Il termine emozione viene dal francese “émotion“, derivato di émouvoir “mettere in movimento”.
Mi piace l’idea che la parola emozione contenga in sé l’idea del “movimento”.
In effetti, un’emozione crea indubbiamente un movimento che a volte procede dall’esterno (dopo un particolare avvenimento) per poi raggiungere l’interno di una persona. In altri casi, il movimento parte da dentro e si propaga fuori.
L’emozione produce un’energia, in certi casi positiva, in altri negativa: comunque produce un cambiamento.
Ritengo che i libri siano in grado di provocare un’infinità di emozioni diverse, quello è il loro scopo, come l’arte in genere, dalla pittura, alla musica, al teatro.
Una produzione artistica deve coinvolgere, rendere partecipe il lettore, l’ascoltatore o lo spettatore, suscitando una reazione: un’emozione, appunto, che possa collegare l’artista al fruitore.
In altre parole, una creazione artistica aspira a costruire dei ponti virtuali tra “il creatore” e un pubblico, attraverso i quali si può viaggiare avanti e indietro, in un gioco di rimandi e di emozioni infinite.
Ognuno percepisce la creazione artistica in modo diverso, assorbendola e filtrandola sulla base delle sue esperienze e conoscenze, ma l’importante è che ci sia uno scambio.