La scrittura di Ed McBain e i “cambiamenti climatici”

nuvole
“In una bella giornata di primavera la gente non pensa alla morte”.

Questo è l’incipit di “Lungo viaggio senza ritorno” di Ed McBain.
Ho appena terminato di leggerlo e uno degli aspetti che più mi ha colpito di questo libro sono le condizioni atmosferiche che per contrasto introducono e scandiscono l’azione: quella dell’assassino.

Quest’uomo che imbraccia un fucile e uccide dai tetti della città, misterioso e letale, a dispetto delle magnifiche giornate primaverili, continua ad uccidere anche se “è l’autunno il tempo adatto a morire, non la primavera. L’autunno stimola i pensieri lugubri, invita alle fantasie macabre, favorisce i desideri di morte, con lo spettacolo malinconico del declino della natura […] Muore tanta gente, in autunno. Tutti i giorni“.

Dopo una tirata iniziale che coinvolge persino il Codice Penale, additando come un crimine ulteriore la “Morte in primavera“… avviene il primo omicidio di un ignaro buon cittadino che non pensava alla morte in quella splendida giornata che per lui sarà l’ultima.

Ovviamente, non è l’unico scrittore che utilizza l'”espediente climatico” per favorire una storia, per creare l’atmosfera.
Qui per contrasto, in altri casi, il tempo “va a braccetto” con i sentimenti o le emozioni dei personaggi della storia oppure serve a preannunciare qualcosa di misterioso o terribile che sta per accadere.
Chi non ricorda il fortunato tormentone:

Era una notte buia e tempestosa…

L’assassino va in scena: tra le note di Mozart e le vie di Salisburgo

Insegna cover assassino va in scenaMozart è il filo conduttore di una serie di efferati omicidi.
Saverio, un famoso organista, si trova coinvolto nelle indagini, ad aiutarlo un prezioso amico e un simpatico cane.
I tre detective in erba e Schneider, il tenace ispettore di polizia, dovranno districarsi tra dettagli curiosi e cifrari segreti, immersi nella stupenda cornice della città di Salisburgo che non si limiterà a fare da sfondo a questa intrigante storia.

Questi sono i punti salienti del mio giallo che è nato da un’immagine: un Papageno morto con un Glockenspiel accanto.

Papageno, uno dei personaggi chiave del Flauto magico di Mozart mi ha indicato la strada da seguire per quella che considero un’affascinante avventura “scrittoria” che si è conclusa da poco.

L’ambientazione è, appunto, Salisburgo, non solo perché è il luogo di nascita di Mozart, ma anche perché l’ho vista con i miei occhi e mi ha letteralmente affascinato.
Un piccolo gioiello incastonato fra le montagne e, a sua volta, la città, in un gioco quasi di matrioske, incastona nel suo mezzo il Salzach, il fiume che divide o se preferite unisce le due parti di Salisburgo: quella nuova (Neustadt) e quella vecchia (Altstadt).

Ho pensato che fosse il posto giusto per lo svolgersi dei miei eventi: un luogo racchiuso e delicato come una pietra preziosa, la presenza invisibile ma costante della musica gioiosa e vitale di Mozart, contrapposti alle tracce oscure del male, un contrasto fantastico e affascinante.

La musica in questa storia ha una grande importanza perché, come per Saverio, il protagonista della mia storia, anche per me occupa un posto di rilievo nella mia vita: ha seguito e segue ogni mio passo come una fedele amica e lasciarsi guidare dai suoi suggerimenti mi ha sempre portato fortuna.

Buona lettura.

I personaggi: gioie e dolori del mestiere di scrivere

mano che scrive

Ho terminato di scrivere il mio primo giallo e ho già iniziato a lavorare al secondo.

In questo momento sono in una fase di sedimentazione: mi sono immersa nelle ricerche e nella documentazione; adoro questa parte del lavoro, così come lo scrivere in scioltezza quando le idee sono chiare e hanno bisogno solo delle dieci dita per essere trasferite su “carta”.

Inoltre, mi sto concentrando sui personaggi.

Ho letto o sentito da qualche parte che sono loro a condurre il gioco, la storia, insomma.
Un tic, un accessorio dell’abbigliamento un po’ vistoso, una piccola mania o una passione inconfessata possono produrre significativi cambiamenti in una storia.

In un libro, a differenza di ciò che accade nella vita, si riesce a creare un mondo “controllato”, dove gli incastri sono dettati dalle piccole differenze o similitudini che si riescono a trasferire sulla pagina, ma a volte, anche in questo “recipiente”, sarebbe meglio dire bicchiere, possono avvenire delle “tempeste” non previste.

Elementi fondamentali della scrittura: Punteggiatura… Mon Amour

segni punteggiatura

“Non c’è ferro che possa trafiggere il cuore con più forza di un punto messo al posto giusto. Senza contare quello che può fare una virgola”. (Isaak Babel‘)

Leggendo il libro “Questo è il punto” di Francesca Serafini ho riscoperto la magia della punteggiatura.

Quegli umili semplici segni che costellano le pagine regolandone il ritmo, la vivacità, la vita stessa a volte.

La punteggiatura assolve con dedizione al suo compito di rendere la pagina scritta vicina al parlato, ma la sua aspirazione più elevata è quella di rendere possibile la comunicazione, evitando fraintendimenti e nel libro ne vengono mostrati diversi di questi possibili “inconvenienti”, dove un punto o una virgola fanno davvero la differenza per quanto riguarda il significato di una frase.

Consiglio a lettori e scrittori di salpare per questi lidi a volte dimenticati, quelli dei “segni d’interpunzione”, quali novelli esploratori.
Il viaggio non sarà di certo noioso e consentirà di vivere nuove e inaspettate avventure…

Traduzioni: incomincia la nostra avventura in lingua inglese

banner Gialli in inglese

Finalmente due dei nostri ebook sono online in inglese.

Abbiamo deciso di tentare l’avventura con due thriller.
Murder Chronicle” e “The Bewitched Theatre“.

Il primo è un intrigante giallo, dove uno scrittore immobilizzato su una sedia a rotelle diventa testimone e cronista di un singolare caso di omicidio; l’altro invece è un divertente giallo per bambini, in cui c’è posto per dei curiosi topi e addirittura per un fantasma, sullo sfondo di un teatro stregato.

Siamo intenzionate a proseguire in questa direzione e presto ci saranno altri titoli disponibili in inglese.
Speriamo che questa novità venga accolta con piacere anche dai lettori.

La danza maledetta: un racconto, un mistero da svelare

La danza maledetta

Anna Rita Rossi

Due unici indizi: un manoscritto musicale antico e il ritratto di un misterioso scrivano. Due personaggi unici: un musicologo americano e uno strano ed inquietante sacerdote.”

Altra pillola ebook.

Intrigante il libro di Anna Rita Rossi, mi ha molto colpito la commistione tra le arti, visiva e musicale.

Nelle prime pagine, le uniche che ho potuto leggere, ho notato un inizio un pò ridondante, troppe volte l’autrice ha usato “Barrrymore”, ovvero ha chiamato il protagonista denotandolo con lo stesso nome, in troppe frasi vicine tra loro, solo nella parte iniziale. [ In questi casi sarebbe meglio cominciare a caratterizzarlo. Cosa intendo? Semplicemente al posto di usare sempre il nome, e solo quello, usare degli aggettivi, cominciare a descriverlo fisicamente, animarlo per il suo “mestiere” (il musicista, il professore etc etc).]

Questo si può superare guardando all’intreccio della storia: un libro non ancora decifrato, un incontro con una figura enigmatica e il protagonista al centro delle vicissitudini. Un mix perfetto. L’inzio è lodevole poichè l’autrice dosa bene, come è proprio dei musicisti, la forza da dare alle parole. La miscela corretta dunque porta il lettore a voler conoscere lo svolgimento dell’opera.

Stuzzica l’appetito

Self-publishing la nuova frontiera per gli scrittori: Elisabetta Rossi

Narcissus Stories: Elisabetta Rossi e l’autopubblicazione con Narcissus

Pubblicato da Giacomo D’Angelo il 26 settembre, 2012

Elisabetta aveva già scritto per noi. Ora con questo nuovo post vuole condividere nuovamente la sua esperienza dopo 4 mesi di collaborazione con Narcissus.

In questi quattro mesi ho vissuto un’esperienza che mi ha catapultata in una realtà che non conoscevo e che mi ha sorpreso, piacevolmente devo dire, e non solo per la disponibilità che ho trovato nei collaboratori della Simplicissimus Book Farm, che, ovviamente, come in tutte le realtà lavorative hanno dovuto affrontare degli inconvenienti per riuscire a dare spazio a tutti noi autori, che comunque sono riusciti a risolvere.

Questioni tecniche che esulano dalle competenze di chi scrive e crea problemi a cui un autore non pensa. Posso dire, per quanto mi riguarda, che la loro disponibilità ha superato ogni disservizio degli store ai quali sono collegati e sono rimasta stupita dal numero di librerie online dove sono in vendita i miei ebook.

Oltre alla disponibilità del team di SBF, bisogna anche considerare che, grazie a loro, gli autori che decidono di auto pubblicarsi possono usufruire di una vetrina che nessun editore italiano per il momento può mettere a disposizione di un autore che non sia più che blasonato.

Ho venduto e anche molto e, fino a che non ho visto i risultati, non pensavo fosse possibile, in pochi mesi e senza lanci pubblicitari, tranne dei semplici annunci su Facebook e mediante il sito librarsi.net, mio e di mia sorella, di ottenere tali riscontri positivi alle mie pubblicazioni.

So perfettamente che gli scrittori che pubblicano con grandi case editrici ci classificano come scrittori di serie B. Io vengo dal cartaceo e da un’esperienza con una nota casa editrice, quindi, conosco le regole del mercato editoriale.

Gli esordienti o comunque tutti quelli che cercano di farcela con le loro sole forze vengono sottopagati, sfruttati fino all’osso con dei contratti capestro, con il miraggio di vedere la propria “creatura” in libreria o in edicola, miraggio perché questi autori, proprio come è accaduto a me, sono costretti ad accettare condizioni molto sfavorevoli, pagando un prezzo molto alto in cambio di una finta notorietà.

Io, quindi credo nell’autopubblicazione che se non altro evita l’umiliazione che si deve subire cercando di entrare nell’élite blindata dell’editoria cartacea.

Certo il gioco ha le sue regole, alla fine sei solo, devi essere manager di te stesso, devi “venderti” e affrontare la diffidenza di quelli che credono che hai scelto questa strada solo perché gli editori non ti ritengono abbastanza bravo per entrare nelle loro cerchie.

Io posso dire a testa alta di avere scelto: ho deciso di interrompere il mio contratto con la nota casa editrice perché non c’era più un rapporto di fiducia e perché non c’è mai stata una relazione alla pari, così ho deciso di autopubblicarmiper intraprendere una strada nuova che ritengo più proficua e soddisfacente, e le vendite per ora mi danno ragione.

La mia scrittura non ne ha sofferto, anzi, le ricerche per ogni libro o racconto che esce dalla mia “penna” hanno lo stesso rigore e perfezionismo che mi ha contraddistinto finora.

Ribadisco che non è una scelta facile, la strada è comunque in salita, ma posso dire che la responsabilità di cui vi sentirete investiti è pari alla libertà che avrete di esprimervi, un ulteriore guadagno per i vostri lettori che vi assegneranno altrettanto liberamente lodi e a volte anche aspre critiche.

L’unica cosa che non è cambiata per me è l’impegno che profondo nel mio lavoro e il desiderio di riuscire a trattenere il lettore sulle pagine che scrivo e sono sempre qui ad aspettare ogni suggerimento valido per migliorare le mie capacità di scrittrice.

Questo articolo è stato scritto liberamente da Elisabetta Rossi per testimoniare la sua esperienza d’uso di Narcissus. Grazie Elisabetta!

Cronaca di un omicidio e la fascino della vita degli altri

ovvero la vita degli altri

In tempi di reality e con i gossip sempre sulla cresta dell’onda mi sono soffermata a pensare alla morbosa attenzione che esercita per alcuni di noi la vita degli altri.

Cornell Woolrich, nome completo Cornell George Hopley-Woolrich, noto anche con gli pseudonimi William Irish e George Hopley, era uno scrittore statunitense.
Nel 1942 scrisse il racconto It Had to be Murder, che nel 1954 fu rinominato Rear Window (La finestra sul cortile) e divenne un film di Alfred Hitchcock.

Il racconto, come il film, sono incentrati sulla tematica della vita degli altri osservata da qualcuno a distanza.

Quale sarà la motivazione profonda di questo fascino?

Riuscire a scoprire particolari piccanti o insoliti della vita di chi ci circonda?
Cogliere atteggiamenti più veri perché chi è osservato non sa di esserlo?

L’altra alternativa è che si tratti di una via di fuga dalla propria scomoda vita, un modo per immergersi in un altro mondo e dimenticare i guai personali, i pensieri che affliggono quotidianamente le esistenze di tutti oppure è il sintomo di una solitudine cronica che avvolge il mondo e ne guida inesorabilmente i passi.

Il book trailer che segue fa riferimento ad un racconto dove il protagonista è anche lui un osservatore silenzioso della vita degli altri.

La sua è una scelta non tanto psicologica, quanto fisica, visto che è costretto su una sedia a rotelle, ma non per un breve periodo come il protagonista di Hitchcock, così il suo mondo diventa la finestra del suo appartamento, dalla quale osserva la vita degli altri.

Scrutando a lungo può accadere di assistere ad eventi interessanti e se poi chi guarda è anche uno scrittore… il passo è breve a tradurre l’accaduto in una storia da non perdere.

I Buddenbrook: musica e letteratura, due muse allo specchio

I Buddenbrook: la saga di una famiglia e non solo

Ho letto I Buddenbrook di Thomas Mann diversi anni fa e già allora i passi dedicati alla musica mi avevano colpito, uno in particolare: quello in cui Hanno Buddenbrook improvvisa al pianoforte.

Non è la prima volta che Mann si lascia sedurre dalla musica e la rende un elemento essenziale delle sue narrazioni: anche nel Doctor Faustus il protagonista, Adrian Leverkùn, è un compositore ed è chiaramente ispirato alla figura di Arnold Schoenberg (1874-1951), il famoso musicista padre della dodecafonia.

Non stupisce, quindi, trovare nei Buddenbrook una coinvolgente descrizione musicale, dove è immediatamente rilevabile che chi scrive è un fine intenditore di musica, visto l’utilizzo di un lessico esperto per descrivere l’improvvisazione del ragazzo al pianoforte. Inoltre, lo scrittore attraverso la sua narrazione ci fornisce la precisa sensazione di assistere a questa singolare esibizione.

Il motivo era semplicissimo, un nulla, il frammento di una melodia inesistente, un tema di una battuta e mezzo; e quando, con una forza di cui non lo si sarebbe ritenuto capace, lo fece risuonare per la prima volta nel basso, come voce singola, quasi dovesse essere annunciato da trombe unanimi e imperiose come primo elemento e origine di tutto ciò che verrà, non si poteva ancora capirne il senso profondo. Ma quando lo ripeté armonizzato in chiave di violino, con un timbro di pallido argento, fu palese che consisteva essenzialmente in un’unica risoluzione, un appassionato doloroso trapasso da una tonalità all’altra… era un’invenzione modesta, di poco respiro, ma la risolutezza preziosa e solenne con cui era formulata e presentata le conferiva un raro valore, denso di mistero e di significato. Seguirono poi passaggi agitati, un affannoso andare e venire di sincopi, erranti, cercanti, lacerata da gridi, come se un’anima fosse angosciata da ciò che aveva udito, e che non voleva tacere, ma si ripeteva in armonie sempre diverse, interrogando, gemendo, smorendo, voglioso e promettente. E le sincopi diventeranno sempre più forti, sospinte e incalzate da terzine impetuose; ma le grida di terrore che vi eran frammiste presero forma, si fusero, divennero melodia, finché, come un canto implorante e fervido di strumenti a fiato, prevalsero umili e forti insieme ed ebbero il dominio. Vinto, ammutolito era l’incalzare instabile, l’ondeggiare vagabondo e sfuggente; e il ritmo semplice e risoluto del corale s’alzò in una preghiera contrita e infantile… E terminò come un canto liturgico” (Thomas Mann, I Buddenbrook, parte XI, capitolo II).

Thomas Mann in questo brano mette a confronto due arti: quella letteraria e quella musicale che si fronteggiano, in un incessante gioco di rimandi il cui unico limite è il potere definitorio della parola e l’ineffabilità della musica.