Mentre si viaggia i pensieri corrono. Non è facile registrare lo stormo di idee che si muovono nella testa, mentre un treno sferraglia. La mente si riempie di sensazioni, di ricordi, di emozioni e, invariabilmente, di considerazioni, quasi filosofiche, che sembrano trovare terreno fertile nel viaggio, nello scorrere rapido dei paesaggi che altro ancora richiamano e altre idee e altre parole creano…
Sono di nuovo sul treno per Milano e la vita mi sembra correre come questo vagone tra l’azzurro del mare e i tetti delle case.
Tutto sembra sfuggire, come i particolari che non riesco a decifrare al di là del finestrino.
Perdiamo sempre qualcosa: i personaggi dei libri che muoiono – sì, muoiono anche loro -; certe abitudini che abbiamo ormai rinserrato nelle nostre giornate, nei mesi trascorsi, negli anni passati.
Bisogna cedere all’evidenza del cambiamento, della mutazione per la mutazione; del moltiplicarsi dei segni nuovi; dell’affacciarsi di cose nuove dentro cose vecchie, come albe e tramonti che ci danno l’illusione che tutto resti uguale, mentre niente è lo stesso, perché se il mondo e le cose che abbiamo attorno non cambiassero, siamo noi, inevitabilmente, a cambiare.
I giapponesi che, sicuramente, sui cambiamenti hanno riflettuto più di noi, hanno addirittura un termine ad hoc, per un specifico tipo di cambiamento: Kaizen (composto da KAI: cambiamento, miglioramento e ZEN: buono, migliore) che significa cambiare in meglio, miglioramento continuo.
Questa parola è stata coniata, nel 1986, da Masaaki Imai (Tokyo, 31 agosto 1930, economista giapponese, consulente sulla gestione della qualità), per illustrare la filosofia di business che sosteneva i successi dell’industria nipponica negli anni Ottanta.