L’arte di pescare aringhe rosse nei gialli che più gialli non si può

Immaginate di essere un detective alle prese con un caso intricato. Seguite una traccia che sembra promettente, raccogliete indizi, formulate teorie… e poi, ta-da! Scoprite che era tutto un abbaglio, una deviazione studiata ad arte dall’autore per portarvi fuori strada. Ecco, avete appena abboccato a un’aringa rossa!

L’aringa rossa è il depistaggio, è quel dettaglio (cosa, persona, situazione) che ha il compito di distrarre il lettore, facendogli credere di essere sulla buona strada per scoprire qualcosa… quando in realtà non è così. È come guardare il gioco di un illusionista.

Crea suspense, ingaggia il lettore coinvolgendolo nell’indagine, sostiene il ritmo, amplifica l’effetto di quando ci sarà davvero il colpo di scena.

Ma perché proprio un’aringa e non un granchio?

La tradizione vuole che i cacciatori usassero proprio le aringhe affumicate (che nel processo assumevano un colore rossastro) per addestrare i loro cani. Trascinavano questi pesci sul terreno per creare false piste e insegnare ai cani a non farsi distrarre durante la caccia. Oppure venivano usate per distrarre i cani dei concorrenti… Da qui, il termine è passato alla letteratura per indicare quegli elementi della trama inseriti appositamente per sviare il lettore.

L’aringa rossa è uno strumento prezioso – direi un passaggio obbligato – per gli scrittori di gialli, thriller e mystery.

Ma attenzione: come in cucina, anche in narrativa il segreto sta nel dosaggio. Una falsa pista ben piazzata deve essere:

  • abbastanza convincente da attirare l’attenzione del lettore e distrarlo dal vero colpevole o dall’indagine
  • sufficientemente integrata nella trama da non sembrare posticcia
  • non troppo ovvia da risultare banale
  • non così dominante da far perdere di vista la vera storia
  • non ripetuto allo sfinimento da far perdere fiducia al lettore.
    Facile no?
“Ah, ma io sapevo che quello era il McGuffin!”
Eh no, sapevi male.

Il McGuffin è un altro espediente narrativo ancora. Il McGuffin è qualcosa (un oggetto) che tutti i personaggi vogliono disperatamente, ma il contenuto in sé non è importante per la storia. Classico esempio: la valigetta di Pulp Fiction.

Il McGuffin serve a far muovere la trama (è il motivo per cui i personaggi agiscono) mentre l’aringa rossa serve a ingannare il lettore distraendo dalla vera direzione della trama (è una falsa pista, abbiamo detto, no?). Il McGuffin resta importante fino alla fine (anche se poi il suo contenuto non lo è), mentre l’aringa rossa perde di importanza una volta rivelato l’inganno. Nel caso del McGuffin, è cercato attivamente dai personaggi; nel caso dell’aringa rossa spesso i personaggi lo ignorano (è più destinato al lettore).

Quindi: il McGuffin è come un cane da caccia che insegue una preda: non importa quale sia la preda, l’importante è continuare a inseguirla. L’aringa rossa è invece la falsa traccia lasciata per confondere il cane: svelato l’inganno, esaurisce la sua funzione.

Se vuoi andare a pesca o a caccia di storie… patrizia@cartaforbicesasso.com

La pistola di Čechov

Indossate le cuffie e rispondete alla domanda.

La pistola di Čechov è:

  1. La Magnum rubata all’ispettore Callaghan da Anton Pavlovič Čechov e conservata al British Museum
  2. Un principio della narrativa
  3. L’arma con cui il Colonnello Mustard ha ucciso il maggiordomo nella biblioteca di Tudor Hall

Come dite? La terza? Nahhhhh.
La risposta giusta è la due.

È il principio secondo cui “Se nella storia compare una pistola, questa prima o poi dovrà sparare”.

Cosa significa?

In generale: niente oggetti di scena, niente elementi della trama superflui, niente personaggi inutili! Se un autore inserisce in un romanzo un elemento (come può essere una pistola appesa a una parete), deve servire a qualcosa, altrimenti va asciugato (leggasi: rimosso).

E non pensiate che valga solo per i gialli.

Se in un romanzo faccio comparire nel primo capitolo, accanto al protagonista Mario, lo zio Antonio, mi dilungo in una sua descrizione, faccio emergere la sua storia, beh lo zio Antonio deve avere un ruolo nel romanzo, deve rivelarmi (e deve poterlo fare solo lui) qualcosa del protagonista, oppure qualcosa della storia altrimenti ci dispiace per lo zio Antonio ma deve essere mandato a casa.

Quindi: tutto ha una funzione, gli elementi superflui devono essere rimossi. Tutto deve essere essenziale.

Se poi cambiamo angolazione ed entriamo nel particolare, la pistola di Cechov si usa per indicare anche un elemento introdotto nella narrazione in modo all’apparenza casuale e che rivelerà la propria importanza al momento del colpo di scena. In altre parole, per stordire il lettore con un colpo di scena, l’ideale è far apparire un oggetto o un elemento che lo anticipa non la scena prima, bensì molte scene prima, tanto che il lettore se ne è dimenticato. Anzi, se lo scrittore è bravo, il lettore non lo ha neanche realizzato: il suggerimento è di nasconderlo, confonderlo per depistare il lettore che quasi non se ne accorge, e che si stupirà quando scoprirà che invece quell’oggetto o quell’informazione è essenziale.

Morale della storia: tutto deve avere ha uno scopo, tutto deve essere seminato al momento opportuno!

E l’aringa rossa, allora? Ah beh, quella è un’altra storia… Stay tuned.

Come Scrivere un Personaggio Credibile e Memorabile

Partiamo dal principio base: non c’è storia senza personaggi.
E se c’è una cosa che unisce tutti gli scrittori, da quello che scribacchia sui tovaglioli al veterano con scaffali pieni di premi letterari, è questa: tutti amano i loro personaggi. Ma come fare in modo che anche i lettori li adorino e li ricordino? Cinque (rectius: sei, anzi sette…che faccio, lascio?) regole spicce da tener presente.

  1. Conosci il Tuo Personaggio Come le Tue Tasche
    Ancora meglio, conosci cosa ha il tuo personaggio in tasca quando cammina! Non basta sapere che Marco fa l’idraulico o che Anna è una ballerina professionista. Devi scavare a fondo! Cosa rende Marco nervoso? Qual è il più grande sogno di Anna? Non tutto deve finire nel romanzo. Ma il suggerimento è di scrivere una scheda personaggio per tenere traccia della sua storia, di come lo stai costruendo e farlo muovere in scena in modo coerente. Se hai necessità, io ho diverse check list da utilizzare: scrivimi.
  2. Difetti: Il Sale della Vita (e della Narrazione)
    Siamo onesti, nessuno vuole leggere di Mr. Perfettino o Ms. Infallibile. Che noia! Aggiungi qualche difetto (anche due… o tre) al tuo personaggio per renderlo più umano. Non limitarti ai difetti fisici, esplora le imperfezioni emotive, i suoi vizi. È il mix di pregi e difetti che lo renderà indimenticabile. Ricorda: è meglio un personaggio che mastica rumorosamente la gomma o uno che ha paura dei ragni rispetto a un eroe senza macchia e senza paura!
  1. Azione: Dimmi Cosa Fai e Ti Dirò Chi Sei
    Metti il tuo personaggio alla prova! I personaggi compiono scelte. Mettilo davanti a un bivio, sfidalo a singolar tenzone. Le sue azioni, soprattutto “sotto stress”, riveleranno la sua vera natura. Le decisioni che prende devono essere coerenti con il suo carattere (e torniamo al punto 1 senza passare dal via) e con il suo sviluppo lungo la storia. E se decidi di fargli affrontare una situazione da incubo, meglio ancora: è proprio nei momenti di crisi che i veri eroi emergono.
  1. Parole, Parole, Parole
    I dialoghi sono un’arma potentissima nell’arsenale di uno scrittore. Il modo in cui un personaggio parla, cosa dice – e anche cosa non dice – può rivelare moltissimo della sua personalità. Ha dei tic linguistici? Ha studiato? È un bambino? Usa espressioni dialettali? Di fronte a cosa resta in silenzio? Urla? Impreca? Usa i dialoghi per svelare dettagli nascosti e per dare profondità al tuo personaggio.
  1. Relazioni: Il Cuore Pulsante della Narrazione
    Le relazioni definiscono chi siamo, e lo stesso vale per il tuo personaggio. Come si comporta con gli amici? E con i rivali? E l’amore, come lo vive? E come si rivolge al cameriere al ristorante? Che figlio è? Che madre è? Che vicino di casa è? Ogni interazione è un’opportunità per esplorare e mostrare le diverse sfaccettature del tuo personaggio. Usa le dinamiche di relazione per rendere i tuoi personaggi ancora più completi e tridimensionali.
  1. Bonus track: Il Conflitto!
    Ah, il conflitto! È l’ingrediente segreto che trasforma una storia interessante in una avvincente. Un personaggio senza conflitti è come il pesto senza aglio: manca qualcosa di fondamentale. Che sia un conflitto interiore (il classico dilemma morale) o esteriore (un nemico giurato, una situazione impossibile), il conflitto è ciò che spinge il tuo personaggio a evolversi. E non dimenticare: il conflitto non deve essere sempre gigantesco o epico. Anche le piccole tensioni quotidiane possono rivelare molto di un personaggio.
  2. Bonus Track 2: Il Cambiamento!
    Un personaggio statico, che non cambia è come un film senza colonna sonora: piatto e monotono. L’arco di trasformazione del tuo personaggio è ciò che lo rende dinamico e interessante. Mostra come cresce, cambia davanti alle scelte e alle difficoltà (torna al punto 3 sempre senza passare dal via) o viene influenzato dagli eventi della storia. Questo cambiamento può essere positivo o negativo, ma deve essere coerente e credibile.

    Quasi quasi la prossima volta parlo di dialoghi.

    Se vuoi conoscere le molteplici personalità di un editor, fai un passo indietro…

Una stanza piena di gente: le molteplici personalità dell’editor

Dietro ogni romanzo ben fatto, ogni racconto che colpisce, c’è un editor.

L’editor c’è, ma non si vede. Resta tra le quinte, compare solo quando c’è un problema da risolvere, come il signor Wolf di Pulp Fiction.

Ma come si racconta la mia professione?

L’editor è un tecnico radio: si occupa di ripulire la voce dell’autore dai rumori di fondo per farla emergere dalla pagina forte e chiara. Non la appiattisce, non la standardizza; al contrario, fa di tutto per renderla unica, esaltarla.

L’editor è il ponte tra l’autore e il lettore, lavora per assicurarsi che il messaggio dell’autore sia chiaro, coerente e coinvolgente, che i suoi personaggi non si perdano, che le fila della sua storia non lascino vedere il lavorio delle varie stesure che si sono sovrapposte nel tempo (e chiunque scrive sa che possono essere moltissime!).

L’editor è lo sparring partner dell’autore: fa proposte, suggerimenti, commenti in un continuo scambio con l’autore che rimane comunque libero di decidere cosa è meglio per la sua creatura.

È un giardiniere, un mentore, un parolaio, un investigatore, un alleato, un chimico, un sous chef, un avvocato di difesa…

Ha bisogno di una cassetta degli attrezzi ben fornita:

  • una buona dose di empatia (capacità di ascolto, dialettica e anche negoziale)
  • una solida formazione (tecniche narrative e non solo)
  • un’ampia conoscenza del mercato editoriale
  • strumenti pratici (sembra banale, ma quando mi è andato in crash il programma di videoscrittura sono impazzita perché gli strumenti “open” non bastano)
  • Curiosità, sensibilità, pazienza

    Avete capito perché amo il mio lavoro? Perché è variegato, mai ripetitivo e mi richiede ogni giorno competenze e capacità diverse. Mi tiene allenata, viva.

    Mi piace o quando smonto e rimonto un romanzo, quando un autore trova una casa editrice grazie al suo talento e al lavoro fatto insieme, quando i personaggi vengono a trovarmi la notte…

    Ho detto personaggi? Nel prossimo appuntamento vi racconto su cosa mi concentro quando metto a fuoco i protagonisti di una storia.

    Nel frattempo, se volete conoscere meglio il mio lavoro, vi invito a entrare nel mio sito: www.cartaforbicesasso.com

Autografi e tanta emozione in libreria

Scrivere è un mestiere solitario. Lo dicono i grandi scrittori e io, umilmente, condivido.

Condivido l’aspetto della solitudine, ma soprattutto, il fatto che fare lo scrittore è praticare un mestiere. Infatti, se cercate la voce “mestiere” nel vocabolario Treccani troverete: “attività, di carattere prevalentemente manuale e appresa, in genere, con la pratica e il tirocinio, che si esercita quotidianamente”, e in effetti, questa è l’attività principale di chi come me si ritrova a fare questo lavoro.

Inoltre, mi sento di aggiungere che per scrivere è necessaria anche una quotidiana ricerca. Documentarsi, infatti, è parte integrante del mestiere di scrittore e l’aspetto della manualità, almeno per me, è prendere appunti, a mano, per studiare l’eventuale location oppure per caratterizzare i personaggi o ancora, per registrare la cronologia degli eventi e fissare la trama.

Ogni giorno sento la necessità di scrivere, aggiungo, tolgo, leggo, studio e mi documento, ma la parte più difficile resta sempre quella: il romanzo è pronto e deve essere inviato a una casa editrice. È la parte più difficile perché in questa fase si concentrano le speranze e spesso si sperimentano le frustrazioni.

Quando ho spedito il giallo “Presente sospeso” alla “Golem Edizioni”, una casa editrice indipendente di Torino, mi sono giocata il tutto per tutto. Se avessi subìto un rifiuto, avrei “appeso le scarpe al chiodo”.

Il mio più grande desiderio era quello di tornare in libreria, per godere di quella particolare emozione che solo chi ama aggirarsi curioso tra scaffali pieni di libri può capire. Perché chi scrive deve amare anche leggere e la lettura ha i suoi rituali, e i libri sono oggetti quasi sacri e chi li ama, adora toccarli, annusarli, sfogliarli e magari desidera in qualche modo di interagire con loro.

A me, per esempio, capita di lasciare un libro sul comodino o accanto alla poltrona preferita, in attesa del momento in cui posso dedicarmi alla lettura.
Dopo una giornata frenetica di lavoro o piena di incombenze, leggere è un toccasana, una terapia per l’anima, e io tengo conto di ciò quando presto le parole ai protagonisti dei miei romanzi.

Scrivere poi, può essere paragonato a viaggiare e il viaggio è quello che ogni autore fa con se stesso, magari accompagnato dai suoi personaggi e dalle emozioni che loro trasmettono.

Molti dei miei personaggi sono nati per dare voce a chi in vita non ne ha avuta una, perché magari non ha trovato il coraggio oppure non ha avuto il tempo per raccontare la propria storia.

Per quanto riguarda il pubblico dei lettori, quando ho la possibilità di incontrarlo, come nel firmacopie di Presente sospeso – cosa che non mi capitava da un po’, avendo scelto negli ultimi anni l’autopubblicazione – il calore e l’emozione che si provano sono qualcosa di incredibile, che non si riesce a descrivere.

In certi momenti poi, si pensa a chi ti ha sempre sostenuto e ha creduto in te, e allora si ricordano in particolare coloro che non ci sono più, ma che sono comunque presenti e sai che vegliano su di te.

In memoria di Adria Pannelli
Sconosciute onde ti culleranno nel tuo amato mare.

“Presente sospeso” di Elisabetta Rossi. Firmacopie in Ancona

Ancona, sabato 27 aprile, presso la libreria Mondadori, c.so Mazzini 31, dalle ore 17:00 ci sarà il firmacopie del giallo “Presente sospeso” di Elisabetta Rossi. Siete tutti invitati.

Manhattan. Terrazza di un grattacielo. Una donna si risveglia. Non ricorda il suo nome e non sa di essere già morta.

Con lei c’è un uomo che condivide il suo stesso destino.
Una sanguinosa rapina è appena avvenuta nel quartiere di Chelsea, su cui indaga l’ispettore Michael Cox dell’11° Distretto della Polizia di New York e la sua squadra.

Il caso diventa sempre più complicato, ma due delle vittime colpite a morte durante la rapina prendono coscienza di quanto accaduto e a loro modo affiancano l’ispettore nelle indagini per assicurare alla giustizia il loro assassino.

Cox riuscirà a ricostruire che la rapina finita nel sangue, racchiude tanti lati oscuri che si intrecciano con il mercato e lo spaccio della droga, in un quartiere dove mettersi contro criminali come Billy Miller, può costare la vita.

Romanzo storico: genere romantico per eccellenza

Il romanzo storico, genere narrativo che si è diffuso in particolare nel secolo XIX, ha reso la storia un elemento di rilievo della narrazione.

Per romanzo storico si intende un’opera narrativa che si svolge nel passato. Per cui non solo la trama, ma anche gli usi e i costumi, i dialoghi e l’atmosfera generale ricalcano quelli dell’epoca scelta, così da consentire al lettore di calarsi in quel periodo.

È un genere tipicamente romantico e si è diffuso in particolare durante l’Ottocento, grazie a una serie di fattori, come ad esempio: l’affermazione del pensiero e del metodo scientifico che incentivò il rinnovamento degli studi storici; il consolidarsi nell’ambito filosofico dell’idea che le esistenze individuali siano condizionate dalla storia; i crescenti sentimenti nazionalisti che spingevano per un recupero sia delle grandezze passate dei popoli sia di figure esemplari da cui trarre ispirazione.

Un romanzo si può definire storico, quando l’autore del testo non era ancora in vita quando i fatti raccontati sono avvenuti o il libro è stato scritto almeno cinquanta anni dopo quello che è raccontato tra le sue pagine.
Si tratta di un genere in grado di abbracciare vari stili: ucronico (“ucronìa” deriva dal greco e significa “nessun tempo“. Il primo a utilizzare questo termine fu il filosofo francese Charles Renouvier (1815 – 1903) in un saggio, “Uchronie”, del 1857; identifica un genere di narrativa fantastica fondata sulla premessa generale che la storia del mondo abbia seguito un corso alternativo rispetto a quello reale); fanta-storico (il fantasy storico è un sottogenere del fantasy che, per alcuni aspetti, può essere avvicinato al romanzo storico); pseudo-storico (pseudostoria, ambito delle teorie o metodologie che pretendono di essere storiche ma che non rispettano regole e convenzioni del metodo storico. Le teorie pseudostoriche solitamente utilizzano come punto di partenza prove inedite, e/o controverse e/o non accettate dalla comunità scientifica/accademica); multitemporale (particolare versione del romanzo storico in cui si raccontano in parallelo o in successione accadimenti ambientati in epoche storiche diverse, ma collegate tra loro da un elemento: un oggetto, un legame di sangue o qualcosa di metafisico).

Chi si dedica alla scrittura del romanzo storico, un genere che si può definire ibrido, può fare riferimento alle vicende di personaggi realmente esistiti oppure può narrare eventi accaduti a personaggi di pura invenzione.

Le ambientazioni storiche non sono una prerogativa ottocentesca, infatti, già prima del XIX secolo, erano state adottate da William Shakespeare (1564 – 1616) in alcuni sui drammi e persino in Italia, nel Seicento, troviamo esempi simili.
Il XVIII secolo poi, ci ha regalato diversi grandi romanzi realistico sociali, purtroppo, gli autori di quel periodo avevano una certa difficoltà a rendere pienamente le ambientazioni passate. Oltretutto, nei generi che anticipano il romanticismo (in particolare il gotico e il picaresco) la storia non era un elemento essenziale della narrazione, piuttosto un elemento statico, uno scenario su cui proiettare l’azione e le gesta dei personaggi.
Nell’Ottocento, la situazione si ribalta: la storia diventa una vera e propria protagonista della narrazione e gli autori studiano e si documentano affinché i loro scritti risultino attendibili, il più possibile.

Tra i romanzi storici preromantici uno si distingue per aver posto il suo eroe in un quadro storico ben definito, sicuramente frutto di accurati studi su fonti e documenti storici. Si tratta di “Memorie di un cavaliere” (1720) di Daniel Defoe (1660 – 1731). Questo romanzo è una sorta di pietra miliare, in quanto ha dato il via in Inghilterra a un genere letterario nuovo e un secolo dopo, influenzò il lavoro di Walter Scott (1771 – 1832).

L’estate in poesia: “Meriggiare pallido e assorto” di Montale

L’estate in poesia Meriggiare pallido e assorto di Montale

Meriggiare pallido e assorto di Eugenio Montale fa parte dei miei ricordi scolastici.
La musica delle sue parole mi aveva incantato e continua a incantarmi, ogni volta che alla mente mi sovvengono i suoi versi e mi ritrovo in solitudine a solfeggiarli.

Una poesia che immediatamente mi rimanda all’estate e ai lunghi e assolati pomeriggi della bella stagione è “Meriggiare pallido e assorto” di Eugenio Montale.
Poeta, scrittore, traduttore, giornalista e critico musicale, nato a Genova il 12 ottobre 1896 e morto a Milano, il 12 settembre del 1981, Montale è ritenuto uno tra i massimi poeti italiani del Novecento.

Visse in anni turbolenti, scossi da eventi storici tragici (vide succedersi ben due guerre mondiali), e già nella sua prima raccolta di poesie, “Ossi di seppia”, del 1925, diede voce alle inquietudini del suo tempo e al male di vivere.

Con le raccolte successive, “Occasioni” del 1939 e “La bufera e altro” del 1956, la sua poetica si approfondisce. Invece, nelle ultime raccolte, tra cui “Satura” del 1971 e “Quaderno di quattro anni” del 1977, tutte scritte dopo la morte della moglie, il poeta affronta nuove tematiche e sperimenta nuovi stili.

Meriggiare pallido e assorto fu scritta probabilmente nel 1916 ed è una tra le poesie più significative del primo Montale. I versi del poeta ci trasportano nella sua Liguria e ci ritroviamo immersi in un caldo pomeriggio estivo, assorti pigramente a osservare e ascoltare quanto accade tra un rovente muro d’orto e uno scorcio di mare lontano.

La scena è piena di vita e ha un suo ritmo speciale: quello dettato dai suoni aspri che fanno da pendant all’aridità del paesaggio.
In questa sorta di singolare partitura, i merli “schioccano”, mentre le serpi “frusciano”, forse alla ricerca di un raggio di sole. A impegnarci visivamente poi, ci sono le formiche che si muovono indaffarate nelle fessure della terra e sulle piante, e noi ci ritroviamo a fissare incuriositi le loro fila che si compongono e si sfaldano alla sommità di piccoli cumuli di terra.
Poi, mentre alle orecchie ci giunge il verso aspro delle cicale, ci rendiamo conto che il paesaggio in cui il poeta ci ha condotto è solo una metafora della vita umana, la cui insensatezza e l’impossibilità di sondarne il significato è rappresentato alla perfezione dall’alta muraglia che sulla cima è cosparsa di cocci aguzzi di bottiglia.

Meriggiare pallido e assorto

Meriggiare pallido e assorto
presso un rovente muro d’orto,
ascoltare tra i pruni e gli sterpi
schiocchi di merli, frusci di serpi.

Nelle crepe del suolo o su la veccia
spiar le file di rosse formiche
ch’ora si rompono ed ora si intrecciano
a sommo di minuscole biche.

Osservare tra frondi il palpitare
lontano di scaglie di mare
mentre si levano tremuli scricchi
di cicale dai calvi picchi.

E andando nel sole che abbaglia
sentire con triste meraviglia
com’è tutta la vita e il suo travaglio
in questo seguitare una muraglia
che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia.

Il Romanzo, sequenze e procedimenti narrativi #3

Il Romanzo sequenze e procedimenti narrativi 3

Funzioni, sequenze, episodi, sono solo alcuni degli elementi in cui è possibile scomporre un racconto per comprenderne più a fondo la struttura.

Per comprendere ancora meglio la struttura di un romanzo è possibile attuare un’analisi più approfondita: lo smontaggio che consente, come dice la parola stessa, di scomporre in parti più piccole il racconto.
Avremo così le unità o funzioni, cioè delle azioni che sono in relazione con altri elementi della storia e che comportano delle conseguenze nello sviluppo della storia.

Le funzioni non sono tutte uguali, alcune sono più importanti di altre e sono denominate nuclei o cardinali, e si affiancano a quelle secondarie, impiegate per completare e arricchire la narrazione.
In una storia ci sono anche i cosiddetti indizi, una sorta di notazioni integrative che servono a dare informazioni sul carattere o sull’identità del personaggio oppure indicazioni sul tempo o sullo spazio.

L’uso precipuo di uno dei due elementi definisce la classe di appartenenza di un racconto.
Alcuni sono orientati più verso l’utilizzo delle funzioni e per questo si dicono funzionali, ad esempio, i romanzi storici, dove sono narrate molte azioni. Chiaramente indiziali, invece, sono i romanzi psicologici.

Scomponendo ulteriormente il nostro tessuto narrativo, diciamo che le funzioni sono una combinazione di sequenze collegate fra loro. Le sequenze possono essere:

  • descrittive, quando, ad esempio, servono a descrivere il carattere dei personaggi oppure le caratteristiche dell’ambiente
  • narrative, quando sono costituite da azioni e danno vita alla trama
  • riflessive, quando veicolano le opinioni dei personaggi oppure dell’autore in merito alle vicende

Per individuare le sequenze ci sono di aiuto alcune evidenze:

  • un cambiamento di luogo o di tempo
  • l’entrata o l’uscita di un personaggio
  • variazione nel modo di narrare

Le sequenze, inoltre, possono anche raggrupparsi tra loro e dare vita agli episodi o macrosequenze.

Ovviamente, queste regole di scomposizione non si possono applicare in modo rigido e letterale, bensì devono essere adattate al testo che si sta prendendo in esame.