Una parola per il nuovo anno: Coraggio

Bucaneve fiore

Spero che il nuovo anno ci porti doni meravigliosi; io posso farvi solo un piccolo regalo, una semplice parola: Coraggio.

Vi auguro e lo auguro a me stessa, di trovarlo sulla soglia del nuovo anno ad attenderci, per prenderci per mano e condurci giorno dopo giorno, aiutandoci ad affrontare il buio e l’ignoto, durante questo viaggio pieno di scossoni che è la vita.

Il coraggio ha molti volti e interpretazioni, nessuna trascurabile.

Può riguardare il modo di affrontare la vita sia quando si incontrano momenti di difficoltà sia quando ci assumiamo dei rischi.

Ci sono anche vari tipi di coraggio con un’ampia gamma di sfumature: si può essere scalatori impavidi e affrontare vette irraggiungibili oppure una donna o un uomo comuni che entrano in un supermercato all’ora di punta per fare la spesa, magari dopo una lunga giornata di lavoro.

Non ci sono standard, né misure da rispettare: anche i piccoli gesti quotidiani possono essere coraggiosi, quanto gli esercizi di un acrobata che ci lascia senza fiato.

Vivere è già un atto coraggioso; per alcuni anche alzarsi ogni mattina e affrontare la giornata richiede un grande coraggio: se si deve superare un dolore o combattere una malattia.

Il coraggio è stato anche oggetto di attenzioni da parte di scrittori e pensatori di ogni tempo che ne hanno dato una loro definizione.

Don Abbondio, famoso personaggio dei “Promessi Sposi” diceva: “Uno il coraggio se non ce l’ha, non se lo può dare”.

Mentre Seneca parla di osare per riuscire a raggiungere i nostri obiettivi: “Non è perché le cose sono difficili che non osiamo, è perché non osiamo che sono difficili”.

E sostiene pure che: “Colui che è coraggioso è libero”.

Steve Jobs, uomo dal grande intuito e genialità ha invece detto che “dobbiamo avere il coraggio di seguire il nostro cuore e la nostra intuizione. In qualche modo, essi sanno che cosa vogliamo realmente diventare. Tutto il resto è secondario”.

Ora, voi potete farvi la vostra opinione al riguardo, io, però, condivido appieno le parole di  William Blake: “Chi non osa osservare il sole in volto non sarà mai una stella”.

 

Natale è alle porte: auguri di Buone Feste!

Auguri Buone Feste

Un altro Natale, un altro albero e magari un altro presepe e noi, quanto siamo cambiati dall’ultimo Natale?

Quanti sogni che avevamo nel cassetto sono riusciti a prendere il volo e quanti se ne stanno ancora là, ad attendere la loro occasione?

Stelle, decorazioni, musiche di festa risuonano un po’ ovunque.

Io vi auguro di cogliere il meglio di questo Natale, la gioia sottile e la magia che avvolge la città, le piazze e le vetrine e soprattutto, vi auguro di vivere appieno lo spirito particolare di questa festa.

Lo so, pare sciocco e banale parlare di felicità e di gioia sotto le feste natalizie, sembra di fare eco ai banali e consunti slogan con cui le pubblicità ci bombardano.

Ma credetemi, mai come in questo momento abbiamo un disperato bisogno di aprire il cuore, di amare e accogliere e ricordate: non è mai troppo tardi per vivere il Natale ogni istante della nostra vita.

Auguri e siate molto, molto felici!

Storia della scrittura: dai geroglifici agli emoticon #4 L’alfabeto che rivoluzione!

caratteri alfabeto colorati

Scrittura cuneiforme, geroglifici e caratteri cinesi consentono di trascrivere sia parole intere sia sillabe, ma con questi sistemi, scrivere e leggere implica la conoscenza di una grande quantità di segni o caratteri.

Mille anni prima della nascita di Cristo però, si verifica una vera e propria rivoluzione che già si preparava da tempo: l’invenzione dell’alfabeto.

L’alfabeto consente di scrivere tutto con una trentina di segni.
In realtà, anche il nostro alfabeto di ventuno lettere, non traduce tutti i suoni, ma ventuno lettere sono meno: delle diverse centinaia di geroglifici; dei mille caratteri da tenere a mente per un cinese; dei seicento segni cuneiformi assimilati dagli scribi in Mesopotamia.
L’alfabeto, inoltre, allarga le possibilità delle persone di accedere al sapere.

Il primo modello di alfabeto è fenicio.

La scrittura fenicia si diffonde in Grecia, qui vengono ritrovati dei frammenti di argilla, ma non si sa da dove provengano questi caratteri.

L’alfabeto fenicio non ha vocali, solo consonanti.
Essendo mercanti e navigatori, i fenici vengono a contatto con tutti i popoli del bacino del Mediterraneo e grazie a questi scambi, il loro alfabeto si diffonde.

Intorno all’VIII secolo a.C. nel paese di Aram (attuale Siria) compare un alfabeto “aramaico”, simile a quello usato dai Fenici.

Scrittura e lingua aramaica sono importanti perché con esse verranno scritti alcuni libri dell’Antico Testamento. Gran parte di quest’opera però, ci è arrivata in un’altra lingua: l’ebraico. Nella sua forma primitiva, questa scrittura non trascrive le vocali e si legge da destra a sinistra.

L’ebraico quadrato, cioè l’antico ebraico, non si è modificato in modo significativo nel corso dei secoli. Questa scrittura usa accanto alle maiuscole (incise su monumenti e presenti sui sacri rotoli della Bibbia) delle lettere corsive usate nella vita di tutti i giorni.

La storia della scrittura è intrecciata come una saga familiare.

Arabo ed ebraico discendono dal fenicio, ma non conosciamo ancora molto del passaggio dall’uno agli altri.
Agli albori della nostra era, le popolazioni arabe del nord usavano una scrittura che non era più fenicia ma non era ancora araba.

Le prime iscrizioni arabe sono databili attorno al 512-513 d.C.

Nel 622, Maometto fugge dalla Mecca per rifugiarsi a Medina: questa data segna l’inizio dell’Egira, l’era musulmana.

la storia continua…

Storia della scrittura: dai geroglifici agli emoticon #3 La scrittura cinese: un esempio di coerenza

lanterne cinesi

Mentre ci si avvia al II millennio avanti Cristo, la scrittura cuneiforme ha quasi raggiunto il suo assetto definitivo; in Egitto gli scritti geroglifici si moltiplicano; a Creta e nella Grecia continentale si sviluppano scritture che sono dei veri rompicapo per gli studiosi.

In Cina, in questo stesso lasso di tempo, nasce la scrittura cinese, codificata e strutturata tra il 200 a.C. e il 200 d.C., ed è la stessa che i cinesi leggono e scrivono ancora oggi.

Ovviamente, agli albori, i caratteri cinesi venivano tracciati con pennello e inchiostro; oggi i caratteri stampati hanno perso la finezza e la precisione di quelli originari, ma la scrittura è rimasta fedele a se stessa, pur semplificandosi col tempo.

Se per gli egizi la scrittura era un dono degli dei, per i cinesi la sua nascita è leggendaria.

All’origine della scrittura vi sarebbero tre imperatori, uno di essi, Huang Che, pare abbia tratto i caratteri dallo studio dei corpi celesti e dalle impronte degli uccelli e degli animali.

La scrittura veniva usata anche a scopi divinatori: i sacerdoti scrivevano domande su un lato delle scaglie di tartaruga, poi avvicinavano il rovescio a un fuoco acceso a est e traevano le risposte dalle fenditure causate dal calore.

Gli inizi della scrittura sono simili per molte civiltà: i primi tentativi sono stati ovunque, disegni, pittogrammi o combinazioni di pittogrammi.

Esempi di queste prime fasi hanno somiglianze notevoli tra loro, pur essendo state prodotte da civiltà molto diverse.

I pittogrammi poi, evolvendosi, hanno acquisito una sempre maggiore stilizzazione, ma i caratteri cinesi consentono tuttora, di ravvisare le sembianze degli antichi pittogrammi da cui si sono originati, fornendo a questa scrittura una dimensione poetica.

La lingua e la scrittura cinese hanno una particolarità importante: a seconda della grafia, uno stesso suono può significare più cose.

In Cina, la scrittura è un elemento di unità linguistica perché la lingua parlata è totalmente differente dal nord al sud.

Se pensavate fossero complicati i geroglifici, ora sarete sopraffatti.

Ogni carattere si deve inscrivere in un quadrato perfetto. In generale, è composto da: una chiave che fornisce il senso e una parte, fonetica, che dà indicazioni sulla pronuncia. Inoltre, bisogna seguire un ordine preciso per tracciare i tratti che compongono i caratteri stessi.

Il cinese quotidiano si legge da sinistra a destra, ma quello colto e la poesia dall’alto in basso e da destra a sinistra.

Tenete pronta un’aspirina perché…

la storia continua…

Storia della scrittura: dai geroglifici agli emoticon #2 Egizi. La scrittura è un dono degli dei

geroglifici egizi

Verso il 2000 a.C., gli accadi (antenati semiti degli arabi e degli ebrei) dominano l’intera Mesopotamia.
La scrittura cuneiforme è una scrittura vera e propria, consente di lasciare traccia della lingua parlata ed è un altro modo di comunicare ed esprimersi e in questo periodo viene utilizzata per mettere “nero su bianco” le più svariate cose: dalla corrispondenza fino agli inni religiosi.

La scrittura moltiplica i suoi usi, ma resta un’arte di pochi: i maestri di scrittura costituiscono una casta aristocratica molto potente.

I segni cuneiformi non sono però gli unici sulla piazza: nel vicino Egitto e nella lontana Cina nascono altri sistemi di scrittura.

La scrittura geroglifica, rispetto a quella cuneiforme, è poetica e viva, composta com’è da disegni stilizzati in modo splendido.
Le prime iscrizioni geroglifiche risalgono al III millennio a.C., anche se pare che tale scrittura fosse già in uso nei secoli precedenti.

Gli Egizi hanno elaborato un sistema grafico che può esprimere ogni cosa e sono in grado di riprodurre quasi completamente la lingua parlata.

L’originalità di questa scrittura risiede nel fatto che è composta da tre tipi di segni:

  • pittogrammi, disegni stilizzati che rappresentano oggetti o esseri animati, con delle combinazioni di segni che esprimono le idee;
  • fonogrammi, gli stessi disegni o altri che rappresentano dei suoni.
  • determinativi, segni che permettono di sapere di quale categoria di oggetti o di esseri animati si tratta in quel contesto.

In gran parte dei casi, i geroglifici si leggono da destra a sinistra, seguendo l’orientamento delle teste di uomini o uccelli.

A volte, però, le cose non sono così semplici: un’iscrizione posta in prossimità di una statua di un dio importante o di un faraone, costringerà i profili delle iscrizioni a girarsi verso di essa, comportando una mutazione nella direzione della lettura, e questo complica non poco l’interpretazione.

Il problema del verso di lettura non è una questione trascurabile: i geroglifici possono andare dal basso in alto o alternativamente, una riga da sinistra a destra e la successiva al contrario. Questo tipo di scrittura viene definito bustrofedico (ricorda il movimento del bue che procede avanti e indietro sui solchi del campo).

C’è di che farsi venire il mal di testa!

In ogni caso questi segni possiedono una bellezza che va al di là del loro significato: uno spettacolo per gli occhi anche oggi, a distanza di tanti secoli.

Dai primi esempi di utilizzo quotidiano, gli Egizi passano a usare la scrittura per raccontarci la loro storia: gli avvenimenti importanti, le battaglie, i matrimoni.

La loro letteratura è molto ricca: massime morali, romanzi d’avventura, poesie, fiabe, trattati di arte, magia, medicina, cucina.

Vi consiglio di non leggere i testi nella stesura originale e soprattutto, di non provare qualche loro ricetta di cucina, senza prima aver almeno consultato la stele di Rosetta o un esperto di geroglifici.

la storia continua…

Storia della scrittura: dai geroglifici agli emoticon #1 Sumeri e scrittura cuneiforme

geroglifici ed emoticon

Diciassettemila anni prima della nostra era, a Lascaux, alcuni uomini tracciano i loro primi disegni. Passano altri undici millenni e inizia, solo allora, una delle storie più straordinarie dell’umanità: la scrittura” (da “La scrittura memoria degli uomini” di Georges Jean).

Da lungo tempo, segni, immagini e disegni sono utilizzati per trasmettere messaggi.

La scrittura vera e propria, però, nasce quando un insieme di segni o simboli ha consentito di concretizzare sentimenti, emozioni e pensieri con chiarezza.

In Mesopotamia, fra il Tigri e l’Eufrate inizia la storia della scrittura, una storia lunga e complessa.

La regione del Medio Oriente che era compresa tra il Golfo Persico e Baghdad, tra il VI e il I millennio a.C. era divisa: a sud, il paese dei Sumeri; a nord, quello degli Accadi.

I primi segni scritti sono dei conti agricoli (“tavolette di Uruk”).

Attraverso i reperti trovati si può tracciare l’evoluzione della scrittura dei Sumeri: la scrittura cuneiforme che attraversa diverse fasi.
I primi esempi sono dei disegni semplificati, dei pittogrammi che rinviano a oggetti o a esseri viventi.

Combinando vari pittogrammi si poteva esprimere un’idea.

Verso il 2900 a.C. i pittogrammi primitivi spariscono per motivi pratici. I materiali utilizzati per scrivere: tavolette di argilla impiegate come supporto e canne tagliate obliquamente usate come penne, finiscono per imporre uno stile particolare ai segni.

Incidere l’argilla con una punta provocava slabbramenti e il distacco di frammenti che andavano costantemente ripuliti e rimossi, per ovviare al problema si passò a segni rettilinei più semplici da incidere con uno stilo. I segni semplificati assomigliavano a dei chiodi o cunei, da qui il termine “cuneiforme” (in latino cuneus: chiodo).

Questi segni subirono molte modificazioni nel tempo e ben presto non ebbero più nulla di realistico, ma non erano segni liberi.

Esistevano dei “repertori”, elenchi compilati dagli scribi e ogni segno poteva rinviare a più significati, a seconda del contesto.

Nel momento in cui iniziano a rappresentare solo se stessi, i segni diminuiscono, ma la vera rivoluzione si ha quando essi vengono collegati al suono delle parole della lingua parlata.

la storia continua…

 

Linguaggio, evoluzione del cervello e comportamento sociale

Mente e linguaggio

Sto leggendo un libro di Annamaria Testa, “La trama lucente” e ho trovato un’interessante notizia sull’evoluzione della specie umana, riguardo al linguaggio e allo sviluppo del nostro cervello.

Il miglioramento delle nostre facoltà e della capacità creativa umana ha diverse cause.

La prima causa è dovuta alla discesa della laringe.

In alcuni individui appartenenti al genere Homo, in seguito a modificazioni anatomiche intercorse da una generazione all’altra, l’organo della fonazione viene a trovarsi in una posizione più in basso rispetto a quella originaria. Questo cambiamento consente a tali individui di produrre una gran varietà di suoni distinti e consente alla lingua una più ampia gamma di movimenti.
Ora che l’apparato vocale ha acquisito la capacità di parlare è il cervello che deve fare la sua parte.

La seconda causa è il fatto che i nostri antenati iniziano a parlare.

Forse, passano da passatempi per bambini a mimare melodie musicali fino a costruire un linguaggio, definendo dapprima oggetti, poi indicando azioni e infine, collegamenti tra oggetti e azioni.

La terza causa è la crescita del cervello.

Lo sviluppo del linguaggio implica lo sviluppo cerebrale e viceversa.

In ogni caso, lo sviluppo del linguaggio è stato fondamentale per la mente umana: linguaggio articolato e processi cognitivi complessi hanno influenzato anche il comportamento sociale.

Quindi, comunicare non ci aiuta solo ad avere migliori rapporti umani, ma aiuta anche il nostro cervello a evolversi, a crescere, a creare nuove strutture cognitive e adattive che ci consentono di vivere meglio o, perlomeno, di capire meglio quello che ci circonda e le persone con cui entriamo in contatto.

Meditate gente meditate….

Il Bailamme dei “Generi”

caratteri tipografici

Se Dante avesse scritto la “Divina Commedia” ai giorni nostri, in quale genere l’avrebbero collocato gli editori?

Assisto con un certo stupore a questa serie di classificazioni e categorizzazioni in cui vengono sistematicamente ordinati i libri da un po’ di tempo a questa parte e mi sembra di trovarmi in una giungla di termini, dove finisco per perdermi, tra paranormal, distopico, young adult, urban fantasy.

La lista sembra essere senza fine e districarsi diventa sempre più difficile per chi scrive e per chi legge.

Sospetto che questa classificazione o etichettatura rigorosa, che sembra avvicinarsi ogni giorno di più alle diciture sulle scatole degli alimenti, dove grassi, proteine e calorie sono specificati in modo dettagliato, sia soltanto la cartina di tornasole che evidenzia la crisi di un “mercato”, quello della lettura, dove la gente legge sempre meno e per essere invogliata ha bisogno di essere solleticata o sollecitata, se preferite, da sempre nuove e smaglianti definizioni e incanalata in contenuti sempre più mirati, nella speranza che

conoscendo con esattezza quante “calorie” contiene quel libro, il lettore venga spinto a “consumare”.

Mi auguro solo che in questo bailamme che non accenna ad arrestarsi, votato com’è alla moltiplicazione perpetua per contrastare in modo inversamente proporzionale la scarsa applicazione alla lettura, non si finisca per perdere del tutto la bussola e ci si ritrovi con contenuti poveri e limitati, nati per compiacere e convincere, dimenticando che il libro non può essere solo un prodotto di pronto consumo, ma deve essere un oggetto prezioso, un talismano che a volte può persino cambiare la vita…

Scrittura #8 Dettagli: le storie vanno “condite”

porta sale e porta pepeI dettagli sono il sale e il pepe della verosimiglianza.

Per rendere una storia credibile, i dettagli sono essenziali.

Anche le bugie sono migliori, se sono ‘condite’ con descrizioni minuziose.

Nessuna differenza con la letteratura.

Un romanzo o un racconto, di qualsiasi genere, necessita di particolari che riconducano al vero per consentire a chi legge di immedesimarsi, di scorrere le righe ed essere in grado di ricostruire mentalmente i luoghi e i personaggi che popolano quella storia.

Più lo scrittore riesce a dare credibilità a questo mondo immaginario, più o meno vicino alla realtà, e più il lettore riuscirà a calarsi negli avvenimenti, a  vivere la storia e a farsi condurre dove vuole l’autore.

Il più delle volte, non sono le descrizioni di mondi lontani nello spazio e nel tempo, definiti minuziosamente, a rendere più concreta una storia, ma quei semplici e umili dettagli, legati al mondo sensoriale: visivo, tattile, olfattivo, perché no, anche gustativo.

Ricordo il colore del brodo: un leggero arancione (forse zafferano?) con minuti riflessi rosa (un’ombra di pomodoro?), con qualche leggero occhio qua e là. Fatto certamente secondo la regola classica: manzo, vitello, gallina e mazzetto di odori; e certamente sobbolliva a lungo, a fuoco basso, sorrideva, come dice Brillat-Savarin, un sorriso appena accennato, come quello della Gioconda“. (tratto da “Stecchini da denti” di Aldo Buzzi).

I dettagli danno sapore alla storia, sono elementi essenziali; strattonano metaforicamente la manica del lettore, affinché non si distragga e non abbandoni il mondo del racconto che per lui ha creato l’autore.

Un mondo che diventa reale solo grazie all’apporto della mente di chi legge.

“MILLE PAROLE D’AMORE” edizioni Piemme

Mille parole d'amore
Quando decide di partire per Monaco e di costruirsi un futuro diverso, Tosca si è lasciata alle spalle un ex fidanzato e una ex migliore amica infedeli. Trovarli nel letto assieme è stato un colpo durissimo e ora superare la delusione non è facile. Per Tosca è il momento di ributtarsi nella mischia. In un nuovo paese, con un nuovo lavoro e magari chissà, un nuovo amore. Niente di meglio allora per dimenticare il passato che un incontro imprevisto ed emozionante con un uomo bello, affascinante, misterioso e incredibilmente romantico come Michael. Eppure, nonostante l’irresistibile principe azzurro, le cose non filano lisce come Tosca desidera. Ci vorranno una vera amica e una buona dose di sincerità per ridare a Tosca la fiducia necessaria a ricominciare a credere nell’amore. Perché non sempre i sogni sono troppo belli per essere veri.

per saperne di più: www.leggereonline.com