L’interpretazione tra una lingua e un’altra: un esercizio mentale a 360 gradi

welcome lingueQuando mi trovo a lavorare come interprete tra il pubblico c’è sempre qualcuno che mi chiede, stupito: ma come fai a tradurre simultaneamente in un’altra lingua la persona che sta parlando?

Non che io sia un genio, è una domanda che viene posta sia a me che ai miei colleghi 🙂

In effetti spesso me lo chiedo anche io e chissà, forse tutto è iniziato quando grazie alla mia grande curiosità e voglia di esprimermi in altre lingue, ho scoperto che tradurre in simultanea, o meglio interpretare le parole di un’altra persona è qualcosa di davvero unico.

Interpretare è semplicemente ciò che dobbiamo fare quando vogliamo parlare in un’altra lingua: come diceva il mio professore all’università “KISS” ovvero “Keep It Short and Simple” – una grande e semplice raccomandazione che non bisogna mai dimenticare. Se quando traduciamo, interpretiamo e semplifichiamo le frasi, saremo in grado di esprimere il concetto nel modo più chiaro possibile. Interpretare significa entrare nel pensiero dell’oratore che dobbiamo tradurre, comprendere a fondo tutto il contesto che circonda la tematica di cui si sta parlando ma anche il suo background.

Una parte fondamentale dell’interpretazione è legata alla lingua di partenza e a quella di arrivo: ogni lingua infatti ha le sue caratteristiche che si riflettono nell’oratore. Quando dobbiamo interpretare, la nostra mente è come estraniata da ciò che ci circonda e deve svolgere tre funzioni fondamentali: comprendere il senso di quanto l’oratore sta affermando, rielaborare il concetto nella lingua di arrivo e riproporre il tutto con la massima coerenza e chiarezza. Ciò che conta non è tradurre meccanicamente ogni frase detta ma appunto interpretarla per far sì che chi ci sta ascoltando sia perfettamente a suo agio e partecipe.

Per interpretare, conoscere perfettamente la lingua di arrivo e di partenza (lingua madre o lingua straniera) non è sufficiente: non essendo un mero esercizio di traduzione meccanica l’interprete deve mantenere sempre la calma e dominare le paura di sbagliare che come essere umano ha.

Un esempio molto chiaro è quello del tedesco: se dobbiamo interpretare un oratore che sta parlando in tedesco non possiamo parlare “inseguendolo” nel suo ragionamento visto che fino alla fine della frase spesso non conosciamo il verbo che nella maggior parte dei casi è l’ultima parola che ascoltiamo. Inoltre il tedesco è ricco di parole composte e per interpretarne il significato dobbiamo fare un vero e proprio esercizio di comprensione legata al contesto e riformulazione: il nostro atteggiamento deve essere distaccato dalla singola parola ma allo stesso tempo partecipe perché dobbiamo entrare nel concetto che viene espresso.

In conclusione, se vi capita di ascoltare un interprete sappiate che quella persona sta facendo un grandissimo sforzo per trasmettervi il concetto che l’oratore vuole esprimere, creando una connessione tra mondi, storie e background spesso opposti.

Sehnsucht: parole in tedesco impossibili da tradurre

 SehnsuchtDa quando tanti anni fa ho iniziato a studiare tedesco ciò che mi ha affascinato è stata la grande potenza espressiva di questa lingua, apparentemente considerata fredda o arida da chi non la conosce.

Ciò che mi ha stimolato particolarmente (perché non si finisce mai di imparare) è stata la capacità di questa lingua di essere “assemblata” come un vero e proprio Lego e allo stesso tempo di essere estremamente espressiva e profonda grazie a questa caratteristica.

In questo periodo sto leggendo un libro che si intitola “Anna. Sehnsucht“: l’ho scelto perché ero curiosa di conoscere in che cosa consistesse questo sentimento che prova la protagonista del libro.

Ho imparato a conoscere l’espressione “Sehnsucht” quando studiavo il Romanticismo perché viene da sempre utilizzato per descrivere il sentimento provato dagli esponenti di questo movimento letterario e artistico che erano sempre alla ricerca di qualcosa apparentemente inafferrabile, ineffabile. Ed ecco che entra in gioco questa bellissima, a mio modo di vedere, caratteristica della lingua tedesca: creare parole composte che hanno la capacità di descrivere perfettamente qualcosa ma che non sono traducibili in nessun’altra lingua.

Sehnsucht” infatti è una parola formata da una parte del verbo sich sehnen che significa sia avere nostalgia di qualcosa che desiderare fortemente o meglio anelare a qualcosa. La seconda parola è Sucht, ovvero dipendenza. In una parola il tedesco è stato in grado di racchiudere un concetto che in altre lingue è impossibile da spiegare in una sola parola.

Ma che cos’è quindi la Sehnsucht provata da Anna, la protagonista del libro?
È la voglia, il desiderio di raggiungere un obiettivo per lei imprescindibile, ovvero fuggire dalla sua vita grigia nella DDR per realizzare il suo desiderio: lavorare nella moda. E questo sarebbe stato possibile soltanto fuggendo da Berlino Est.

Penso che ognuno di noi in fondo è “affetto” se così si può dire dalla Sehnsucht così come lo erano i poeti romantici o la stessa Anna… una sensazione a volte ineffabile, incomprensibile che proviamo quando ci troviamo di fronte ad un bellissimo tramonto, al mare o alle montagne innevate: come esseri umani siamo sempre alla ricerca di qualcosa che ci renda felici e ci faccia sentire realizzati. A volte tutto questo si nasconde in un incontro casuale, un’amicizia che si crea sulla base di interessi comuni, un lavoro che ci soddisfa, godere delle piccole cose della vita in una società sempre più frenetica.

Questa Sehnsucht caratterizza anche la mia personalità, ma ho sempre cercato di trasformarla in qualcosa di positivo. La mia curiosità ha trovato un terreno fertile proprio nel tedesco che con le sue tante sfumature mi offre ogni giorno la possibilità di imparare qualcosa e non smettere mai di voler conoscere e sapere. E poi mi ha riservato in questi anni incontri con persone che poi sono diventate amiche e spero lo saranno sempre. Forse perché la mia anima così “sehnsüchtig”, così appassionata riconosce subito le persone che sono sulla stessa lunghezza d’onda.

Anglicismi: li usiamo senza rendercene conto?

Handy con bandiere

Nella lingua che parliamo oggi che rispecchia la nostra vita sempre più “social”, senza renderci conto utilizziamo tantissime parole che suonano “inglesi” e di cui forse non conosciamo neanche il significato nella lingua da cui le abbiamo prese in prestito.

Proprio così: in prestito. Infatti quando parliamo di “anglicismo” facciamo riferimento ad una parola che abbiamo trasferito dall’inglese alla nostra lingua, a volte anche snaturandone il significato.

Ciò accade anche nella lingua tedesca che tende sia a trasformare la parola dal punto di vista ortografico ma anche ad assimilarla talmente tanto da cambiarne completamente il significato fino al punto che un tedesco o austriaco o svizzero conoscono quella parola solo nel contesto in cui viene usata in tedesco.

Facciamo qualche esempio: mentre in italiano si utilizza la parola “cellulare” o “smartphone” in tedesco il termine corrispondente è “Handy”.
Il tedesco in questo come in altri casi non ha preso in prestito la parola inglese “smartphone” ma ne utilizza una che ha radicalmente integrato. Infatti “handy” in inglese è un aggettivo e significa “pratico”, “facile da utilizzare” ma il suo uso in tedesco risale agli anni 30. Infatti dei dispositivi prodotti per il settore militare anziché essere chiamati “walkie talkies” venivano chiamati “handie talkies” proprio per evidenziare la loro grande facilità d’uso. E così poi con il passare degli anni questa espressione si è trasformata da “handie” a “Handy”: naturalmente con la lettera maiuscola perché in tedesco è una regola per i sostantivi.

Che cosa capirebbe un inglese sentendo dire “Public Viewing”?
Penserebbe a qualcosa di brutto e cioè ad una persona il cui corpo viene esposto al pubblico dopo la sua morte. Invece in Germania questa espressione è associata a qualcosa di divertente e conviviale, ovvero alla visione di una partita o evento sportivo proiettati su un maxi-schermo. In questo caso il tedesco ha preso alla lettera i significati di public e viewing.

E se un tedesco dicesse di possedere una “Oldtimer”?
Beh, sarebbe proprietario di un’automobile d’epoca, perché questa parola in tedesco indica un veicolo storico, solitamente che ha più di 30 anni. Si tratta di una parola composta da “old” e “timer” poiché in tedesco si tende a creare parole componendole. E se dicessi old timer ad un inglese? Penserebbe a una persona anziana, un veterano che per via della sua età ha una grande esperienza.

Possiamo definire tutte queste parole degli anglicismi?
In realtà la VDS, ovvero Verein der deutschen Sprache (Società per la lingua tedesca) li definisce “pseudo-anglicismi” proprio perché assumono un altro significato in tedesco. Questa istituzione è nata per difendere la lingua tedesca dall’uso sempre più diffuso di anglicismi ed ha stilato un elenco di tutti quelli che vengono utilizzati in tedesco. Ciò che la VDS sottolinea è il fatto di importare parole inglesi per sostituirle a parole tedesche in un determinato contesto senza riflettere più di tanto. Ciò sarebbe dovuto a un senso di “obbedienza” o “sottomissione” nei confronti della lingua inglese che però va a scapito del tedesco, impoverendolo.

Tutto ciò è sicuramente vero, anche perché nonostante tutti noi siamo amanti della lingua inglese, è importante continuare a mantenere viva la nostra lingua che ha una grande ricchezza. In un altro post avevamo parlato delle parole “intraducibili” ovvero che esprimono un significato talmente profondo da non trovare un termine corrispondente che trasmetta esattamente lo stesso significato nella lingua di destinazione. Il caso degli anglicismi però è molto diverso perché non si tratta di parole intraducibili, ma semplicemente di una contaminazione linguistica.

Tutto questo sta avvenendo anche in italiano?
Sicuramente sì, visto che ogni giorno siamo invasi da una miriade di parole che impariamo a usare e usiamo senza neanche renderci conto… ne parleremo nel prossimo post!

La parola dell’anno 2016

Germania postfaktisch
Ogni anno in Germania viene scelta tra una serie di parole quella che merita di essere premiata come la “Parola dell’Anno” per una serie di caratteristiche che possiede.

La Società per la lingua tedesca (Gesellschaft für deutsche Sprache) con sede a Wiesbaden ha l’onore e l’onere di “nominare” la parola dell’anno che per il 2016 è “postfaktisch”. Perché proprio questa parola di cui spiegheremo il significato?
La ragione principale è il suo essere all’interno di un contesto particolarmente importante ovvero quello politico e sociale che nel 2016 ha subito delle profonde trasformazioni.

La parola stessa “postfaktisch” non è che la traduzione tedesca di un’espressione inglese “post truth” e letteralmente il suo significato è “post fattuale”, “post verità”. Questo termine si è diffuso dapprima a livello internazionale e poi nei paesi di lingua tedesca. Ma in realtà questa parola creata ad arte cosa indica ed implica? Negli ultimi anni ed in particolare in quello appena trascorso nelle discussioni politiche ed all’interno della società la tendenza è stata quella di dare più importanza alle emozioni che ai fatti, ad una realtà percepita piuttosto che ad una realtà reale.

Diverse fasce della popolazione, secondo la Società per la lingua tedesca, sono pronte ad ignorare fatti e ad accettare delle vere e proprie bugie al loro posto. Come riportato dal quotidiano tedesco “Die Welt” questa parola ha avuto una grande diffusione nei media in Germania a partire da agosto 2016 e la stessa Cancelliera Angela Merkel l’ha utilizzata in un suo discorso dopo le elezioni regionali dicendo: “Questo risultato rispecchia il fatto che ultimamente viviamo in tempi di post-verità”.

Tuttavia, questa parola come ha affermato il Presidente della Gesellschaft für deutsche Sprache non ha ancora trovato spazio tra i parlanti perché sicuramente suona molto “accademica”.

Al secondo posto della classifica troviamo il termine “Brexit”, anch’esso artificiale, che indica l’uscita pianificata della Gran Bretagna dall’Unione Europea. Sempre il quotidiano “Die Welt” riporta che la Brexit frutto del referendum in Gran Bretagna è un “Triumph postfaktischer Politik” ovvero un “trionfo della politica nell’era della post-verità” poiché i fautori hanno agito fornendo informazioni parzialmente scorrette in modo mirato. Al terzo posto si è classificata la parola “Silvesternacht” collegata alle aggressioni di massa subite dalle donne a Colonia la notte tra il 31 dicembre ed il 1 gennaio 2016.

Un’altra espressione candidata a classificarsi tra le prime era “Grusel Clown” ovvero “pagliaccio cattivo” ad indicare un fenomeno diffusosi negli Stati Uniti e poi anche in Europa, in particolare Regno Unito e Germania, in cui gruppi di persone o singole persone si travestono da pagliacci per spaventare qualche malcapitato. Questa “moda” si ispira ai libri di Stephen King in cui il protagonista era proprio un clown.

Non è tanto la frequenza con cui viene utilizzata una determinata parola cui si basano per la loro scelta i membri della Società per la lingua tedesca, bensì il suo significato, la sua popolarità e la sua qualità dal punto di vista linguistico.

Le frasi idiomatiche in tedesco come espressione di una cultura

Kartoffeln patateQuando pensiamo alla lingua tedesca, la prima impressione è quella di una lingua estremamente logica, inflessibile nelle regole che la caratterizzano e “dura”.

In realtà se la si inizia a conoscere ed a studiare in maniera approfondita, spinti da un interesse che deve essere davvero profondo, si comprende che da un lato il tedesco ha certamente queste caratteristiche ma dall’altro troviamo una grandissima, anzi infinita varietà di verbi, espressioni idiomatiche che la rendono vivace e particolarmente interessante. Questi due aspetti del tedesco possono sembrare antitetici, in realtà sono due facce della stessa medaglia attraverso le quali questa lingua vive ed è in continua evoluzione.

Ogni lingua per i suoi modi dire utilizza delle espressioni che si rifanno ad alcuni aspetti culture-bound, ovvero legati alla propria cultura.

In tedesco, tantissimi modi di dire sono legati al cibo e questo fatto può sembrare strano visto che la Germania o l’Austria non sono poi così rinomate per il cibo. Però la domanda da porsi è: ci sono degli elementi tipici della varietà culinaria tedesca? La risposta è: le patate, famosissime “Kartoffeln” in tutto il mondo.

Per questo possiamo ritrovare innumerevoli espressioni idiomatiche che citano le patate, ad esempio: “Die dümmsten Bauern haben die dicksten Kartoffeln” ovvero “Le patate più grandi crescono sempre nel campo del contadino più stupido”. In italiano non esiste un modo di dire simile ed il significato è che anche le persone che si impegnano di meno e non sono troppo intelligenti possono avere successo o gratificazioni in poco tempo. Un’altra espressione particolarmente significativa è “Rein in die Kartoffeln, raus aus den Kartoffeln”. Viene utilizzata per indicare che qualcuno prende delle decisioni contrastanti, tende a cambiare spesso idea. Questa espressione ha un’origine precisa: infatti durante la guerra spesso venivano dati ordini contrastanti alle truppe. Dapprima veniva loro ordinato di entrare in un campo di patate per mimetizzarsi meglio e poco dopo di lasciare il campo per evitare danni alle colture.

Un altro elemento importante nella cultura tedesca è il pane, con le sue tante varietà.

Ritroviamo un modo di dire molto utilizzato “gehen weg wie warme Semmeln” (vengono comprati come i panini caldi) per indicare che dei prodotti vanno molto a ruba tra la clientela. Infatti i “Semmeln” sono panini e viene utilizzata proprio questa parola perché i panini sono un alimento molto amato da tutti.
C’è poi un altro modo di dire con “Brot”: “ein halbes Brot ist besser als gar keins”. Questa ha un corrispondente in altre lingue, tra cui l’italiano e si può tradurre con “meglio un uovo oggi che una gallina domani”. Anche in inglese ritroviamo la stessa metafora “better an egg today than a hen tomorrow”. In tedesco questo sottolinea la grande importanza del pane nella cultura germanica.

Nei modi di dire tedeschi non può mancare la “Wurst” che nei paesi di lingua tedesca si produce in tantissimi modi diversi.

Un modo dire che risale al Medioevo è: “Alles hat ein Ende, nur die Wurst hat zwei”. Letteralmente significa: tutto ha una fine, soltanto la salsiccia ne ha due. Infatti a prescindere da dove si inizia una cosa, questa poi avrà una fine. L’unica cosa che non avrà mai fine sono le salsicce. Possiamo ben capire perché!
Che cosa intendiamo con “das ist mir wurscht” o “das ist mir Wurst”? In italiano diremmo che qualcosa ci fa un baffo, non ci tange assolutamente. E se diciamo a qualcuno “armes Würstchen”? Gli o le stiamo dicendo: poverino/a! Questa persona si trova in una situazione difficile e vogliamo esprimerle la nostra comprensione. Perché proprio “Würstchen”? Perché pensiamo alla fine che farà essendo appesa al gancio prima di essere acquistata.
In senso positivo viene utilizzato anche questo modo di dire “eine Extrawurst kriegen” ovvero ricevere qualcosa in più degli altri, ricevere un trattamento preferenziale. Si può riferire a qualsiasi situazione in cui qualcuno ottiene qualcosa in più (tempo libero, soldi o qualcosa da mangiare nel vero senso della parola).
Possiamo anche qui ritrovare la grande importanza che questo piatto ha nella cultura culinaria dei paesi germanofoni.

I modi di dire e le espressioni che abbiamo spiegato sono molto significativi perché hanno delle origini antiche e allo stesso tempo rispecchiano pienamente la cultura e la storia da cui hanno origine.

Non esiste una traduzione assolutamente identica dei modi di dire da una lingua all’altra, a volte ci possono essere delle espressioni corrispondenti ma nella maggior parte dei casi si possono soltanto fare delle parafrasi o trovare un modo di dire che rispecchia il significato di quello della lingua di partenza. In ogni caso, quello di cui bisogna sempre tener conto è che i modi di dire sono talmente tanti che rappresentano una lingua nella lingua in continua evoluzione ma che mantengono sempre le proprie radici nel tempo.

Espressioni “intraducibili” della lingua tedesca: l’importanza della parola che identifica una cultura

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Nelle lingue esistono delle espressioni che sono intraducibili o difficilmente traducibili. Tradurre significa “trasporre” o “trasferire” in un’altra lingua, diversa da quella originale, un testo scritto o orale, una parte di esso ma anche una singola parola.

È proprio la traduzione di singole parole o espressioni che spesso risulta difficile se non impossibile. Perché?

Nella lingua tedesca esistono molte parole composte che, per via della loro composizione, sono dense di significato e per questo sono in grado di esprimere un concetto complesso e consentono di entrare in contatto con la ricchezza del vocabolario tedesco. Non si possono tradurre in italiano utilizzando un’espressione ma soltanto con una frase o una parafrasi che tenta di spiegare il concetto alla base della parola o espressione nella lingua di origine.

Di seguito proviamo ad analizzare alcune di queste parole:

Weltschmerz”: letteralmente significa dolore del mondo da “Welt” (mondo) e “Schmerz” (dolore). È stata coniata da un autore tedesco, Richter, per riferirsi al dolore cosmico che provano tutti quegli individui che si rendono conto dell’impossibilità della realtà di soddisfare i bisogni della mente umana. È un sentimento comune e condiviso da molti poeti e autori tra cui Leopardi, Lord Byron e Heinrich Heine.

Torschlußpanik”: è formata dalle parole “Panik” (panico) e “Torschluß” (chiusura del portone) questa parola ha un’origine antica. Infatti nel Medioevo indicava la paura che si provava quando il ponte levatoio veniva sollevato perché si stavano avvicinando i nemici. Ora si utilizza per raccontare quella sensazione che si ha quando ci si rende conto che si sta perdendo l’occasione di realizzare i nostri sogni.

Fernweh”: è formata dalle parole “Fern” (lontano) e “Weh” (qualcosa che provoca dolore, doloroso). Questa espressione nella sua complessità si potrebbe tradurre come una “malinconia” o “nostalgia” per qualcosa di lontano, che si trova in un altro luogo. È un sentimento che provano tutti coloro che desiderano viaggiare, conoscere il mondo nella sua totalità.

Un’altra espressione con un significato simile ma che non esprime nostalgia, bensì un desiderio instancabile di scoprire è “Wanderlust” composta da “wandern” (errare) e “Lust” (voglia) e racconta la voglia di scoprire luoghi lontani, paradisi incontaminati ove fuggire. È talmente significativa che viene utilizzata senza essere tradotta, spesso si dice che qualcuno è affetto dalla sindrome da Wanderlust!

Ed eccoci arrivati a una delle espressioni probabilmente più famose della lingua tedesca, che appartiene al mondo della filosofia. Stiamo parlando della “Weltanschauung”: nella sua composizione apparentemente semplice ovvero “Welt” (mondo) e “Anschauung” (concezione, visione) esprime però un concetto complesso che non è possibile tradurre in italiano o in altre lingue. Questo termine è stato utilizzato per la prima volta dal filosofo Kant ed è stato poi ripreso da altri filosofi e pensatori tra cui Hegel. Esprime una visione, concezione del mondo e può riguardare una persona singola, un gruppo umano o un popolo nel suo insieme. Altri ambiti di studio tra cui la geografia e l’antropologia hanno iniziato ad utilizzare questa espressione nello studio delle società, delle etnie e dei popoli.

È molto interessante cercare di comprendere queste espressioni nella loro complessità.

A volte le abbiamo incontrate ma non ci siamo mai chiesti quale fosse l’origine del loro significato o il loro vero utilizzo.

Naturalmente, come detto, non esiste un traducente non soltanto nella lingua italiana ma in tutte le altre lingue perché questi termini sono peculiari di una lingua e si definiscono “culture-bound” per utilizzare una definizione inglese ovvero strettamente legati alla cultura che permea una lingua e allo stesso tempo a una lingua che permea una cultura.