E no, non tutto il concime puzza.
Il vostro giardino della creatività ha bisogno di buoni semi, un buon terreno e un altrettanto buon concime, perciò attenti a quello che leggete, guardate, ascoltate. Film, fumetti e libri di buon livello sono frutto di altrettanto buon materiale consumato, ed è molto più facile scendere che salire.
Quindi, se dovete sognare, sognate in grande:
imbevetevi di storie enormi, anche se all’apparenza possono sembrare piccole, perché magari imperniate sulla quotidianità e il mondo interiore di ognuno. Se avete la sensazione di venire trasportati lontano, bene.
È un ottimo punto di partenza, perché in quel particolare stato di suggestione il vostro cervello registrerà a livello profondo emozioni e immagini (letterarie o meno) che le hanno generate: ve le ritroverete in punta di penna, o sulla tastiera, ancora prima di aver realizzato di possederle.
Cercate di dirigere la vostra voglia di narrare verso quelle stesse cose che vi piace leggere o vedere, perché ci sarà da fare un sacco di fatica per dare forma a tutto quanto e avrete bisogno di tutto l’entusiasmo del mondo. Non ci sono propellenti adeguati quando cerchiamo di far correre il nostro motore delle storie sul circuito di che-noia-sta-roba…
Siate curiosi, imparate ad ascoltare prima di porre domande.
Chi ha troppa fretta spesso è innamorato solo della propria voce. S. King dice che le storie sono come lo scheletro di un dinosauro, e che l’archeologo potrà scoprire di che specie si tratta solo dopo averlo fatto affiorare dal terreno. Io non ne sono mai stata capace, perché ho bisogno di un impianto narrativo già delineato quando parto a scrivere una storia, ma mi sono accorta che ascoltando sul serio qualche piccolo dinosauro sono riuscita a intravederlo anch’io. Le persone non parlano solo con la voce, ma anche con l’atteggiamento del corpo, con quello che indossano e i luoghi che frequentano.
Non sottovalutate i manuali tecnici:
con questo non voglio dire che dovete essere esperti di tutto, ma che tutto può rivelarsi straordinariamente utile. Ricordo che non molto tempo fa ho dovuto trascorrere un paio d’ore in un simil-sgabuzzino, spacciato per sala d’attesa, all’interno di un’officina che installa impianti a gas e, poiché non ero parte in causa ma solo un’accompagnatrice, dopo pochi minuti mi sono resa conto che non avevo nulla da leggere. Mi ha salvata un polveroso manuale gettato in un angolo: risaliva agli anni ottanta e spiegava tutto, ma proprio tutto, sugli apparecchi utilizzati dai radioamatori, i cosiddetti baracchini.
In condizioni normali non avrei mai letto una cosa del genere (e non conosco molte altre persone che l’avrebbero fatto) eppure mi ha messo in moto qualcosa, un germe d’idea tra la fantascienza steam-punk e il post-apocalittico…
Parliamo di plagio? Parliamone.
Il plagio è quello sgradevole inconveniente in cui si cade quando si copia. Allora, anche se ormai è un dato di fatto che le botte di originalità siano sempre più rare, copiare non paga. Ispirarsi sì. Rubare un’atmosfera che ci ha affascinato è più che legittimo, specie se siamo così fighi da ammettere che volevamo proprio ottenere quell’effetto. In realtà, tutti copiano, perché tutte le situazioni, escamotage, prologhi ed epiloghi sono già stati utilizzati. Chiaro, se fate scrittura sperimentale destrutturata questo ragionamento non vale, ma qui perlopiù stiamo parlando di narrativa di genere. Quello che importa è che le soluzioni (quindi gli sviluppi) della storia siano cercati onestamente, rifiutando l’abusato o l’inganno verso il lettore. Ma di questo parleremo più avanti.
Continua…