Oggi, 25 febbraio, ricorre l’anniversario della nascita di Carlo Goldoni. Il commediografo veneziano ha lasciato un’impronta tangibile nel mondo teatrale e per farlo, a sentire lui, non ha dovuto far altro che non scostarsi mai dalla natura.
Carlo Osvaldo Goldoni (Venezia, 25 febbraio 1707 – Parigi, 6 febbraio 1793), ritenuto uno dei padri della commedia moderna, è stato commediografo, appunto, scrittore, librettista e avvocato italiano.
Le sue origini sono borghesi.
Nato a Venezia, ancora giovane si trasferì con la famiglia a Perugia, dove studiò dapprima, con un precettore, poi in un collegio gesuitico. Trasferitosi ancora, stavolta a Rimini proseguì gli studi presso un istituto gestito dai domenicani.
Nel 1721, torna a Venezia con la madre e qui inizia il praticantato presso lo studio legale dello zio.
Nel 1723, è a Pavia, dove prosegue gli studi presso l’Università della città. Successivamente, andrà a Udine e poi a Vipacco, insieme al padre che esercita come medico presso il conte Francesco Antonio Lantieri.
Negli anni successivi, Goldoni continuò a spostarsi, riprendendo ancora gli studi continuamente interrotti.
Nel 1729, è a Feltre e già da qualche tempo ha iniziato a dedicarsi alla scrittura di opere teatrali: intermezzi comici per lo più, che già rivelano appieno la sua passione per il teatro.
Nel 1731, morì suo padre e Goldoni tornò a Venezia, qui, finalmente terminò i suoi studi a Padova e iniziò la sua carriera forense.
È del 1734 un incarico per il teatro San Samuele, Goldoni deve scrivere dei testi, così nascono le prime tragicommedie: “Belisario” (1734); “Don Giovanni Tenorio” (1735); “Giustino” (1738).
In questo stesso periodo, Goldoni si spostò a Genova, seguendo la compagnia teatrale per cui lavorava, e qui conobbe Nicoletta Conio che poi sposò e con lei tornò a Venezia.
La prima commedia di Goldoni è del 1738, il “Momolo cortesan” che presenta un’unica parte completamente scritta, quella del protagonista. Tra il 1742 e il 1743 scrisse invece la prima commedia con tutte le parti scritte: “La donna di garbo”.
Tra fughe per debiti, viaggi, esperienze teatrali e mestiere dell’avvocatura, Goldoni affronta diverse vicissitudini, prima di approdare di nuovo al teatro, con un’altra compagnia e un nuovo capocomico: Girolamo Medebach (1706-1790; attore teatrale).
La nuova compagnia recitava a Venezia al teatro Sant’Angelo.
Le commedie che l’autore veneziano scrive tra il 1748 e il 1753 si allontanano dai modelli della commedia dell’arte e iniziano a rivelare i principi di una “riforma” del teatro.
In questo periodo scrive: “L’uomo prudente”, “La vedova scaltra”, “La putta onorata”, e altro ancora.
Nel 1750 altro tour de force del nostro commediografo che riuscì a scrivere sedici commedie in un solo anno, tra queste ricordiamo: “Il teatro comico” (manifesto della sua riforma teatrale); “La bottega del caffè”, “Il bugiardo”, “Il poeta fanatico”, “La finta ammalata”, “I pettegolezzi delle donne”.
Sempre per la compagnia del Medebach, Goldoni produsse altri testi fino a giungere a “La locandiera” e a “Le donne curiose”.
Nel 1753, Goldoni ruppe i suoi rapporti con la compagnia del Medebach e firmò un nuovo contratto con il teatro San Luca.
Furono anni difficili per l’autore che dovette affrontare la sfida di un edificio teatrale molto più grande e attori che non conoscevano il suo stile, lontano dai modelli della commedia dell’arte.
In questo periodo fu particolarmente apprezzata la “Trilogia persiana” e diverse commedie, tra le quali primeggia il capolavoro “Il campiello”.
Nel 1761, il commediografo ricevette un invito per recarsi nella capitale francese a prendersi cura della Comédie Italienne.
Prima della partenza, Goldoni regalò al Teatro San Luca un’ultima vivace stagione, producendo diverse opere teatrali: “La trilogia della villeggiatura”, “Sior Todero brontolon”, “Le baruffe chiozzotte”, “Una delle ultime sere di carnovale”.
A Parigi dal 1762, Goldoni ebbe il suo daffare per far valere la Commedia Italiana e qui riprese la sua battaglia per la riforma del teatro.
Quando giunse, la rivoluzione francese sconvolse la sua vita e nel 1793, il 6 febbraio, morì in miseria alla soglia degli 86 anni.
Goldoni scrisse avendo sempre ben presente precise contingenze: occasioni specifiche; necessità degli attori, dei teatri e delle compagnie.
Tutta la sua opera è un’interrotta serie di situazioni; giocata su un parlare quotidiano e volta a rappresentare in modo attento il reale.
Inoltre, Goldoni passava sovente dall’italiano al veneziano e viceversa, lasciando spazio ai vari usi sociali del linguaggio, consentendogli così di aderire alle situazioni più svariate in cui erano calati i personaggi.
Il veneziano adottato dall’autore era quello del mondo borghese, e il dialetto, quando lo utilizzava, non era uno strumento di gioco, bensì un linguaggio concreto e indipendente che si differenziava in base alle diverse classi sociali dei personaggi che ne facevano uso.
Goldoni nella sua riforma pose come elemento fondamentale: il richiamo alla natura, in un confronto costante con la realtà quotidiana.
Il commediografo ostentava nella sua opera un illuminismo popolare che si opponeva a qualsiasi forma di ipocrisia e al contempo dava rilevanza alla classe sociale dei piccoli borghesi.
Goldoni mirava a rappresentare un mondo razionale pacifico, dove esistevano le gerarchie sociali e ognuno aveva un ruolo ben preciso: dalla nobiltà alla borghesia sino al popolo.
Il commediografo rivolse la sua attenzione ai vizi – per colpirli, aspirando al contempo a correggerli – contrapposti alle virtù.
Nelle sue opere c’era sempre una precisa morale e i caratteri avevano uno scopo pedagogico.
Il suo teatro faceva riferimento alla vita quotidiana e racchiudeva tutta la vita della Venezia e dell’Italia del suo tempo.
Facendo riferimento alle classi sociali, Goldoni diede ai borghesi il ruolo centrale, mentre i nobili si rivelavano senza valori. I servi, dal canto loro, facevano ancora riferimento alla commedia dell’arte, erano trattati con maggiore schematicità e risaltavano per la loro intelligenza. Negli ultimi anni a Venezia, l’autore garantì loro un maggiore respiro e attraverso essi avanzò critiche alla ragione borghese dei loro padroni.
Un elemento fondamentale del mondo per Goldoni era l’amore: un sentimento spesso affermato sulla scena dai giovani e costretto a sottostare alle regole sociali e familiari e che doveva anche tenere conto dell’onore e della reputazione.
Per riassumere nel complesso l’avventura teatrale di Goldoni e per definire lo scopo e il modo in cui fu attuata la sua riforma teatrale possiamo appoggiarci alle sue affermazioni: “Sebben non ho trascurata la lettura de’ più venerabili e celebri Autori, da’ quali, come da ottimi Maestri, non possono trarsi che utilissimi documenti ed esempli: contuttociò i due libri su’ quali ho più meditato, e di cui non mi pentirò mai di essermi servito, furono il Mondo e il Teatro”.
In Copertina: Canaletto, “Piazza San Marco” (1723 ca., Madrid, Museo Thyssen-Bornemisza)