Lo scrittore: un lanciatore solitario. “Per gli scrittori non ci sono panchine”

palla da baseball

Mi sono immersa nella lettura de “Il mestiere dello scrittore” con la stessa fiducia e curiosità con cui avevo affrontato “On Writing” di Stephen King.
Leggere i consigli degli scrittori sulla scrittura è un’esperienza interessante da cui si riemerge più consapevoli e muniti di qualche strumento in più per destreggiarsi nel difficile mestiere di scrivere.

Ingenuità, semplificazione e spontaneità sono, secondo Murakami, essenziali per chi decide di affrontare lo scoglio della scrittura, per chi ha deciso di iniziare a comunicare, scrivendo.

Ho trovato interessante l’osservazione disincantata di Haruki Murakami della sua stessa scrittura e della sua evoluzione nel tempo.
Il suo primo romanzo è stato partorito con assoluta ingenuità (nei confronti del panorama letterario del momento, di cui non sapeva nulla e nella totale ignoranza delle regole da seguire per scrivere un romanzo) ed estrema semplificazione (parole semplici ottenute con un lavoro di sottrazione).

Scrivere il suo primo romanzo per Murakami è stato come, metaforicamente parlando, costruire uno scheletro che nel tempo si è dotato di una muscolatura.
In pratica, per lui, l’esercizio di scrivere è stato un vero e proprio processo di stratificazione e ispessimento; i suoi lavori successivi si sono irrobustiti e sono diventati più complessi, seguendo una sorta di evoluzione fisiologica.

La scrittura, secondo l’autore, nasce da pochi elementi, parole semplici e discorsi semplificati, dove la sottrazione è un’operazione fondamentale.
In seguito, questa struttura andrà ispessita e acquisterà forza ed energia, in modo naturale e, crescendo, con costanza e determinazione, acquisterà concretezza e un certo livello di maturità.

Tutto però deve partire da un impulso puramente interiore.
La gioia spontanea e il senso di libertà che ne consegue, insiti nel gesto di scrivere, devono permeare il lavoro dello scrittore.
Murakami, parlando di questo impulso, fa un esempio che mi ha ricordato due parabole evangeliche: quella del seminatore (Matteo 13,1-23, Marco 4,1-20 e Luca 8,4-15) e quella della casa costruita sulla roccia e la casa costruita sulla sabbia (Matteo 7,21-29), quando dice che chi scrive senza avere dentro di sé questo impulso non combinerà granché, come le piante che non hanno radici saldamente affondate nella terra.

Lo scrittore è un accumulatore di informazioni.
Leggere, senza dubbio, è il primo dovere di un buon scrittore.
La lettura continua e infaticabile è un compito imprescindibile del processo di scrivere.
Inoltre, un esercizio molto importante, per Murakami e non solo per lui, è osservare con attenzione: cose, eventi, persone e riflettere su quanto si è osservato, senza, però, formulare giudizi.

Questa operazione di raccolta del materiale deve essere seguita da un’efficace organizzazione di quanto si è accumulato.
La memoria ovviamente non riesce a ricordare ogni cosa al millesimo, quindi, bisogna operare una selezione, centellinare quanto si è raccolto dal mondo circostante, isolare e poi, conservare dettagli concreti e peculiari, quelli cioè che hanno maggiormente attirato la nostra attenzione, “tanto meglio se inspiegabili, è ovvio. Poco ragionevoli, privi di filo logico, poco convincenti o misteriosi“.
Murakami sostiene che “gettando dentro la mente le cose alla rinfusa, quello che deve sparire sparisce, quello che deve restare resta. A me piace questa selezione naturale della memoria“.
Rimanendo in argomento, Burrhus F. Skinner (psicologo statunitense) definisce cultura “ciò che resta nella memoria quando si è dimenticato tutto“, quindi, bisogna fidarsi del potere selettivo della nostra mente di conservare solo ciò che è davvero importante, quello che è indispensabile o utile e magari, abbandonare il fedele taccuino su cui normalmente si annota ogni cosa, per lasciare sedimentare i ricordi e filtrare solo ciò resta.

Dal ripostiglio dove sono rinchiusi alla rinfusa i materiali più disparati, bisogna trarre gli elementi che opportunamente composti diano vita a una sorta di magia
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Murakami sostiene di scrivere come se stesse componendo musica, la magia, che dà senso a una storia e la rende meritevole di essere letta, secondo lui, si crea tenendo conto di alcuni preziosi alleati: il ritmo, elemento fondamentale per costruire e tenere in piedi una storia, un ritmo saldo dall’inizio alla fine; l’armonia creata da una serie di accordi molto diversi fra loro; l’improvvisazione, quella dei musicisti jazz che attraverso la libera espressione mettono in gioco tutte le loro capacità tecniche e il gusto musicale.
Secondo Murakami se ritmo e armonia sono ben gestiti si può improvvisare in maniera spontanea. Improvvisare per creare liberamente il proprio suono.

Secondo Murakami si scrive perché si ha il desiderio di farlo, mossi da un interesse genuino, da una forza che permette di superare ogni difficoltà.
In ogni caso, quando l’autore inizia a scrivere un romanzo, è solo. Nessuno lo può aiutare a organizzare il materiale nella sua testa o a trovare le parole giuste per esprimere quello che intende dire. Quello che si è iniziato da soli, si deve portare avanti e completare da soli.
Non si può fare come i giocatori di baseball, che di questi tempi, dopo aver lanciato sette volte, lasciano il posto a un altro e vanno ad asciugarsi il sudore in panchina. Per gli scrittori non ci sono panchine. Una volta iniziata la lunga sfida, devono continuare a lanciare la palla, forse anche quindici, diciotto volte, fino al termine della partita“.

Scrivere storie semplici: un interessante progetto in lingua tedesca

scrivere storie semplici

Da un po’ di tempo scorro con interesse gli articoli sulla Deutsche Welle e traduco dal tedesco per fare esercizio.

Leggere e tradurre è molto utile per chi, come me, sta imparando una nuova lingua ed io cerco di leggere in tedesco il più possibile, per accelerare l’apprendimento di questa lingua che mi affascina moltissimo.

Il desiderio di studiarla a fondo è nato ai tempi dell’università, allora, ammiravo alcuni dei miei insegnanti che conoscevano piuttosto bene il tedesco (nello studio della musicologia, conoscere il tedesco è importante, considerato il numero elevato di compositori di lingua tedesca, così come per gli stranieri è utile conoscere l’italiano, specie per gli amanti e gli studiosi dell’opera lirica), quindi, ho inseguito questo sogno, lasciandolo lì, ad aspettare tempi migliori che, finalmente, sono arrivati.

Tra gli articoli che ho letto, ne ho trovato uno che riguarda un progetto molto interessante realizzato dalla Literaturhaus Frankfurt (Istituto culturale di Francoforte) che ha proposto a 6 scrittori una sfida: scrivere dei testi semplici e comprensibili, per favorire la lettura a chi ha difficoltà di comprensione della lingua tedesca, pare, infatti, che in Germania siano davvero in tanti ad avere problemi sia di lettura che di scrittura.

I 6 autori che hanno aderito al progetto si sono dati 11 regole da seguire per la stesura dei testi: dovranno fare riferimento a eventi, luoghi, persone o oggetti della storia di Francoforte; possono anche essere inventati; letti ad alta voce non devono durare più di 20 minuti; parole e frasi usate devono essere semplici; se si usano figure retoriche, queste dovranno essere spiegate; i salti temporali vanno evitati; il racconto avverrà da un unico punto di vista; la struttura del testo sarà suddivisa in modo chiaro; si dovranno usare pochi sostantivi e molti verbi.

Affascinato dal progetto ha aderito anche lo scrittore tedesco-islandese, Kristof Magnusson che è stato intervistato e ha spiegato alcune delle sue personali scelte riguardo al suo breve racconto: “Die billige Wohnung” (L’appartamento a buon mercato).

Kristof ha scelto come argomento un fatto di cronaca: l’omicidio di una prostituta di Francoforte, Rosemarie Nitribitt, avvenuto nel 1957.
La particolare scelta è dovuta al fatto che la storia era nota a tutti; inoltre, tematiche come sesso e violenza sono facilmente comprensibili per chiunque.

Magnusson ha fatto una scelta anche riguardo alle parole straniere: farne un uso ridotto e dove sono proprio necessarie far sì che vengano chiarite dallo stesso io-narrante, evitando spiegazioni didascaliche.
La storia è narrata in prima persona da una giovane donna che si esprime con frasi semplici, per la maggior parte costituite da un’unica affermazione.

Nel complesso trovo il progetto molto interessante e sarei curiosa di vederlo attuato anche in Italia.
Sarebbe molto utile, considerata la presenza massiccia di stranieri nel nostro paese e l’alfabetizzazione in preoccupante diminuzione.
Potrebbe essere una valida iniziativa per aiutare chi vuole leggere e incontra difficoltà di comprensione, magari, potrebbe anche invogliare chi, invece, semplicemente, legge poco.

Indagare? Un’opera di fede. Singolari figure di detective

Saturno cappello prete

Che cosa ne pensate della figura del sacerdote-investigatore?

A giudicare dalle serie che circolano in televisione, direi che questa singolare figura di detective riscuota un notevole successo sia nei libri che in TV.

Penso alla serie dei gialli con protagonista Padre Brown (tratta dai libri dello scrittore inglese Gilbert Keith Chesterton), al più recente Don Matteo o ancora,  alla serie inglese Grantchester (tratta dal ciclo di romanzi “The Grantchester Mysteries” di James Runcie) che ha come protagonista un sacerdote anglicano, Sidney Chambers; senza dimenticare poi, altri soggetti le cui storie sono ambientate in periodi storici più remoti.

In effetti, la figura di un sacerdote alle prese con delle indagini poliziesche è un ottimo accostamento: chi può conoscere meglio l’animo umano di un prete abituato ad armeggiare con il materiale umano e allenato a scrutare oltre l’apparenza per arrivare a sondare i lati più oscuri dell’animo umano?

Alla fine, queste storie che hanno come protagonisti investigatori con la tonaca vedono la netta distinzione tra giustizia terrena e giustizia divina.
A un certo punto, le due strade, quella della polizia e quella “ecclesiastica” che indagano si dividono. Entrambi i rappresentanti delle due istituzioni fanno il proprio lavoro: chi vuole assicurare alla legge il criminale e chi vuole redimerlo, ma il viaggio fino al punto dello svelamento è davvero interessante.

Di solito, assistiamo a divertenti scaramucce tra il sacerdote e il rappresentante ufficiale della giustizia, fino a una resa più o meno evidente, di fronte alla soluzione del caso che, ovviamente, viene brillantemente risolta dal detective dilettante (che proprio dilettante non è).
Queste baruffe servono a rendere più interessante la storia, allentano la tensione e offrono spesso spunti comici, donando vivacità alle storie e facendo da riempitivo nei momenti in cui l’indagine langue.

Inoltre, una buona parte di questi sacerdoti, oltre a una notevole intelligenza e astuzia, sono dei tremendi ficcanaso, la loro curiosità li rende ancora più simpatici e quando prendono (in buona fede, per carità) per i fondelli il rappresentante della legge di turno, non possiamo far altro che stare dalla loro parte e sorridere di quanto accade.

In ogni caso, questi preti-investigatori, impiccioni e arguti, agiscono sempre a fin di bene, in fondo, fanno solo la volontà di Dio…

Angela De Pace Musicista: dal canto all’insegnamento e di nuovo al canto

musica e strumenti

Gli scrittori sono un po’ come gli investigatori: attenti ai dettagli e a ciò che succede attorno a loro. In un certo modo, chi scrive si intrufola nella vita degli altri e molti scrittori ammettono di attingere dal quel generoso magazzino per creare personaggi e costruire storie.

Ho deciso, quindi, di inaugurare una nuova rubrica in cui si evidenziano i pensieri e le riflessioni di chi opera nel campo della cultura in generale, e della scrittura in particolare, iniziando dallo stretto ambito di amici e conoscenti, senza preclusioni nei confronti di altri personaggi con i quali verrò in qualche modo in contatto. Del resto, molte persone che si incontrano casualmente ogni giorno possono essere potenziali personaggi per un nuovo libro, dal momento che le peculiarità individuali possono meglio risaltare in uno scambio fecondo di idee ed esperienze, come accaduto con Angela De Pace, musicista che conosco da molti anni e che incontro in un’aula dell’ Associazione “Artemusica” in Falconara M.ma (An), mentre sta eseguendo al pianoforte“Fly Me To The Moon”. Nella rievocazione della voce melodiosa di Ella Fitzgerald, penso che non può esserci modo migliore per iniziare un’intervista il cui tema centrale è la musica, il filo conduttore delle sue esperienze di vita. Diplomata al Conservatorio, dopo aver fatto concerti, audizioni e master di canto lirico, Angela si dedica da diversi anni all’insegnamento presso l’Associazione “Artemusica” di cui è anche Presidente.

Qual è secondo te il ruolo della musica nella cultura, oggi?
È una domanda complessa: io lavoro sia con i bambini sia con i ragazzi e mi trovo in difficoltà a rispondere a questa domanda. Per me, la musica è un elemento fondamentale nella vita dei ragazzi e adolescenti: abitua a stare con la gente, accresce la fiducia nelle proprie possibilità, rasserena gli animi. Qualunque progetto di studio o di scelta lavorativa faccia, un ragazzo trova nella musica occasione per esprimersi senza limitazioni, anche di tipo psico-fisico, come avviene con i ragazzi portatori di handicap che frequentano la nostra scuola.

Qual è stato il percorso per costituire l’Associazione?
Quando è nata, io non ne facevo ancora parte. È stata un’idea di giovani diplomati e laureati al Conservatorio “Rossini” di Pesaro e al Conservatorio di Pescara, per fare musica ed insegnare musica a Falconara, trovando nell’Amministrazione comunale del tempo un sostegno logistico ed economico. I corsi si tenevano all’epoca nei locali del vecchio Municipio, per essere trasferiti, poi, nei locali di un edificio appositamente costruito, tramite gara di appalto. Nel 1992, constatando la positiva risposta dei cittadini ai servizi offerti dalla scuola, fu deciso di costituire l’Associazione “Artemusica” che ha potuto sottoscrivere Convenzioni con il Conservatorio di Pesaro, per preparare professionalmente i ragazzi che frequentano i corsi dell’Istituto musicale “Federico Marini”, nuova denominazione assunta dalla Scuola. Nel 2016, poi, abbiamo aderito a Marche Music College, una rete formativa diffusa che offre ai propri allievi l’opportunità di accedere, ovunque risiedano, alle attività didattiche e ai corsi di formazione attivati. Per ultimo, si sono svolte audizioni per formare un’orchestra, con aspiranti venuti da tutto il mondo.

Quali sono le più recenti attività dell’Associazione “Artemusica”?
Tra gli ultimi lavori intrapresi, mi piace ricordare i “master jazz”, con ospiti di fama mondiale, che hanno avuto un’entusiastica risposta, soprattutto da parte dei giovani.
Inoltre, il nostro Coro di voci bianche ha partecipato anche quest’anno all’ultima stagione lirica al Teatro delle Muse di Ancona, nell’opera “Tosca”. Fra poco inizieranno i preparativi per l’indizione del concorso “Premio Federico Marini” che quest’anno è stato posticipato a novembre per motivi organizzativi e al quale possono partecipare candidati di varie fasce di età: bambini dai 5 anni, ragazzi e adulti fino a 30 anni.

Raccontaci qualcosa della tua esperienza con i bambini e il coro delle voci bianche.
È sempre interessante lavorare con i bambini e quest’anno, per la prima volta, ho introdotto nelle mie lezioni l’esperienza dell’ascolto. Prima di iniziare la vera e propria lezione di coro, faccio ascoltare per circa mezz’ora della musica, da quella del ’400 fino ai giorni nostri, inserisco un brano che non conoscono, stanno in silenzio e ascoltano, poi fanno domande e mi rivelano le loro preferenze. Ottenere la piena attenzione degli allievi è un risultato di tutto riguardo, oltre alla soddisfazione di vederli ascoltare coscientemente la musica.

Progetti futuri?
Ne abbiamo tantissimi. Quello più importante, almeno per me, è di realizzare un coro professionale di voci bianche., ma anche riuscire a far diventare la scuola un vero e proprio punto di riferimento per futuri jazzisti di talento e per giovani musicisti, costituisce un ambito traguardo. Per dare maggior peso e prestigio alla struttura, abbiamo recentemente cambiato lo Statuto denominandola Istituto musicale “Federico Marini” – Associazione musicale “Artemusica”.

Il sogno personale di Angela?
Dar vita ad un coro formato sia da voci bianche sia da ragazzi, in grado di cantare di tutto, dal repertorio sinfonico a quello sacro e a quello moderno, i cui componenti, prima che cantanti, siano dei musicisti. A tal fine, sto scrivendo un trattato di canto, il cui titolo “…è alta…”, tratta dall’interazione pronunciata dagli allievi nel momento in cui si fermano improvvisamente durante l’esercizio di un vocalizzo per le difficoltà di una che deve essere cantata “alta”. A forza di sentire questa frase, ho pensato che possa diventare il “simbolo” delle difficoltà che incontrano i cantanti alle prese con tessiture difficili e dell’impegno che devono profondere per migliorare e diventare dei professionisti.

Invece, Angela cantante?
(sorridendo) Angela, più che cantante si sente musicista, senza voler togliere nulla ai cantanti. Ai miei allievi dico sempre che il canto è uno strumento musicale pieno di mistero, che per essere messo a punto richiede tanto sacrificio. Studiare canto è davvero faticosissimo. La voce è lo strumento invisibile che sta dentro di noi, per questo è difficile lavorarci e lo è ancor di più quando non è il tuo. Le difficoltà dei musicisti nell’esprimersi, sono le stesse, ma enfatizzate perché nella voce c‘è la componente emotiva che vi traspare in maniera ancora più individuale.

Angela sorride di nuovo, quando suggerisco che il cantante è anche un po’ psicologo, e aggiunge: Me lo dicono in molti!

Credo sia come scavare per portare la voce all’esterno, ribatto, e Lei conferma: Scavare è un’operazione anche nella tecnica vocale. Ribadisco continuamente con i miei allievi: scaviamo, scaviamo, scaviamo, e a forza di scavare, oltre ai problemi tecnici, vocali, emergono anche quelli caratteriali. Il canto diventa, a volte, anche un modo per curare le difficoltà e le problematiche di ordine psicologico.

Per chi volesse conoscere le attività e gli eventi organizzati dall’Associazione “Artemusica”: www.facebook.com/groups

Libreria Libri e Libri: chiude (anche) la libreria della mia città

Libreria Libri E Libri Falconara

Libreria Libri e Libri, via Flaminia 508 – Falconara Marittima (Ancona)

In questi tempi bisognerebbe istituire una fascia a lutto speciale per ogni libreria che chiude, perché ognuno di questi luoghi “sacri” che è costretto a serrare le porte è indice di una morte, la morte di uno spicchio di cultura.

Se poi a chiudere è la libreria della tua città, se la diligente commessa in quella libreria era diventata tua amica, dopo prolungate e piacevoli soste a cercare nuovi libri da leggere, allora la tragedia è doppia.

I libri sono oggetti personali e chi ti consiglia, giorno dopo giorno, finisce per diventare un’amica, una confidente preziosa, perché deve conoscerti molto bene, altrimenti come potrebbe consigliarti letture che ti faranno sognare o che ti manterranno saldamente con i piedi a terra?

Sembra non si possa fare nulla per queste piccole morti e anche io, purtroppo, non ho soluzioni.
Vorrei solo far riflettere su quanto sta accadendo attorno a noi.

Ci sono segnali netti di uno sfaldamento, di un problema grave di fondo, se a ogni crisi a pagare le spese in prima fila c’è sempre la cultura, come se fosse una cosa superflua, inutile, mentre la cultura è alla base di tutto e quando agonizza e muore sono la nostra identità, la nostra consapevolezza, le nostre possibili realizzazioni future che muoiono con lei.

Un concerto jazz: coinvolgenti narrazioni fatte di note

Manifesto concerti jazz 2017

Ripenso con piacere al concerto jazz di ieri sera, a Falconara presso la scuola Artemusica; ripercorro con la mente le sensazioni che ho provato mentre ascoltavo le melodie dipanarsi.
A tratti il ritmo cullante riportava al lento e inarrestabile movimento delle onde, in altri momenti il ritmo dato da figurazioni puntate creava un’energia scattante, un’elettricità che era impossibile ignorare, quasi una sensazione fisica che si diffondeva seducente dai musicisti al pubblico presente.

Vorrei essere capace di creare un tessuto di parole che possa anche solo lontanamente richiamare l’intreccio sapiente di pianoforte, contrabbasso, batteria e voce del concerto jazz al quale ho partecipato.

Vorrei poter tradurre il basso ostinato del contrabbasso che in un brano ha dato il via alla composizione musicale, trascinando gli altri strumenti in un’elaborata costruzione, dove cascate di note del pianoforte erano sostenute da un ritmo serrato della batteria e la voce di Diana Torto (questo il nome della cantante) si stagliava regina su questo paesaggio sonoro e al tempo stesso si fondeva nella miscela, aggiungendo l’ultimo prezioso elemento per una perfetta narrazione.

Molti degli interventi di Diana Torto erano privi di parole, monosillabi ripetuti e variati a richiamare le sonorità di strumenti jazz; con questo “gioco” la cantante riusciva a creare la meraviglia ineccepibile di un improbabile strumento fatto di corde vocali e anima.

Perché le narrazioni non sono fatte solo di parole, ma anche di tutto quello che si riesce a percepire tra le righe, è quella vibrazione che afferriamo con i sensi e portiamo dentro di noi.
Questa vibrazione a volte è più forte, altre, delicata, ma credo che possa essere compresa a fondo solo con l’anima, un’anima attenta che trasforma sensazioni e intuizioni in pensieri concreti.

Schreiben: ein komplizierter Beruf

Schreiben

(Übersetzung von Daniela Carbini)

Schreiben ist ein komplizierter Beruf.

Man muss so viele Daten wie möglich aus der Umgebung und jeden Gedanken für die Zukunft aufbewahren.
Die Informationen über Natur und Menschen sind unschätzbare Werte, sie sind ein fruchtbarer Boden, aus den wir Geschichten ableiten können, aber es gibt auch die andere Seite der Münze: in diesem weiten Bereich, müssen wir die richtige Wahl treffen.

Neben der Fähigkeit zu beobachten, eine wesentliche Qualität für Schriftsteller, ist es auch notwendig zu filtern, was aus der Außenwelt kommt: Eine weitere Voraussetzung für gutes Schreiben.

Zuallererst wählen man alles was wir jeden Tag durch die Sinne wahrnehmen, dann baut man eine Geschichte, unter Berücksichtigung der Wenden und des allgemeinen Trends. Dann überprüfen wir, was wir zur Verfügung haben: Wir teilen und verfeinern die Sätze und wägt mit Akribie die Wörter ab, mit denen wir uns ausdrücken. Schließlich, bleiben nur die genauen Wörter, die mit Präzision unsere Botschaft dem Leser mitteilen können, auch die Nuancen, die jeden Satz, jedes Wort und sogar jedes Satzzeichen prägen.

Für einen Zeitraum habe ich Gesang gelernt und ich erinnere mich noch an eine Empfehlung meiner Lehrerin über die Lage der Klänge.
Sie sagte, wenn man einen höhen Ton erreicht, muss die Stimme zu einem imaginären Punkt gehen. Je besser wir den Klang an diesen imaginären Punkt richten, desto mehr ist der Klang in der richtigen Lage.
Die Stimme ist ein unscheinbares Wesen in Körper und gültige Bezugspunkte sind erforderlich, um sich zu orientieren. Diese Punkte sind nicht real, aber unser Gehirn verwendet sie, um die Töne zu kontrollieren und sie besser zu stellen.

Warum dieses Beispiel?
Weil ich heute an die unentbehrliche Sorgfalt für gutes Schreiben dachte und ich habe mich diesen unscheinbaren Punkt auf der Stirn als Ziel vorgestellt. Durch diesen Punkt, der als Filter dient, müssen Gedanken, Gefühle gehen um dann eine Geschichte zu werden.

Schreiben ist also der extreme Versuch, ein Kamel durch das Nadelöhr gehen zu lassen.

 

Saverio Santoni: quando la musica è una scelta di vita

organo chiesa

Gli scrittori sono un po’ come gli investigatori: attenti ai dettagli e a ciò che succede attorno a loro.
In un certo modo, chi scrive si intrufola nella vita degli altri e molti scrittori ammettono di aver attinto per creare i loro personaggi e costruire delle storie dal generoso magazzino della vita.
Perciò, ho deciso di inaugurare una serie di interviste, una nuova rubrica in questo calderone di notizie, pensieri e riflessioni che ruotano attorno alla scrittura e alla cultura in genere.
Al momento, ho deciso di investigare nel giro stretto dei miei amici e conoscenti, e mi riservo di includere in futuro altre persone interessanti con cui entrerò in contatto in qualche modo.
Il mio è un progetto ambizioso e non so se riuscirò nel mio intento; vorrei poter mostrare lo scopo più profondo di chi scrive: l’unicità di ogni essere umano e di ogni storia.
Del resto, molte persone che si incontrano casualmente ogni giorno possono essere potenziali personaggi per un nuovo libro.
Io ho voluto, a modo mio, dar voce a queste persone comuni, ma per me speciali, che affrontano come tutti noi, difficoltà e scelte impegnative ogni giorno.

Saverio Santoni è un organista e compositore di notevoli capacità.
Lo conosco da diversi anni e apprezzo, oltre alla sua bravura, la modestia che lo contraddistingue.
Anche lui fa parte di quel “sottobosco” di persone comuni, ma non troppo. Persone speciali che non sono famose solo perché non hanno ancora raggiunto la notorietà che meriterebbero.

Qual è stato “l’evento scatenante” che ti ha portato a dire a te stesso: voglio fare il musicista?
Premetto che sono sempre stato abituato alla musica avendo il pianoforte in casa (di mia madre), su cui da piccolo improvvisavo melodie per lunghe ore… Poi un giorno mi sono trovato in un’aula della Scuola Pergolesi di Jesi, la mia città, e ho visto una tastiera: quello strumento, simile al pianoforte ma decisamente più tecnologico (il display, i tasti dei comandi numerici, i controlli dell’equalizzazione…) mi aveva affascinato così tanto da decidere di prendere lezioni di musica.

Perché tra tanti strumenti musicali hai scelto proprio l’organo a canne?
La decisione venne gradualmente, mentre studiavo ancora tastiera, sentendo dei dischi e curiosando su qualche enciclopedia: inizialmente chiesi al mio parroco di farmi vedere l’organo che avevamo in chiesa, poi mi offrii per suonare alle messe della domenica, e infine decisi di iscrivermi al Conservatorio.
Credo di essermi avvicinato all’organo per il fatto che, come la tastiera elettronica, è una “macchina con tanti comandi”: padroneggiare questo strumento che ha tante tastiere, la pedaliera, registri con canne di ogni forma, lunghe da 20 metri (o più) a pochi millimetri, ti permette di creare sonorità stupefacenti, dalle più forti alle più misteriose e delicate.

C’è una corrente musicale, un periodo specifico, o qualche autore che prediligi?
Ci sono dei generi, a cui sono più abituato, che mi prendono più dal lato “emotivo” (la musica sinfonica, in particolare quella tra ‘800 e ‘900, l’opera, la musica da film). Altri invece mi incuriosiscono, come la musica contemporanea, la musica leggera di oggi… e più passa il tempo più mi stimolano ad ascoltare altri brani dello stesso stile.
Credo che la musica che ti arriva veramente sia quella che ti spinge a produrre, in qualche modo, della “tua” musica (che si tratti di cantarla sotto la doccia, suonarla, o comporla!). In ogni caso l’esperienza da musicista ti insegna, col tempo, a valorizzare qualunque musica cui tu vada incontro.

Quali sono a grandi linee le difficoltà che incontra un musicista sia tecniche, legate alla professione, sia pratiche, quando finito il percorso di studi entra nel complesso mondo della promozione e affermazione del proprio lavoro?
Secondo me sono due le difficoltà in particolare: una è riuscire a “farsi notare”, proponendoti a un numero crescente di persone (sacrificando del tempo per lo studio… ma anche per allacciare contatti, se necessario), l’altra è quella di saper adattare le tue capacità alle richieste che giungono… In ogni caso devi avere un’idea chiara di quali sono le tue potenzialità e quegli aspetti che, nella tua personalità musicale, ti distinguono dagli altri.

Che cosa ami di più della tua professione di musicista e compositore?
Il fatto che fare musica ti emoziona ogni volta, ma allo stesso tempo ti mette alla prova: se nella tua attività il divertimento e la curiosità si rinnovano, vuol dire che la strada è giusta.

Che cosa cambieresti del tuo percorso fin qui e cosa lasceresti invariato?
Col senno di poi avrei iniziato prima lo studio della composizione… ma in realtà lo stesso spirito di gioco che avevo una volta, nel comporre, ce l’ho ancora oggi!

Saverio suonerà a Falconara (AN) il 14 maggio 2017.
Per chi desiderasse intervenire: www.facebook.com/events

Scrittura: alcuni semplici ingredienti per rendere una storia più realistica

Ingredienti ricetta cucina

Linguaggio comune, spezzoni in semi-dialetto, scene e gesti quotidiani sono alcuni degli ingredienti che aiutano a rendere una storia più realistica e piacevole, oltre a fornire un sistema infallibile per far entrare il lettore nella storia e coinvolgerlo con più efficacia nel corso degli eventi.

Mentre rifletto su questi “espedienti”, penso a Maurizio de Giovanni e ai suoi gialli ambientati a Napoli negli anni ’30. Nelle sue storie l’umanità “la fa da padrone”, a cominciare dai personaggi e dalle loro vite semplici con risvolti a volte comici e a volte dolorosi.

Prendiamo ad esempio, il commissario Ricciardi che osserva dalla finestra (riguardo alle finestre e alla loro particolarità: finestre fonte insolita di ispirazione) la sua dirimpettaia di cui è innamorato, mentre la donna riordina la cucina o ricama: un appuntamento serale, la cui semplice e irrinunciabile regolarità è una garanzia nella vita tormentata dell’uomo.
Oppure il brigadiere Maione che vive in simbiosi con il suo superiore e che non manca di mostrare il suo lato umano attraverso battute colorite o gesti di delicatezza e rispetto rivolti alla sua famiglia e spesso, anche agli estranei.
O ancora, il medico legale, Bruno Modo e le sue scaramucce con il commissario o con il brigadiere condite di ironia e sarcasmo che fanno da contrappunto all’orrore e alla violenza, mitigando il clima in cui i tre uomini lavorano costantemente.

Mentre leggo e seguo con attenzione le storie e i loro interessanti intrecci, mi ritrovo a valutare molte altre cose che possono essere d’aiuto alla scrittura, ad esempio, elaborare una narrazione più aderente alla realtà, per far sentire il lettore sempre più coinvolto mentre scorre le pagine.

Non credo ci sia una ricetta valida per tutto e per tutti, penso invece sia indispensabile raccogliere briciole lungo la strada per raggiungere l’obiettivo, quello di scrivere bene, di essere chiari e interessanti al tempo stesso.
Queste briciole sono un po’ dovunque nelle letture che facciamo e occorre grande attenzione per trovare gli ingredienti giusti per una buona scrittura e per capire come assemblare il tutto nel modo più efficace.

Ognuno deve trovare la propria ricetta, ma studiare “i piatti cucinati dagli altri” quelli eccellenti, ma anche quelli mediocri aiuta: per imparare, per crescere, per sviluppare il proprio talento. Quindi, leggete e soprattutto, meditate su quello che leggete…

Giuliana Ascani: la giornata di un… consulente finanziario

Consulente finanziario alla scrivania

Gli scrittori sono un po’ come gli investigatori: attenti ai dettagli e a ciò che succede attorno a loro.
In un certo modo, chi scrive si intrufola nella vita degli altri e molti scrittori ammettono di aver attinto per creare i loro personaggi e costruire delle storie dal generoso magazzino della vita.
Perciò, ho deciso di inaugurare una serie di interviste, una nuova rubrica in questo calderone di notizie, pensieri e riflessioni che ruotano attorno alla scrittura e alla cultura in genere.
Al momento, ho deciso di investigare nel giro stretto dei miei amici e conoscenti, e mi riservo di includere in futuro altre persone interessanti con cui entrerò in contatto in qualche modo.
Il mio è un progetto ambizioso e non so se riuscirò nel mio intento; vorrei poter mostrare lo scopo più profondo di chi scrive: l’unicità di ogni essere umano e di ogni storia.
Del resto, molte persone che si incontrano casualmente ogni giorno possono essere potenziali personaggi per un nuovo libro.
Io ho voluto, a modo mio, dar voce a queste persone comuni, ma per me speciali, che affrontano come tutti noi, difficoltà e scelte impegnative ogni giorno.

Giuliana Ascani è consulente finanziario da più di venti anni.
Una professione impegnativa e piena di responsabilità, ma anche molto gratificante.
La prima domanda che mi è venuta in mente, pensando al suo lavoro, è stata: come si svolge la tua giornata?

La mia giornata inizia con il consultare la posta aziendale per essere sempre informata su novità, appuntamenti e impegni vari.
Intorno alle nove mi reco in ufficio, qui incontro la mia segretaria, insieme programmiamo le cose da fare per la giornata e le visite che farò nel pomeriggio.
Normalmente prendo appuntamento con tre, quattro persone al giorno e prima di incontrarle, studio con cura l’andamento del loro portafoglio e controllo se i loro obiettivi sono in divenire.
Prendo contatti quotidianamente per gli incontri futuri, controllo le urgenze e predispongo la pianificazione del mese; la mia segretaria appronta i contratti cartacei e telematici in base alle proposte che io ho già preparato e, successivamente, incontro i clienti presso la loro azienda o in famiglia oppure nel mio studio.

Che cosa ti piace di più del tuo lavoro?
Il mio lavoro si basa sulla formazione personale e sull’educazione finanziaria del cliente: mi assicuro che i miei clienti comprendano con chiarezza quello che si fa insieme per la crescita del patrimonio.
Mi piace molto incontrare persone nuove, oltre ai clienti che seguo già da tempo, informarmi sui loro progetti, conoscere bene cosa fanno e quali sono le loro esigenze per poi, individuare insieme gli strumenti finanziari per realizzarle.
Anche la preparazione professionale che la mia struttura mi fornisce è per me un momento molto gratificante.
A Milano, abbiamo un vero campus, dove i migliori docenti universitari ci formano su argomenti che riguardano la nostra professione.
L’ultimo corso al quale ho partecipato è stato di Public Speaking tenuto da un attore teatrale che ci ha insegnato a relazionarci con il pubblico.
Come avrete capito, il mio lavoro è fatto di relazioni, la cosa più bella è conoscere le persone e aiutarle a realizzare i propri sogni e progetti.