Gli scrivani non erano dei semplici esecutori senza fantasia, tutt’altro. Il loro mestiere richiedeva una notevole creatività sia quando si trattava di copiare un testo sia quando si dovevano emendare gli errori.
Gli scrivani dovevano avere un’abilità camaleontica in fatto di scrittura. Essere in grado di destreggiarsi da uno stile a un altro, mantenendo una bella grafia a qualsiasi testo stessero lavorando.
Nonostante possedessero notevoli capacità, gli scrivani, anche i più dotati, potevano incorrere in errori. Per questo, le botteghe si premunivano, rivolgendosi a correttori che individuavano gli errori, li segnavano a margine e li corredavano delle correzioni necessarie.
Gli scrivani emendavano gli errori a seconda della gravità:
- un errore semplice poteva essere risolto con una semplice grattatura della pergamena e poi con una riscrittura sopra la parte cancellata;
- una parola mancante era inclusa a margine e un dito, opportunamente disegnato, indicava il punto del testo in cui andava posizionata;
- righe intere o paragrafi mancanti richiedevano una certa malizia per essere integrati. Il testo omesso poteva essere collocato in fondo alla pagina e poi ci si affidava all’illustratore che poteva ad esempio, inserire un personaggio che simulava di risalire fino al punto richiesto.
Con il passare del tempo la formazione degli scrivani era sempre più minuziosa e rigida; alcuni di loro, grazie alla grande maestria che possedevano, riuscivano a produrre dei veri e propri capolavori.
Purtroppo, artigiani e artisti – e ahimè, ben poco è cambiato ai nostri tempi – non erano tenuti in alcuna considerazione sociale e guadagnavano così poco che quelli più abili si affidavano alla Chiesa: una volta entrati nel clero, potevano dedicarsi alla loro arte, liberi da qualsiasi preoccupazione materiale.