Se Dante avesse scritto la “Divina Commedia” ai giorni nostri, in quale genere l’avrebbero collocato gli editori?
Assisto con un certo stupore a questa serie di classificazioni e categorizzazioni in cui vengono sistematicamente ordinati i libri da un po’ di tempo a questa parte e mi sembra di trovarmi in una giungla di termini, dove finisco per perdermi, tra paranormal, distopico, young adult, urban fantasy.
La lista sembra essere senza fine e districarsi diventa sempre più difficile per chi scrive e per chi legge.
Sospetto che questa classificazione o etichettatura rigorosa, che sembra avvicinarsi ogni giorno di più alle diciture sulle scatole degli alimenti, dove grassi, proteine e calorie sono specificati in modo dettagliato, sia soltanto la cartina di tornasole che evidenzia la crisi di un “mercato”, quello della lettura, dove la gente legge sempre meno e per essere invogliata ha bisogno di essere solleticata o sollecitata, se preferite, da sempre nuove e smaglianti definizioni e incanalata in contenuti sempre più mirati, nella speranza che
conoscendo con esattezza quante “calorie” contiene quel libro, il lettore venga spinto a “consumare”.
Mi auguro solo che in questo bailamme che non accenna ad arrestarsi, votato com’è alla moltiplicazione perpetua per contrastare in modo inversamente proporzionale la scarsa applicazione alla lettura, non si finisca per perdere del tutto la bussola e ci si ritrovi con contenuti poveri e limitati, nati per compiacere e convincere, dimenticando che il libro non può essere solo un prodotto di pronto consumo, ma deve essere un oggetto prezioso, un talismano che a volte può persino cambiare la vita…