Intervista a Flaminia Mancinelli: un’amica e una scrittrice

Flaminia Mancinelli scrittrice

Flaminia Mancinelli è una scrittrice, ma per noi è prima di tutto un’amica, per questo abbiamo deciso di dedicarle una breve intervista in concomitanza con la pubblicazione del suo secondo romanzo con la casa editrice Newton Compton.

Raccontaci qualcosa di te
Nata a Roma e cresciuta a libri e scritture!
Ho fatto mille studi e quasi altrettante professioni. Dagli studi di filosofia e teologia al lavoro nel cinema, e poi la libraia, la giornalista, ecc…
Mi sono mossa molto su e giù per lo “stivale” e poi mi sono trasferita nel nord della Francia, dove ora vivo in aperta campagna, insieme a tutta la mia biblioteca.

Quando hai sentito il bisogno di passare dallo scrivere solo per te alla pubblicazione?
Davvero tu credi che si scriva per se stessi?
La scrittura, come la parola, è una forma di comunicazione. Estremizzando così come chi parla da solo ha qualche problema, anche chi scrive per infilare tutto in un cassetto a me sembra un po’ “strano” o… se la racconta. Dopo aver scritto un testo congruo io ho sempre fatto fatica ad andare a bussare alla porta degli editori, e difatti mi stupiscono quegli autori che raccontano di aver mandato i loro romanzi a decine di editori prima di trovarne uno disposto a pubblicarli. A me è successo sempre per caso. Non credo che avrei avuto la testardaggine né l’insistenza di provare e riprovare.
Mi piaceva il Self publishing perché non è necessario… bussare…

In base alla tua esperienza, quali sono i vantaggi e gli svantaggi che hai rilevato quando sei passata dall’autopubblicazione alla pubblicazione con una casa editrice?
In realtà io ho fatto il cammino inverso: all’inizio ho pubblicato il mio primo romanzo con una casa editrice romana, ma era stata un’esperienza tutt’altro che esaltante, quindi quando ho scritto La Profezia della Stella, l’ho stampato per conto mio. Era il “lontano” 2008 e Amazon e gli scrittori indie erano ancora all’inizio. Dal 2011 ho iniziato e leggere eBook sul Kindle e dopo qualche mese, dopo aver ripubblicato La Profezia in elettronico ho continuato così fino al 2016 quando…
… È una storia un po’ lunga, spero di non annoiarti…
Dunque nel 2016 avevo autopubblicato numerosi testi, di vario genere, e uno di questi (Omicidi all’ombra del Vaticano), dopo aver conquistato le vette della classifica di Amazon, ha attirato l’attenzione della Newton Compton che mi ha proposto di entrare a far parte della loro squadra di autori. Ho accettato e così ho riprovato le vie dell’editoria tradizionale.
La difficoltà maggiore per me, che sono uno spirito molto indipendente (con una buona tendenza all’anarchia) è dover rinunciare alla libertà cui sono avvezza. Ma è naturale, se si fa parte di una squadra devi sottostare alle regole degli altri. In cambio hai indubbi vantaggi. Ad esempio mi sono liberata dell’impaginazione e della grafica della cover, che erano senz’altro compiti impegnativi. E poi con questo secondo libro l’editore mi ha affiancato un Editor davvero valido, che mi sta facendo rivalutare questa figura professionale.
Insomma un po’ meno libertà ma in cambio molte professionalità utili a darmi una mano.

Parlaci del tuo ultimo romanzo e delle tua esperienza lavorativa come scrittrice in generale.
Senza movente” nasce, per molti aspetti, dalla mia esperienza personale. Sono nata a Roma e vivo in Francia, quindi mi è venuto spontaneo creare una duplice trama ambientata sia nella Capitale sia nelle regioni francesi della Bretagna e della Normandia. Ma dalla mia vita passata ho tratto anche diversi personaggi con i quali ho popolato le pagine di questo mio ultimo romanzo. Non solo “personaggi” positivi, anzi… Alcuni, purtroppo, attraversati da una tragica vena di follia. Tutto ciò generato dalla mancanza di amore.
Tutta la vita ho scritto. Ho iniziato a 9 anni. Mia madre mi propose di fare un regalino al mio fratellino e io gli scrissi una favola, illustrandola con orribili disegni (non sono affatto dotata in questo settore della creatività!). Ho sempre scritto considerandolo un secondo lavoro, al quale mi sono dedicata sempre più assiduamente a mano a mano che crescevo, ed ora lo faccio a tempo pieno. Gran bel mestiere, ma che purtroppo molto di rado consente la sopravvivenza economica.
È molto frustrante se si considerano il tempo e l’impegno necessari a creare un prodotto professionalmente valido.

Cosa pensi dell’ebook?
All’inizio tutto il bene possibile. Ho iniziato a leggere in formato elettronico nel 2011.
Comodo (soprattutto quando le librerie di casa hanno ormai alzato bandiera bianca!), praticissimo in viaggio e in vacanza (puoi avere con te decine di libri con un ingombro minimo). Ma poi a questa tecnologia si è affiancato il fenomeno dell’autopubblicazione. Così, visto che tutti si considerano scrittori, siamo stati invasi da milioni di manoscritti. Troppi. Molti sono lavori approssimativi, tirati via e sgrammaticati. E questo ha penalizzato in generale il libro elettronico. Molti lettori, dopo essere incappati in brutti libri, hanno preso le distanze da Self ed eBook.
Occorrerebbe una certa selezione, ma chi potrebbe farla? Per Amazon gli scrittori Indie rappresentano uno splendido business e quindi lo alimentano senza porsi questioni di qualità, e gli altri market plance seguono a ruota l’esempio del gigante di Seattle.
Peccato…

Grazie mille per il tempo che ci hai dedicato e in bocca al lupo per i tuoi futuri lavori!

Pubblicazioni dell’autrice

Angela De Pace Musicista: dal canto all’insegnamento e di nuovo al canto

musica e strumenti

Gli scrittori sono un po’ come gli investigatori: attenti ai dettagli e a ciò che succede attorno a loro. In un certo modo, chi scrive si intrufola nella vita degli altri e molti scrittori ammettono di attingere dal quel generoso magazzino per creare personaggi e costruire storie.

Ho deciso, quindi, di inaugurare una nuova rubrica in cui si evidenziano i pensieri e le riflessioni di chi opera nel campo della cultura in generale, e della scrittura in particolare, iniziando dallo stretto ambito di amici e conoscenti, senza preclusioni nei confronti di altri personaggi con i quali verrò in qualche modo in contatto. Del resto, molte persone che si incontrano casualmente ogni giorno possono essere potenziali personaggi per un nuovo libro, dal momento che le peculiarità individuali possono meglio risaltare in uno scambio fecondo di idee ed esperienze, come accaduto con Angela De Pace, musicista che conosco da molti anni e che incontro in un’aula dell’ Associazione “Artemusica” in Falconara M.ma (An), mentre sta eseguendo al pianoforte“Fly Me To The Moon”. Nella rievocazione della voce melodiosa di Ella Fitzgerald, penso che non può esserci modo migliore per iniziare un’intervista il cui tema centrale è la musica, il filo conduttore delle sue esperienze di vita. Diplomata al Conservatorio, dopo aver fatto concerti, audizioni e master di canto lirico, Angela si dedica da diversi anni all’insegnamento presso l’Associazione “Artemusica” di cui è anche Presidente.

Qual è secondo te il ruolo della musica nella cultura, oggi?
È una domanda complessa: io lavoro sia con i bambini sia con i ragazzi e mi trovo in difficoltà a rispondere a questa domanda. Per me, la musica è un elemento fondamentale nella vita dei ragazzi e adolescenti: abitua a stare con la gente, accresce la fiducia nelle proprie possibilità, rasserena gli animi. Qualunque progetto di studio o di scelta lavorativa faccia, un ragazzo trova nella musica occasione per esprimersi senza limitazioni, anche di tipo psico-fisico, come avviene con i ragazzi portatori di handicap che frequentano la nostra scuola.

Qual è stato il percorso per costituire l’Associazione?
Quando è nata, io non ne facevo ancora parte. È stata un’idea di giovani diplomati e laureati al Conservatorio “Rossini” di Pesaro e al Conservatorio di Pescara, per fare musica ed insegnare musica a Falconara, trovando nell’Amministrazione comunale del tempo un sostegno logistico ed economico. I corsi si tenevano all’epoca nei locali del vecchio Municipio, per essere trasferiti, poi, nei locali di un edificio appositamente costruito, tramite gara di appalto. Nel 1992, constatando la positiva risposta dei cittadini ai servizi offerti dalla scuola, fu deciso di costituire l’Associazione “Artemusica” che ha potuto sottoscrivere Convenzioni con il Conservatorio di Pesaro, per preparare professionalmente i ragazzi che frequentano i corsi dell’Istituto musicale “Federico Marini”, nuova denominazione assunta dalla Scuola. Nel 2016, poi, abbiamo aderito a Marche Music College, una rete formativa diffusa che offre ai propri allievi l’opportunità di accedere, ovunque risiedano, alle attività didattiche e ai corsi di formazione attivati. Per ultimo, si sono svolte audizioni per formare un’orchestra, con aspiranti venuti da tutto il mondo.

Quali sono le più recenti attività dell’Associazione “Artemusica”?
Tra gli ultimi lavori intrapresi, mi piace ricordare i “master jazz”, con ospiti di fama mondiale, che hanno avuto un’entusiastica risposta, soprattutto da parte dei giovani.
Inoltre, il nostro Coro di voci bianche ha partecipato anche quest’anno all’ultima stagione lirica al Teatro delle Muse di Ancona, nell’opera “Tosca”. Fra poco inizieranno i preparativi per l’indizione del concorso “Premio Federico Marini” che quest’anno è stato posticipato a novembre per motivi organizzativi e al quale possono partecipare candidati di varie fasce di età: bambini dai 5 anni, ragazzi e adulti fino a 30 anni.

Raccontaci qualcosa della tua esperienza con i bambini e il coro delle voci bianche.
È sempre interessante lavorare con i bambini e quest’anno, per la prima volta, ho introdotto nelle mie lezioni l’esperienza dell’ascolto. Prima di iniziare la vera e propria lezione di coro, faccio ascoltare per circa mezz’ora della musica, da quella del ’400 fino ai giorni nostri, inserisco un brano che non conoscono, stanno in silenzio e ascoltano, poi fanno domande e mi rivelano le loro preferenze. Ottenere la piena attenzione degli allievi è un risultato di tutto riguardo, oltre alla soddisfazione di vederli ascoltare coscientemente la musica.

Progetti futuri?
Ne abbiamo tantissimi. Quello più importante, almeno per me, è di realizzare un coro professionale di voci bianche., ma anche riuscire a far diventare la scuola un vero e proprio punto di riferimento per futuri jazzisti di talento e per giovani musicisti, costituisce un ambito traguardo. Per dare maggior peso e prestigio alla struttura, abbiamo recentemente cambiato lo Statuto denominandola Istituto musicale “Federico Marini” – Associazione musicale “Artemusica”.

Il sogno personale di Angela?
Dar vita ad un coro formato sia da voci bianche sia da ragazzi, in grado di cantare di tutto, dal repertorio sinfonico a quello sacro e a quello moderno, i cui componenti, prima che cantanti, siano dei musicisti. A tal fine, sto scrivendo un trattato di canto, il cui titolo “…è alta…”, tratta dall’interazione pronunciata dagli allievi nel momento in cui si fermano improvvisamente durante l’esercizio di un vocalizzo per le difficoltà di una che deve essere cantata “alta”. A forza di sentire questa frase, ho pensato che possa diventare il “simbolo” delle difficoltà che incontrano i cantanti alle prese con tessiture difficili e dell’impegno che devono profondere per migliorare e diventare dei professionisti.

Invece, Angela cantante?
(sorridendo) Angela, più che cantante si sente musicista, senza voler togliere nulla ai cantanti. Ai miei allievi dico sempre che il canto è uno strumento musicale pieno di mistero, che per essere messo a punto richiede tanto sacrificio. Studiare canto è davvero faticosissimo. La voce è lo strumento invisibile che sta dentro di noi, per questo è difficile lavorarci e lo è ancor di più quando non è il tuo. Le difficoltà dei musicisti nell’esprimersi, sono le stesse, ma enfatizzate perché nella voce c‘è la componente emotiva che vi traspare in maniera ancora più individuale.

Angela sorride di nuovo, quando suggerisco che il cantante è anche un po’ psicologo, e aggiunge: Me lo dicono in molti!

Credo sia come scavare per portare la voce all’esterno, ribatto, e Lei conferma: Scavare è un’operazione anche nella tecnica vocale. Ribadisco continuamente con i miei allievi: scaviamo, scaviamo, scaviamo, e a forza di scavare, oltre ai problemi tecnici, vocali, emergono anche quelli caratteriali. Il canto diventa, a volte, anche un modo per curare le difficoltà e le problematiche di ordine psicologico.

Per chi volesse conoscere le attività e gli eventi organizzati dall’Associazione “Artemusica”: www.facebook.com/groups

Saverio Santoni: quando la musica è una scelta di vita

organo chiesa

Gli scrittori sono un po’ come gli investigatori: attenti ai dettagli e a ciò che succede attorno a loro.
In un certo modo, chi scrive si intrufola nella vita degli altri e molti scrittori ammettono di aver attinto per creare i loro personaggi e costruire delle storie dal generoso magazzino della vita.
Perciò, ho deciso di inaugurare una serie di interviste, una nuova rubrica in questo calderone di notizie, pensieri e riflessioni che ruotano attorno alla scrittura e alla cultura in genere.
Al momento, ho deciso di investigare nel giro stretto dei miei amici e conoscenti, e mi riservo di includere in futuro altre persone interessanti con cui entrerò in contatto in qualche modo.
Il mio è un progetto ambizioso e non so se riuscirò nel mio intento; vorrei poter mostrare lo scopo più profondo di chi scrive: l’unicità di ogni essere umano e di ogni storia.
Del resto, molte persone che si incontrano casualmente ogni giorno possono essere potenziali personaggi per un nuovo libro.
Io ho voluto, a modo mio, dar voce a queste persone comuni, ma per me speciali, che affrontano come tutti noi, difficoltà e scelte impegnative ogni giorno.

Saverio Santoni è un organista e compositore di notevoli capacità.
Lo conosco da diversi anni e apprezzo, oltre alla sua bravura, la modestia che lo contraddistingue.
Anche lui fa parte di quel “sottobosco” di persone comuni, ma non troppo. Persone speciali che non sono famose solo perché non hanno ancora raggiunto la notorietà che meriterebbero.

Qual è stato “l’evento scatenante” che ti ha portato a dire a te stesso: voglio fare il musicista?
Premetto che sono sempre stato abituato alla musica avendo il pianoforte in casa (di mia madre), su cui da piccolo improvvisavo melodie per lunghe ore… Poi un giorno mi sono trovato in un’aula della Scuola Pergolesi di Jesi, la mia città, e ho visto una tastiera: quello strumento, simile al pianoforte ma decisamente più tecnologico (il display, i tasti dei comandi numerici, i controlli dell’equalizzazione…) mi aveva affascinato così tanto da decidere di prendere lezioni di musica.

Perché tra tanti strumenti musicali hai scelto proprio l’organo a canne?
La decisione venne gradualmente, mentre studiavo ancora tastiera, sentendo dei dischi e curiosando su qualche enciclopedia: inizialmente chiesi al mio parroco di farmi vedere l’organo che avevamo in chiesa, poi mi offrii per suonare alle messe della domenica, e infine decisi di iscrivermi al Conservatorio.
Credo di essermi avvicinato all’organo per il fatto che, come la tastiera elettronica, è una “macchina con tanti comandi”: padroneggiare questo strumento che ha tante tastiere, la pedaliera, registri con canne di ogni forma, lunghe da 20 metri (o più) a pochi millimetri, ti permette di creare sonorità stupefacenti, dalle più forti alle più misteriose e delicate.

C’è una corrente musicale, un periodo specifico, o qualche autore che prediligi?
Ci sono dei generi, a cui sono più abituato, che mi prendono più dal lato “emotivo” (la musica sinfonica, in particolare quella tra ‘800 e ‘900, l’opera, la musica da film). Altri invece mi incuriosiscono, come la musica contemporanea, la musica leggera di oggi… e più passa il tempo più mi stimolano ad ascoltare altri brani dello stesso stile.
Credo che la musica che ti arriva veramente sia quella che ti spinge a produrre, in qualche modo, della “tua” musica (che si tratti di cantarla sotto la doccia, suonarla, o comporla!). In ogni caso l’esperienza da musicista ti insegna, col tempo, a valorizzare qualunque musica cui tu vada incontro.

Quali sono a grandi linee le difficoltà che incontra un musicista sia tecniche, legate alla professione, sia pratiche, quando finito il percorso di studi entra nel complesso mondo della promozione e affermazione del proprio lavoro?
Secondo me sono due le difficoltà in particolare: una è riuscire a “farsi notare”, proponendoti a un numero crescente di persone (sacrificando del tempo per lo studio… ma anche per allacciare contatti, se necessario), l’altra è quella di saper adattare le tue capacità alle richieste che giungono… In ogni caso devi avere un’idea chiara di quali sono le tue potenzialità e quegli aspetti che, nella tua personalità musicale, ti distinguono dagli altri.

Che cosa ami di più della tua professione di musicista e compositore?
Il fatto che fare musica ti emoziona ogni volta, ma allo stesso tempo ti mette alla prova: se nella tua attività il divertimento e la curiosità si rinnovano, vuol dire che la strada è giusta.

Che cosa cambieresti del tuo percorso fin qui e cosa lasceresti invariato?
Col senno di poi avrei iniziato prima lo studio della composizione… ma in realtà lo stesso spirito di gioco che avevo una volta, nel comporre, ce l’ho ancora oggi!

Saverio suonerà a Falconara (AN) il 14 maggio 2017.
Per chi desiderasse intervenire: www.facebook.com/events

Giuliana Ascani: la giornata di un… consulente finanziario

Consulente finanziario alla scrivania

Gli scrittori sono un po’ come gli investigatori: attenti ai dettagli e a ciò che succede attorno a loro.
In un certo modo, chi scrive si intrufola nella vita degli altri e molti scrittori ammettono di aver attinto per creare i loro personaggi e costruire delle storie dal generoso magazzino della vita.
Perciò, ho deciso di inaugurare una serie di interviste, una nuova rubrica in questo calderone di notizie, pensieri e riflessioni che ruotano attorno alla scrittura e alla cultura in genere.
Al momento, ho deciso di investigare nel giro stretto dei miei amici e conoscenti, e mi riservo di includere in futuro altre persone interessanti con cui entrerò in contatto in qualche modo.
Il mio è un progetto ambizioso e non so se riuscirò nel mio intento; vorrei poter mostrare lo scopo più profondo di chi scrive: l’unicità di ogni essere umano e di ogni storia.
Del resto, molte persone che si incontrano casualmente ogni giorno possono essere potenziali personaggi per un nuovo libro.
Io ho voluto, a modo mio, dar voce a queste persone comuni, ma per me speciali, che affrontano come tutti noi, difficoltà e scelte impegnative ogni giorno.

Giuliana Ascani è consulente finanziario da più di venti anni.
Una professione impegnativa e piena di responsabilità, ma anche molto gratificante.
La prima domanda che mi è venuta in mente, pensando al suo lavoro, è stata: come si svolge la tua giornata?

La mia giornata inizia con il consultare la posta aziendale per essere sempre informata su novità, appuntamenti e impegni vari.
Intorno alle nove mi reco in ufficio, qui incontro la mia segretaria, insieme programmiamo le cose da fare per la giornata e le visite che farò nel pomeriggio.
Normalmente prendo appuntamento con tre, quattro persone al giorno e prima di incontrarle, studio con cura l’andamento del loro portafoglio e controllo se i loro obiettivi sono in divenire.
Prendo contatti quotidianamente per gli incontri futuri, controllo le urgenze e predispongo la pianificazione del mese; la mia segretaria appronta i contratti cartacei e telematici in base alle proposte che io ho già preparato e, successivamente, incontro i clienti presso la loro azienda o in famiglia oppure nel mio studio.

Che cosa ti piace di più del tuo lavoro?
Il mio lavoro si basa sulla formazione personale e sull’educazione finanziaria del cliente: mi assicuro che i miei clienti comprendano con chiarezza quello che si fa insieme per la crescita del patrimonio.
Mi piace molto incontrare persone nuove, oltre ai clienti che seguo già da tempo, informarmi sui loro progetti, conoscere bene cosa fanno e quali sono le loro esigenze per poi, individuare insieme gli strumenti finanziari per realizzarle.
Anche la preparazione professionale che la mia struttura mi fornisce è per me un momento molto gratificante.
A Milano, abbiamo un vero campus, dove i migliori docenti universitari ci formano su argomenti che riguardano la nostra professione.
L’ultimo corso al quale ho partecipato è stato di Public Speaking tenuto da un attore teatrale che ci ha insegnato a relazionarci con il pubblico.
Come avrete capito, il mio lavoro è fatto di relazioni, la cosa più bella è conoscere le persone e aiutarle a realizzare i propri sogni e progetti.

Daniela Carbini: insegnante, traduttrice e interprete

libri aperti e matite

Gli scrittori sono un po’ come gli investigatori: attenti ai dettagli e a ciò che succede attorno a loro.
In un certo modo, chi scrive si intrufola nella vita degli altri e molti scrittori ammettono di aver attinto per creare i loro personaggi e costruire delle storie dal generoso magazzino della vita.
Perciò, ho deciso di inaugurare una serie di interviste, una nuova rubrica in questo calderone di notizie, pensieri e riflessioni che ruotano attorno alla scrittura e alla cultura in genere.
Al momento, ho deciso di investigare nel giro stretto dei miei amici e conoscenti, e mi riservo di includere in futuro altre persone interessanti con cui entrerò in contatto in qualche modo.
Il mio è un progetto ambizioso e non so se riuscirò nel mio intento; vorrei poter mostrare lo scopo più profondo di chi scrive: l’unicità di ogni essere umano e di ogni storia.
Del resto, molte persone che si incontrano casualmente ogni giorno possono essere potenziali personaggi per un nuovo libro.
Io ho voluto, a modo mio, dar voce a queste persone comuni, ma per me speciali, che affrontano come tutti noi, difficoltà e scelte impegnative ogni giorno.

Daniela, come e perché hai iniziato a studiare per diventare una traduttrice e interprete?
Io ho sempre avuto una grande passione per le lingue e in particolare, mi è sempre piaciuto parlare in una lingua straniera, per cui ho intrapreso un percorso di studi che mi consentisse di padroneggiare appieno lingue diverse dalla mia.

Qual è secondo te la cosa più importante per un buon traduttore e interprete?
Eccellenti conoscenze in settori specifici, la capacità di distinguere contesti, tradurre e interpretare frasi e discorsi in modo chiaro, al fine di rispecchiare, il più possibile, il significato originale.

Perché è importante studiare una lingua straniera?
Io penso che conoscere una lingua straniera ci dia la possibilità di scoprire qualcosa di nuovo che riguarda un’altra cultura e un altro modo di pensare. Inoltre, padroneggiare una lingua straniera ci aiuta a metterci in contatto con altre persone.

Quali sono i valori che cerchi di trasmettere come docente?
Per me, la modestia e l’impegno costante sono essenziali e bisogna sempre pensare che ogni volta che si fa una traduzione o un lavoro di interpretariato si è di fronte a qualcosa di nuovo.

Quali sono le tue aspirazioni future?
Vorrei continuare a lavorare nei settori in cui sto lavorando adesso: traduzioni e interpretariato, e avere sempre nuove possibilità per migliorare le mie capacità.

“MILLE PAROLE D’AMORE” edizioni Piemme

Mille parole d'amore
Quando decide di partire per Monaco e di costruirsi un futuro diverso, Tosca si è lasciata alle spalle un ex fidanzato e una ex migliore amica infedeli. Trovarli nel letto assieme è stato un colpo durissimo e ora superare la delusione non è facile. Per Tosca è il momento di ributtarsi nella mischia. In un nuovo paese, con un nuovo lavoro e magari chissà, un nuovo amore. Niente di meglio allora per dimenticare il passato che un incontro imprevisto ed emozionante con un uomo bello, affascinante, misterioso e incredibilmente romantico come Michael. Eppure, nonostante l’irresistibile principe azzurro, le cose non filano lisce come Tosca desidera. Ci vorranno una vera amica e una buona dose di sincerità per ridare a Tosca la fiducia necessaria a ricominciare a credere nell’amore. Perché non sempre i sogni sono troppo belli per essere veri.

per saperne di più: www.leggereonline.com

Intervista a Elisabetta Rossi: uno sguardo a “Punizione mortale”

Cover Punizione mortale

Elisabetta Rossi è nata ad Ancona. Il suo incontro con l’editoria avviene grazie alle illustrazioni per un libro di favole: “Cammerville”. Poi, una rivista femminile a tiratura nazionale le ha dato l’occasione di saggiare le sue qualità di scrittrice. La collaborazione è durata quattro anni, attraverso racconti e romanzi brevi. Nel frattempo, il desiderio di scrivere inseguiva nuove e più impegnative mete: un romanzo più ampio e strutturato.
Nel settembre del 2008 l’Armando Curcio Editore pubblica il suo primo libro, sotto pseudonimo. Questa avventura è proseguita con la pubblicazione di altri due romanzi rosa e quattro gialli, l’ultimo uscito a giugno 2012. La tappa successiva è stata l’editoria digitale, affrontata come self-publisher. Attualmente, la sua “squadra” di ebook autopubblicati spazia dal romance al giallo, con titoli presenti su molti store online.

Il suo sito: www.librarsi.net

Il romanzo: Punizione mortale

Una coppia di ispettori: Reinhold Steiger e Greta Fabbri, indagano sull’omicidio di Guglielmo Gentili professore di Storia dell’Arte del Liceo Artistico di Sevriere.
L’uomo viene ritrovato nei laboratori del liceo con una colata di gesso nella bocca, ma non è quella la causa della morte. Il gesto teatrale dell’assassino sembra più un messaggio o l’estemporanea di un artista.
I due ispettori presto verranno affiancati nelle indagini da Simona Ferretti, commessa in una libreria e dal club Il popolo dell’autunno un gruppo di assidui frequentatori, nonché proprietari della libreria stessa.

CASA EDITRICE: Narcissus Self Publishing (http://narcissus.me/about/)
ANNO DI PUBBLICAZIONE: 2013
GENERE: giallo
PAGINE: 225
PREZZO: 0,99 Euro

Il libro è disponibile su Amazon, Apple Store, Feltrinelli, InMondadori, Kobo Books, IBS, Ultima Books, ecc.

E adesso, le domande…

D: Felice approdo ad Autori Sul Web! Per cominciare, ti va di parlaci un po’ di te e dei tuoi principali interessi?
R: Ho riempito di scrittura quaderni di poesie e racconti sin dall’infanzia e tutto, solo per passione. Questo è il mio principale interesse. Amo leggere, perdermi in narrazioni che portano lontano, ad esempio, in pericolose e avventurose attraversate dell’Antartide o insieme agli scalatori sulle cime di montagne insidiose, sempre alla ricerca di approfondire l’animo umano, spaziando al contempo con la fantasia.

D: Veniamo alla parte letteraria. Come nasce la tua passione per la scrittura?
R: Quando mi sono resa conto che, dopo la lettura, la scrittura era diventata una necessità, per far vivere le mie emozioni, le mie passioni e per dare voce a personaggi che altrimenti sarebbero rimasti confinati nella mia testa. Dovevo in qualche modo dare voce a quello che sentivo era una priorità come quella di respirare.

D: Quali generi o autori ti hanno più influenzato?
R: Ho iniziato a scrivere gialli dopo aver letto i romanzi di Ed McBain. Il suo modo di scrivere mi ha letteralmente stregato: la cura meticolosa dei particolari, l’originalità di inserire nel testo piantine della scena del crimine, reperti e rapporti stilati dal suo personaggio più famoso il detective Steve Carrella e la caratterizzazione dei componenti della squadra dell’87° distretto. Tutti questi elementi sono stati per me una palestra e una fonte di ispirazione per iniziare a cimentarmi con questo genere.
Ovviamente, non ho disdegnato i classici: i macchinosi ragionamenti di Sherlock Holmes e i suoi dibattiti con il dottor Watson mi hanno affascinato e fornito ulteriori spunti per le mie storie. Più recentemente, ho assaporato la tagliente scrittura di Michael Connelly, ma mi catturano anche romanzi scritti da antropologi forensi, come Kathy Reichs e Bill Bass, l’ideatore della “Fabbrica dei corpi”, che insieme a Jon Jefferson scrive ottimi libri medical thriller. Poi, ci sono i libri di avventura, altra mia passione e anche quelli di guerra. Questi, quindi, sono stati i miei mentori, il resto è lavoro della mia immaginazione che si diletta in trame intricate dove i particolari rivestono un ruolo fondamentale.

D: E ora occupiamoci del romanzo che proponi. Da dove scaturisce l’idea? Hai dovuto svolgere ricerche particolari?
R: “Punizione mortale” ha come luogo privilegiato di svolgimento: una singolare libreria, dove Simona, un’intraprendente precaria troverà lavoro come commessa. La libreria in questione è posta in un vicolo della sua città che lei non aveva mai percorso e sembra sorta dal nulla quasi per magia, forse è stato questo che mi ha spinto a scrivere questo giallo, girando per una città che per tanti anni ho sentito mia e scoprire luoghi che non avevo mai considerato o che mi erano sfuggiti. Un po’ come tornare ragazzi anche inserendo nella narrazione un gruppo di anziani intellettuali che gestiscono la libreria e un club letterario, ma solo perché a me affascinano i racconti di chi ha vissuto prima di me e conosce parti di una città e della sua storia perché ne ha fatto parte durante periodi storici particolari, come la guerra.

D: I personaggi che hai creato da dove nascono? Che sentimenti provi per loro?
R: Sono sempre parte della mia vita, fino a che non termino di scrivere il libro. Sono invadenti e petulanti: non mi lasciano in pace fino a che non ho messo nero su bianco la loro storia. Qualche volta mi sento solo un tramite… niente di trascendentale, solo una spiccata irrazionalità che mi colpisce ogni volta che inizio l’avventura di scrivere un romanzo.

D: Emozioni e considerazioni. Cosa hai voluto trasmettere al tuo pubblico?
R: Spero solo di averlo coinvolto a sufficienza ogni volta che scorre le righe del mio racconto. Se sono riuscita a emozionarlo, appassionarlo, distrarlo dalla sua vita, vuol dire che ho raggiunto il mio scopo: regalare qualche ora di assoluta evasione.

D: Cosa ti piacerebbe fare da grande? Qualche progetto per il futuro?
R: Continuare a scrivere e ad emozionarmi mentre scrivo. Riuscire a rendere questa grande passione una professione per viverci. Difficile fare progetti concreti, l’editoria italiana sa come distruggerli tutti, per questo sono passata all’autopubblicazione, una scommessa che per ora sto vincendo, per il futuro vedremo.
Grazie per la tua disponibilità e per l’occasione che mi hai dato di poter parlare di me, purtroppo, non sono molto brava a farlo, preferisco affidare ai miei personaggi l’arduo compito di rappresentarmi.

Io non aggiungerei altro. Da questa intervista emerge un’autrice più che in gamba, voi che dite?

 

autorisulweb.blogspot.it

 

Intervista ad Anna Rita Rossi

Il filo di Carmela

Anna Rita Rossi ha pubblicato due opere in cartaceo “Cammerville” (Tabula Fati) e “P. Pierbattista da Falconara O.F.M. un sacerdote musicista” (Free Service Edizioni), rispettivamente un libro di favole per bambini e un saggio biografico.

Per quanto riguarda le pubblicazioni online ha all’attivo i seguenti ebook: L’assassino va in scena, Il filo di Carmela, la danza maledetta, Filastrocche bislacche, Le cinque W, Il teatro stregato, Il pianoforte scomparso, Gonzalo e la città misteriosa.

I suoi hobby sono la fotografia, il disegno e il canto.

 

Il romanzo: Il filo di Carmela

Mancano solo venti giorni al concerto di Natale, quando Claudio, direttore della corale, viene accusato dell’omicidio della sua ragazza. Una delle coriste, Carmela, è la moglie dell’ispettore di polizia che si occupa delle indagini. La donna, oltre ad avere una passione per il lavoro a maglia, è anche un’abile “detective” e suo marito si avvale spesso dei suoi preziosi consigli. Anche questa volta il suo intuito risulterà determinante per sbrogliare una matassa molto aggrovigliata.

CASA EDITRICE: Narcissus Self Publishing http://narcissus.me/about
ANNO DI PUBBLICAZIONE: 2013
GENERE: giallo
PAGINE: 83
PREZZO: 0,99 Euro

Il libro è reperibile sui principali bookstore online (Amazon, InMondadori, Kobo, ecc.)

E adesso, le domande…

D: Felice approdo ad Autori Sul Web! Ti va di parlarci un po’ di te e dei tuoi principali interessi?
R: Salve e innanzitutto grazie per avermi offerto questa opportunità per farmi conoscere e per far conoscere uno dei miei libri.
Sono nata in Ancona, ho frequentato l’Istituto D’arte e poi, mi sono laureata al DAMS, (sezione Musica). Ora, lavoro come grafica in un’agenzia di comunicazione e nel tempo libero mi dedico alla scrittura.

D: Veniamo alla parte letteraria. Come nasce la tua passione per la scrittura?
R: Ho sempre amato scrivere. Per me è un canale preferenziale di comunicazione. Ho iniziato scrivendo libri per bambini. Poi, circa un anno fa ho proseguito scrivendo due racconti e due brevi romanzi gialli per adulti e finalmente, grazie agli ebook e alla possibilità di auto pubblicarsi sono riuscita a mettere nelle “vetrine” online la mia “produzione”.

D: Quali generi o autori ti hanno più influenzato?
R: Il genere è senz’altro il giallo. Per gli autori non ho preferenze spiccate, leggo molte cose diverse. Sicuramente, un autore che amo molto è Ray Bradbury, ammiro il suo stile in grado di contaminare e rendere unico ogni genere da lui sperimentato.

D: E ora occupiamoci del romanzo che proponi. Da dove scaturisce l’idea? Hai dovuto svolgere ricerche particolari?
R: L’idea del romanzo è partita dalla mia esperienza personale: canto in un coro e nella storia si parla di un concerto e di un omicidio del quale viene accusato proprio il direttore del coro. La musica è indubbiamente per me una grande fonte di ispirazione.
Ho fatto delle ricerche particolari per la storia, ma le ho usate solo in parte, avendo poi modificato alcuni aspetti durante la stesura.

D: I personaggi che hai creato da dove nascono? Che sentimenti provi per loro?
R: I personaggi, almeno alcuni, hanno degli aspetti che ho ripreso da atteggiamenti e modi di fare di persone che conosco, ma sono solo degli accenni. Provo simpatia per loro, soprattutto per alcuni, ad esempio Carmela. Il suo nome non l’ho scelto a caso è quello di una ex collega del coro dove canto che è venuta a mancare da alcuni anni. Una donna speciale che ammiravo molto e alla quale ero molto affezionata.

D: Emozioni e considerazioni. Cosa hai voluto trasmettere al tuo pubblico?
R: L’emozione che avverto maggiormente è la gioia che provo quando scrivo, anche se spesso costa fatica mettere in ordine i pensieri e poi trasferirli su un foglio. Inoltre, ogni volta che sto lavorando ad un nuovo libro ho una sensazione di appagamento e soddisfazione. A chi legge i miei libri vorrei regalare delle parole da ricordare e trattenere nella memoria, ma soprattutto, vorrei che potessero trascorrere del tempo piacevole in compagnia dei miei libri.

D: Cosa ti piacerebbe fare da grande? Qualche progetto per il futuro?
R: Vorrei riuscire a scrivere un libro più corposo, con personaggi più definiti e concreti. Sto già lavorando ad un nuovo giallo e sto leggendo moltissimo e studiando un’infinità di cose, perché quello che desidero di più è migliorare e crescere: questo è il mio progetto per il futuro.

Complimenti, davvero. Una produzione molto ricca e interessante, oltre che di qualità. A chi ci legge, consiglio di cuore le tue opere: sento che hanno la vibrazione giusta!

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“Corpi” intervistato su FB

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Ciao Elisabetta, benvenuta. Parlaci di te, delle tue letture preferite, e se queste in qualche modo hanno influito sui tuoi libri o sul tuo stile.
Prima di tutto grazie per lo spazio che mi concedete. Il mio incontro con il genere che mi appassiona: il giallo investigativo, risale a quando per la prima volta lessi Ed McBain, il suo modo di narrare, l’inserimento nei suoi romanzi di materiale eterogeneo quale: rapporti, piantine della scena del crimine, foto o disegni mi hanno colpito molto: era una cosa che non avevo visto in nessun altro libro giallo.
Mentre mi addentravo nelle sue pagine ho avuto la sensazione che questa sua capacità di illustrare rendesse i suoi romanzi simili a dei diari dove lo scrittore diventava un tutt’uno con gli investigatori tramite questi suoi particolari “appunti” che condivideva con i suoi lettori. Mi sono sentita un po’ come uno spettatore che sta dietro le quinte ed in grado di vedere il copione della storia che si sta formando, come fosse un lavoro ancora allo stato grezzo.
Poi, con il tempo sono approdata ad altri generi, anche se McBain, insieme a Doyle e Connelly, rimangono i miei autori preferiti. Ultimamente mi sono soffermata su alcuni antropologi che trovo molto interessanti, già solo per il fatto singolare di aver deciso di mettere al servizio della narrazione la loro professionalità: Kathy Reichs, Bill Bass e Cristina Cattaneo i cui libri sono davvero toccanti.
Non mi sento quindi racchiusa in uno stile di scrittura sono i miei personaggi ad avere una tipologia più definita: diretti, caustici, ironici, riflessivi… io scrivo solo quello che vedo e sento.

Parlaci del tuo romanzo: di quale genere fa parte, della trama e dell’ambientazione, se è un racconto singolo o fa parte di una saga.
CORPI è un giallo investigativo che ha come location Udine. La protagonista femminile è l’ispettrice Rachele Giuliani una donna molto chiusa, per niente diplomatica, caustica, ma mai cinica, soprattutto nei confronti delle persone che vivono con difficoltà ai margini della società. Non si ferma davanti a niente, ha solo qualche attimo di confusione e incertezza quando si troverà “faccia a faccia” con la presenza di un’altra donna: la ex proprietaria della casa dove adesso vive lei. La donna si chiamava Lucrezia ed è scomparsa nel nulla, in circostanze misteriose, molti anni prima dell’arrivo di Rachele ad Udine. Questa donna diventerà una presenza costante, che metterà in discussione molte delle convinzioni estremamente razionali di Rachele.
Un altro personaggio che la costringerà a fare i conti con le sue decisioni di vita è Tomas Navarro: giornalista e scrittore di cronaca nera. Tra loro nascerà un rapporto conflittuale, nonostante Rachele abbia messo subito in chiaro sin dall’inizio quali saranno le regole della loro “relazione”: sesso per puro divertimento e nessun coinvolgimento sentimentale.
Il caso di cui si occuperà in questo episodio Rachele è per lei oltremodo coinvolgente: alcune donne sono state abbandonate in luoghi isolati e trattate come corpi senza valore da chi le ha uccise e se ne è sbarazzato senza troppi problemi.
L’ispettrice Giuliani è un personaggio che mi è particolarmente caro, infatti, sto già scrivendo il secondo episodio e anche qui non mancheranno descrizioni particolareggiate delle indagini, a livello di medicina legale e di antropologia forense.

Se dovessi usare solamente tre aggettivi per descrivere il tuo romanzo, quali sarebbero questi aggettivi, e perché?
Introspettivo, perché ogni narrazione è un viaggio anche dentro se stessi.
Coinvolgente, perché se il romanzo scava a fondo vuol dire che sono riuscita a far capire il mio punto di vista.
Toccante, perché la vita dei protagonisti è uno spaccato della realtà.

Qual è il punto di forza del tuo romanzo, l’aspetto che più lo contraddistingue, la scintilla che dovrebbe spingere il lettore a leggerlo?
Non saprei.
A questa domanda dovrebbero rispondere i lettori: sono loro che scelgono. Noi scrittori apparecchiamo la tavola, ma non possiamo obbligare nessuno a mangiare e ovviamente non possiamo scegliere quale vivanda possa essere più gradita al loro palato.

Grazie ancora per il tempo che ci hai dedicato, se vuoi aggiungere qualcosa, questo è il tuo momento.
Fatevi trasportare dalle emozioni, sempre, senza pensare di sbagliare.
L’istinto è più saggio di qualsiasi ragionamento lo sanno bene i miei personaggi che vivono seguendo alla lettera questo diktat.
Io ovviamente li amo tutti e attraverso loro manifesto le mie emozioni e le mie perplessità, spero che i lettori possano apprezzarli quanto me. Buona lettura.

www.facebook.com/Selfpublishers-United

Self-publishing la nuova frontiera per gli scrittori: Elisabetta Rossi

Narcissus Stories: Elisabetta Rossi e l’autopubblicazione con Narcissus

Pubblicato da Giacomo D’Angelo il 26 settembre, 2012

Elisabetta aveva già scritto per noi. Ora con questo nuovo post vuole condividere nuovamente la sua esperienza dopo 4 mesi di collaborazione con Narcissus.

In questi quattro mesi ho vissuto un’esperienza che mi ha catapultata in una realtà che non conoscevo e che mi ha sorpreso, piacevolmente devo dire, e non solo per la disponibilità che ho trovato nei collaboratori della Simplicissimus Book Farm, che, ovviamente, come in tutte le realtà lavorative hanno dovuto affrontare degli inconvenienti per riuscire a dare spazio a tutti noi autori, che comunque sono riusciti a risolvere.

Questioni tecniche che esulano dalle competenze di chi scrive e crea problemi a cui un autore non pensa. Posso dire, per quanto mi riguarda, che la loro disponibilità ha superato ogni disservizio degli store ai quali sono collegati e sono rimasta stupita dal numero di librerie online dove sono in vendita i miei ebook.

Oltre alla disponibilità del team di SBF, bisogna anche considerare che, grazie a loro, gli autori che decidono di auto pubblicarsi possono usufruire di una vetrina che nessun editore italiano per il momento può mettere a disposizione di un autore che non sia più che blasonato.

Ho venduto e anche molto e, fino a che non ho visto i risultati, non pensavo fosse possibile, in pochi mesi e senza lanci pubblicitari, tranne dei semplici annunci su Facebook e mediante il sito librarsi.net, mio e di mia sorella, di ottenere tali riscontri positivi alle mie pubblicazioni.

So perfettamente che gli scrittori che pubblicano con grandi case editrici ci classificano come scrittori di serie B. Io vengo dal cartaceo e da un’esperienza con una nota casa editrice, quindi, conosco le regole del mercato editoriale.

Gli esordienti o comunque tutti quelli che cercano di farcela con le loro sole forze vengono sottopagati, sfruttati fino all’osso con dei contratti capestro, con il miraggio di vedere la propria “creatura” in libreria o in edicola, miraggio perché questi autori, proprio come è accaduto a me, sono costretti ad accettare condizioni molto sfavorevoli, pagando un prezzo molto alto in cambio di una finta notorietà.

Io, quindi credo nell’autopubblicazione che se non altro evita l’umiliazione che si deve subire cercando di entrare nell’élite blindata dell’editoria cartacea.

Certo il gioco ha le sue regole, alla fine sei solo, devi essere manager di te stesso, devi “venderti” e affrontare la diffidenza di quelli che credono che hai scelto questa strada solo perché gli editori non ti ritengono abbastanza bravo per entrare nelle loro cerchie.

Io posso dire a testa alta di avere scelto: ho deciso di interrompere il mio contratto con la nota casa editrice perché non c’era più un rapporto di fiducia e perché non c’è mai stata una relazione alla pari, così ho deciso di autopubblicarmiper intraprendere una strada nuova che ritengo più proficua e soddisfacente, e le vendite per ora mi danno ragione.

La mia scrittura non ne ha sofferto, anzi, le ricerche per ogni libro o racconto che esce dalla mia “penna” hanno lo stesso rigore e perfezionismo che mi ha contraddistinto finora.

Ribadisco che non è una scelta facile, la strada è comunque in salita, ma posso dire che la responsabilità di cui vi sentirete investiti è pari alla libertà che avrete di esprimervi, un ulteriore guadagno per i vostri lettori che vi assegneranno altrettanto liberamente lodi e a volte anche aspre critiche.

L’unica cosa che non è cambiata per me è l’impegno che profondo nel mio lavoro e il desiderio di riuscire a trattenere il lettore sulle pagine che scrivo e sono sempre qui ad aspettare ogni suggerimento valido per migliorare le mie capacità di scrittrice.

Questo articolo è stato scritto liberamente da Elisabetta Rossi per testimoniare la sua esperienza d’uso di Narcissus. Grazie Elisabetta!