successo immediato. Della sua prima storia poliziesca, i lettori gradirono la chiarezza espositiva e lo stile narrativo fluido. Inoltre, la scrittrice aveva una capacità descrittiva notevole che si riscontra nel tratteggio essenziale ma efficace dei personaggi.
Il finale del suo primo romanzo, consumato in una location informale: un elegante salotto, diverrà l’apprezzata cifra distintiva di molti altri finali della Christie, come: “l’Assassinio di Roger Ackroid”, “Il pericolo senza nome”, “Tragedia in tre atti”, “Delitto in cielo”, “La serie infernale”, “Il ritratto di Elsa Greer” e molti altri ancora.

Questo esordio poliziesco di Agatha Christie contiene tutti gli elementi che saranno presenti in gran parte dei suoi romanzi, anche quelli in cui Poirot non sarà presente.
La Christie sceglie ambientazioni casalinghe, dove si trovano diverse persone, legate fra loro da relazioni conflittuali, al punto da rendere chiunque un possibile omicida.
Lo schema della scrittrice è semplice ma ben congegnato: avviene un omicidio, ci sono più sospettati che nascondono segreti, questi sono svelati dal detective nel corso della storia, e solo verso la fine, sono rivelati quelli più sensazionali.

La Christie non esclude nessun possibile colpevole nelle sue storie: narratori, bambini, poliziotti, soggetti già deceduti, i sospettati in toto (“Assassinio sull’Orient Express”).
Le ambientazioni predilette dalla scrittrice sono di tipo casalingo e il finale è un vero colpo di genio: il detective riunisce i sospettati in una stanza e li coinvolge nel suo ragionamento deduttivo, durante il quale svela il colpevole. Ci sono davvero poche eccezioni a questo schema ma anche in questi casi, la scrittrice non delude mai i suoi lettori.

Per quanto riguarda il personaggio di Poirot, la Christie si stancò di lui, proprio come Sir Arthur Conan Doyle finì per odiare Sherlock Holmes.
La scrittrice, alla fine degli anni trenta, scrisse nel suo diario che riteneva Poirot “insopportabile”, mentre negli anni sessanta disse che era “un cagnaccio egocentrico”. Ma la Christie resistette alla tentazione di eliminare il suo detective, mentre era ancora popolare, a differenza di Conan Doyle.

La scrittrice non scrisse mai un romanzo o una storia breve, dove Poirot e Miss Marple si trovano a indagare insieme. In una registrazione, pubblicata nel 2008, la Christie ne rivelò la ragione: “Hercule Poirot, un egoista completo, non vorrebbe che gli venissero insegnati i suoi affari o avere suggerimenti da un’anziana signora zitella. Hercule Poirot – un investigatore professionista – non sarebbe affatto a casa nel mondo di Miss Marple“.

Hercule Poirot è l’unico personaggio di finzione che fu commemorato con un necrologio sul New York Times: dopo la pubblicazione di “Sipario”, apparve un articolo sulla prima pagina del giornale, il 6 agosto 1975.

Uso scrupoloso delle parole per aiutare il lettore a visualizzare una scena

uso delle parole

Fondamentale per una lettura coinvolgente è riuscire a scrivere in modo che il lettore possa visualizzare la scena che state descrivendo.

I termini da usare vanno scelti con grande oculatezza, in particolare i verbi che sono il propellente dell’azione.
Se utilizzate le parole giuste, con poche frasi ben delineate e una serie di verbi trascinanti, potrete costruire una scena che possiederà grande chiarezza e consentirà ai vostri lettori di entrare nella storia e farne in qualche modo parte.

Ad esempio, una frase semplice, tratta da “Le molliche del commissario” di Carlo F. De Filippis:
Il commissario spense la sigaretta, infilò la giacca e si alzò“.
Questa frase contiene nella sua brevità una scena perfettamente costruita e facilmente immaginabile dal lettore.
Si riesce a vedere il commissario che compie le tre azioni descritte; i verbi danno ritmo alla frase che è composta da tre segmenti che segnalano i tre gesti dell’uomo.

Nei gialli, in particolare, dove spesso le descrizioni sono usate ai minimi termini, è importante tracciare con rapidità una scena o i tratti caratteristici di un personaggio; è importante non far “soffrire” l’azione né farla stagnare, per questo, spesso, nei romanzi gialli compaiono frasi scarne ed efficaci e verbi incalzanti.

Il Latinista: una nuova indagine per il commissario Lambert

Cover Il Latinista

Il commissario Lambert è alle prese con una nuova complicata indagine.

Parigi. In una ex casa di cura abbandonata viene ritrovato il corpo di uno sconosciuto ucciso a pugnalate.
Una scritta in latino campeggia su una parete della scena del crimine: è un motto, usato da Cesare Borgia e da molti altri prima di lui.
L’assassino non ha lasciato altre tracce dietro di sé, neppure l’arma del delitto, e la frase misteriosa sarà il punto di partenza e il filo conduttore di uno strano gioco di rimandi con cui il commissario Lambert e i suoi collaboratori dovranno fare i conti.
Mentre il Latinista, questo il nome che si è guadagnato l’assassino, continua a uccidere, il commissario e i suoi consulenti vedranno spiazzate le loro supposizioni e per risolvere il caso dovranno seguire l’istinto più che le prove…

Sullo sfondo di una Parigi accennata, eppure presente, A.J. Evans, al suo quinto appuntamento con il giallo, ci conduce attraverso inquietanti scene del crimine all’inseguimento di un spietato assassino.
Supposizioni, dubbi, una scritta misteriosa e tracce di un passato che sembra esigere vendetta, mettono  a dura prova la perspicacia e l’intuizione del commissario Lambert e dei suoi capaci collaboratori che faranno di tutto per assicurare il colpevole alla giustizia.

Personaggi in cerca di autore o Autore in cerca di personaggi?

Principe ranocchioPersonaggi e autore hanno un rapporto complicato che non si limita alla penna e al foglio di carta. I personaggi di un libro sono per il suo autore degli amici, dei compagni di viaggio e spesso i rapporti con loro non sono semplici.

In realtà, lo scrittore intraprende con i suoi personaggi delle vere relazioni, a volte di amicizia, a volte di amore e odio.

Quando alcuni autori sostenevano di litigare a volte con i loro personaggi o di essere costretti a determinate scelte per “soddisfarli”, non volevo crederci.
Continuando a scrivere, devo riconoscere che ho dovuto ricredermi, e non poco…

Negli ultimi racconti “gialli” scritti, ho affrontato situazioni simili: un personaggio a cui pensavo di assegnare un ruolo secondario, per fare risaltare un altro del quale credevo di avere in testa una perfetta caratterizzazione, sorprendentemente si è preso a forza una quantità di spazio che io non avevo immaginato in alcun modo di dargli.
Con rassegnazione, ho dovuto lasciarlo fare.

Il suo carattere si è definito a mano a mano che procedevo con la scrittura e, di storia in storia, la sua particolare personalità ha finito per lasciare in ombra il personaggio a cui avevo destinato un ruolo di primo piano.

La conferma di questa inversione di piani e parti rispetto a quanto avevo preventivato mi è giunta dalla recensione di un lettore che nell’occasione aveva trovato il personaggio che doveva essere, nei miei intenti, “secondario”: “più riuscito e interessante”.

Nell’ultimo racconto che sto ultimando, devo contrastare la veemenza di un altro similare personaggio che, nonostante i miei tentativi di soffocarne le ambizioni, di fatto mantiene in una certa subalternità tutti gli altri. Osservo con una certa preoccupazione che sono sempre più numerosi i personaggi che riescono ad imporsi, presentandosi con arroganza sulla scena, e mi impongono una revisione nella pianificazione degli eventi e intrecci, tanto da cambiare la storia che avevo in testa.

Perciò, mi sono chiesta se in effetti non siano i personaggi a cercarci, mettendo a disposizione le loro vite, piuttosto che noi scrittori a crearli, illudendoci di aver inventato un personaggio e la sua storia.
Non mi stupirei, a questo punto, che un ranocchio diventasse un principe o viceversa…

Sophie: la ragazza con la pistola

pistola e sophieSophie è la ragazza di Adrien, l’assistente di Edmond A. Picard, il criminologo ex professore, che indaga, collaborando con la polizia di Parigi.

Sophie è un’esperta informatica che si renderà subito utile nelle indagini, apportando il suo contributo tecnologico. La ragazza entra in scena sin dal primo episodio dei casi del professore (“Presagio mortale“).

In “Morte a tempo di swing“, Sophie vedrà svelato un suo segreto, legato al passato…

3° appuntamento con il “professore”: Il Requiem dell’assassino

Cover Il Requiem dell assassinoUn omicida spietato uccide le sue vittime con un preciso e netto taglio alla gola.

La sua firma è un singolare requiem dedicato alla vittima.

Edmond, Adrien e Lambert si destreggiano tra interrogatori e supposizioni sullo sfondo del Teatro dell’Opéra cui tutto riconduce, all’inseguimento di un assassino che colpisce rapido e inafferrabile, per poi sparire come un fantasma nella notte.

Un altro caso si profila all’orizzonte: una morte sospetta durante una lezione in palestra, mentre il caso della Phénix giunge a una svolta.

Presagio mortale #1

Morte a tempo di swing #2

Il Requiem dell’assassino #3

Presagio Mortale: il palazzo in Rue de Crimée

Casa Picard in Rue de Crimee

La casa era situata a nord-est di Parigi, nel XIX arrondissement, in Rue de Crimée, vicino al Parc des Buttes Chaumont.

Il suo aspetto era curioso e spettacolare, proprio come il suo proprietario, Edmond Augustine Picard, criminologo, esperto d’arte e scaltro conoscitore dell’animo umano, noto a tutti come ‘il professore’.
Si era guadagnato quel soprannome per le sue vaste conoscenze e perché insegnare era stata una delle sue prime occupazioni.

[…]

La casa dei Picard si ergeva da due basamenti di pietra assediati dal muschio e da vegetazione rampicante; sulla facciata principale e su quelle laterali gli spigoli presentavano una decorazione a righe rosso cupo e avorio.

Il portone principale era sormontato da un’ampia vetrata che si affacciava su un balconcino di pietra. Le finestre su ogni lato dell’edificio erano strette, terminavano in archi a tutto sesto con pennacchi al centro ed erano circondate da cornici a righe, identiche a quelle sugli spigoli della costruzione.

Il fondo della facciata era color terra di Siena naturale, di un’intensità tale da far risaltare tutto il resto.
Il tetto era maestoso, al centro di ogni falda c’erano finestre incastonate tra medaglioni decorativi; i camini dalle forme appuntite sfidavano il cielo insieme a guglie ben assortite.

La forma generale della casa era simile a un panettone squadrato e il tetto con le sue forme morbide ed eleganti assomigliava a un’elaborata glassatura.

(A. J. Evans Presagio mortale)

Il mistero si sposta a New York

New York skyline schizzoNew York questo lo scenario per il prossimo appuntamento giallo con Karly Daniels.

Avventurandovi tra le pagine di “Morte a New York“, conoscerete Dave Russell, agente dell’FBI dagli occhi di ghiaccio.

Intuitivo e molto abile nel suo lavoro, mantiene una superficiale freddezza di fronte ai casi che segue, ma in realtà è molto più coinvolto di quanto voglia ammettere.

I suoi rapporti con gli altri sono difficili a causa del suo carattere scontroso e della sua tendenza antisociale, soprattutto, i suoi conflitti si accentuano quando ha a che fare con una certa dottoressa…